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 2023  gennaio 13 Venerdì calendario

La versione di Ultimo

In occasione del trentesimo anniversario della cattura di Salvatore Riina – a Palermo, ore 9 del mattino del 15 gennaio 1993, dopo 23 anni di latitanza – esce in edizione aggiornata l’avventurosa storia di Sergio De Caprio, conosciuto come il Capitano Ultimo.
Titolare di clamorose investigazioni, Ultimo si è occupato di reati di mafia, narcotraffico, corruzione. Con Ilda Boccassini a Milano nel biennio 1988-’90 ha svelato gli intrecci tra mafia siciliana e politica lombarda nell’inchiesta Duomo Connection. Dopo Riina ha indagato su Bernardo Provenzano che ordinò alla Cupola di catturarlo vivo o morto. Poi ancora si è occupato di Finmeccanica e dei suoi fondi neri. Dello Ior, la banca vaticana. Della Lega, i diamanti acquistati in Tanzania e i 49 milioni di euro spariti nel nulla. Delle bugie di Massimo Ciancimino, teste chiave della Trattativa, arrestato per detenzione di esplosivo, truffa, calunnia, riciclaggio. Infine della Cooperativa Cpl Concordia, titolare la pm Lucia Musti di Modena, nel corso della quale viene registrata la famosa telefonata (rivelata da Il Fatto) in cui Matteo Renzi confida al generale Michele Adinolfi che “Letta è un incapace” e si prepara a sfrattarlo da Palazzo Chigi. Da quel momento i vertici dell’Arma stringono l’assedio a Ultimo. Smantellano la sua squadra di investigatori. Gli tolgono le inchieste. Lo trasferiscono alla Forestale. Lo querelano per insubordinazione. Renzi lo accusa di “complottare ai suoi danni”, indicandolo come titolare occulto della nuova inchiesta su Consip, coinvolti il vertice della Concessionaria, l’imprenditore Alfredo Romeo, il padre di Matteo, Tiziano Renzi.
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(Due frammenti da “Hanno fermato il capitano Ultimo”, Chiarelettere, 2023)
Matteo Renzi. Il caso Consip è passato. Renzi che aveva accusato Ultimo “di intrufolarsi” nelle indagini per nuocere a lui e alla sua famiglia, attraverso il capitano Scafarto, è stato smentito. Era vero il contrario: è stato Renzi, con le sue accuse in pubblico ad avere compromesso Ultimo e i suoi uomini che nel frattempo erano entrati nella sezione controspionaggio dei Servizi segreti. Un attacco diretto. Sostenuto da una campagna di stampa piena di notizie false, imprecise, distorte. Ma ottime per screditare la sua storia, le sue ultime indagini sulla cooperativa Cpl Concordia, e infine isolarlo, come si fa in tante trame della storia italiana con i personaggi scomodi. Spesso i più ostinati.
Fino a quel magnifico colpo di scena all’Autogrill di Fiano Romano, 23 dicembre 2020, quando proprio Matteo Renzi viene filmato da un’automobilista mentre si incontra con Marco Mancini, dirigente dei Servizi segreti, mani in tasche tutti e due, chiacchiere fitte. Un incontro, documentato da Report di Rai3, che l’ex premier Renzi proverà a smontare in una bagatella natalizia: “Il dottor Mancini voleva farmi gli auguri di Natale e portami una scatola di Babbi”, che poi sarebbero dei wafer ricoperti di cioccolato, innocente specialità dolciaria romagnola. Tutti andati di traverso, immaginiamo. Visto che a causa di quell’incontro Mancini è stato licenziato dai Servizi a dimostrazione della gravità del suo comportamento. Mentre Renzi, che pure ha provato a travestirsi da vittima di oscure manovre, è finito dentro la risata dell’opinione pubblica a suo ennesimo discredito, e di quella privatissima di Ultimo. “Neanche Totò mi ha fatto mai ridere così. Povero Renzi. Accusava me e i miei uomini di complottare contro di lui. Anzi di intrufolarci in qualità di agenti segreti. Senti che bella parola: intrufolarci. E poi si fa scoprire mentre si intrufola con un agente segreto, in un Autogrill, pensando di passare inosservato”.
Per non dire la velocità con cui si sono eclissati quei politici come Luigi Zanda, Roberta Pinotti, Paolo Gentiloni, Michele Anzaldi che ai tempi del caso Consip strillarono l’allarme golpe ai danni di Renzi, maneggiando accuse senza fondamento. Spariti tutti, con le loro bugie nel sacco, scegliendo il silenzio al secondo giro di giostra, quello dei “Babbi all’Autogrill”, che è una sequenza da cinepanettone in purezza.
Lucia Musti. Sparita dalle cronache anche lei, che nel frattempo ha fatto la sua meritata carriera, diventando procuratore capo (…). Mai più un fiato, dopo quel clamoroso fraintendimento sulle frasi di Ultimo e del capitano Scafarto, sul loro “comportamento da carabinieri esagitati”, che aveva descritto e riferito al Csm in quella famosa riunione, incalzata dal consigliere Giuseppe Fanfani, come fossero la prova di un attacco “a Renzi e alla sua famiglia”. Salvo smentire tutto, “sono stata fraintesa”, ma solo quando l’incendio delle accuse contro Ultimo e Scafarto era già stato acceso su televisioni e giornali. (…)
A distanza di tempo Ultimo applaude. “È una storia bellissima sulla giustizia italiana, da raccontare a figli e nipoti”. Dice: “Confermo il mio giudizio di tre anni fa: la dottoressa Musti è una bravissima persone. Forse ha un problema di doppia personalità, visto che per mesi, ai tempi dell’indagine, mi telefonava tutti i giorni, mi chiedeva aiuto, mi diceva che in Procura non si fidava di nessuno, nemmeno della polizia giudiziaria, né dei carabinieri di Modena. Diceva che era sola contro lo strapotere della Cpl Concordia che controllava tutto e tutti. Voleva che mettessimo ambientali e telecamere ovunque. Mi chiamava tutti i giorni. Diceva che si fidava solo di me, dei miei uomini del Noe, Scafarto compreso. In quei mesi l’abbiamo aiutata sempre. Una volta le abbiamo dato una mano anche per una sua faccenda familiare. Perché in fondo era l’autorità giudiziaria, ma era anche una donna spaesata e la sua fragilità ci ispirava tenerezza. Poi ha deciso di fare quel voltafaccia al Csm. Di tradire la nostra fiducia. Le avevamo dato una mano, ce l’ha morsa. Infine deve essersi resa conto in cosa l’avevano coinvolta e si è pentita. Ha fatto retromarcia. Bene per lei. Bene per la verità dei fatti. Peccato che a Scafarto, con moglie e tre figli, lo abbiano sospeso dallo stipendio per un anno intero: perseguitato anche se era e resta un bravissimo carabiniere. E peccato per quella ventina di carabinieri che con me sono stati spazzati via”.