il Fatto Quotidiano, 13 gennaio 2023
Il Tav del Sud
Discese ardite e che risalite! Cambio di passo, di gamba, di scena. Traiettorie fantastiche nell’altissima velocità ferroviaria che deve connettere Salerno con Reggio Calabria sotto la soglia delle 4 ore. Gallerie lunghe quanto tre tunnel della Manica, binari costosi quanto quattro Tav Torino-Lione. Per fare tutto e bene e presto, anzi prestissimo, il tragitto si allunga di 58 chilometri, producendo così una striscia di 434 chilometri. Progettati per puntare a sud di Salerno, i binari per una bella tratta si allargano ad est come per prendere la rincorsa, fregandosene della geografia. Superata la prima facile vallata, quella del fiume Sele, il super frecciarossa inizierà a correre in galleria. La meraviglia è che di buco in buco, di montagna in montagna, il treno, novello bruco, perforerà la pietra per 160 chilometri divenendo nei fatti il primo treno sotterraneo d’Italia e abbattendo così l’odiato orgoglio degli inglesi per il tunnel della Manica, sì marino ma di soli 50 chilometri! C’è questo e non solo nel progetto di fattibilità e nello studio dei costi e dei benefici che Rfi ha presentato in Parlamento il 7 aprile 2021 e che tutti, ma proprio tutti, hanno approvato. Applausi!
Entusiasti i progettisti, che sono le Ferrovie e che per fare presto, anzi prestissimo, fungono da destinatari dell’opera, appaltatori, progettisti e valutatori. Conflitto di interessi? No, zero carbonella perché è l’Europa che ci chiede di correre. Ben 22 miliardi preventivati, ma prima della guerra in Ucraina e dell’aumento vorticoso delle materie prime che farà salire i costi, secondo gli analisti più attenti, a 30 miliardi. “Costerà quanto quattro Tav e temo che possa sforare anche questo tetto. Un dissanguamento epocale, perché il tragitto prevede che il treno parta dal nulla e conquisti il nulla”, dice Marco Ponti, economista e anima di Bridges Research Trust, l’organizzazione che analizza gli sprechi nel sistema dei trasporti. “La nostra maledizione, il fuoco che ha bruciato le menti e prodotto un progetto che è tanto illogico quanto costoso, è stato il Pnrr. Soldi da spendere e tanti? Allora hanno fatto fuori il progetto di riqualificazione e risistemazione della tratta tirrenica, che sarebbe costato solo una manciata di miliardi, hanno fatto fuori il Cilento, e se ne sono andati per le terre dei parchi, per l’interno montuoso, per l’Appennino, traforando, abbattendo, sviluppando l’orizzonte di una nuova incredibile modalità di affrontare i trasporti: farli nel più lungo tempo possibile, lì dove non ci sono passeggeri, facendoli pagare il più caro possibile allo Stato”, accusa Egidio Marchetti, il capo del Comitato Contras, il gruppo di sindaci e di cittadini del Cilento e dell’Alto Tirreno calabrese imbufaliti per vedersi scippato l’investimento.
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Ricominciamo daccapo. A Rfi, la società che gestisce le ferrovie e deve dare risposte alla urgenza politica di connettere il Sud con il Nord, Reggio Calabria con Roma e l’Italia all’Europa attraverso il corridoio previsto dalle terre ventose dello Jutland danese fino al sole e ai profumi dei rigogliosi gelsomini palermitani, si valuta anzitutto il termine Alta velocità. Significa che bisogna almeno far andare il treno a 250 chilometri orari, questa è la classificazione Ue. Ma per chiudere il tragitto Salerno-Reggio in quattro ore, il grande frecciarossa deve bucare in molti tratti i 300 chilometri orari. Dev’essere la Ferrari del Sud!
“Sa cosa s’inventano: una linea nuova e tutta interna che trafigge la Piana del Sele e la sua riserva naturale, abbatte un centinaio tra case e opifici, s’infila nel ventre della Lucania, buca tutto il Parco del Pollino, accarezza Cosenza senza nemmeno toccarla e giunge, sgargiante ed esultante verso Praia a Mare. Tra Salerno e Praia a Mare previste due fermate: l’una ad Atena Lucana, paese di tremila anime, e l’altra a Montalto Uffugo, meraviglioso villaggio presilano. Sembra una barzelletta, vero?”, così Franco Maldonato, tra i primi lancieri cilentani, autore di un pamphlet di denuncia dal titolo non equivoco: L’imbroglio.
“Il Sud aveva bisogno di una rivisitazione della linea tirrenica e la costruzione di una decente linea jonica per dare al porto di Gioia Tauro una connessione anche con l’altro mare. L’Alta velocità fino a Reggio Calabria è tempo perso e sono soldi sprecati se il progetto non prevede di arrivare a Palermo”, spiega Pietro Spirito, economista dei trasporti e per lungo tempo dirigente nel vasto gruppo Fs.
Intanto che si metta piede a Palermo, e il ponte di Messina si realizzi, il Pnrr preme sul futuro prossimo. Ci sono 4,2 miliardi da spendere subito. Sono quelli del Pnrr e bisogna far presto, anzi prestissimo. “La gatta frettolosa fa i figli ciechi”, accusa sorridendo amaro il sindaco di Vallo della Lucania, centro nevralgico del Cilento, Antonio Sansone. “Investire all’interno significa nei fatti declassare la linea veloce che già oggi serve, e bene, la nostra costa. Ricordiamo che il Cilento ospita tre milioni di turisti, l’economia si regge su questi numeri che ogni anno si vanno confermando sempre più verso l’alto. Puntare a doppiare il Cilento, e nei fatti a svuotarlo di energie, non è un affronto alla nostra terra ma alla logica, alla ragione, al territorio e all’economia nazionale”.
Sono pronti 2 miliardi e 600 milioni e in estate saranno già compromessi (nel senso che i contratti di appalto saranno conclusi) per realizzare la tratta Battipaglia-Romagnano al Monte. “Circa cento tra case e opifici da abbattere, contestazioni e liti – giustissime – che sono già promosse davanti al Tar. Il taglio in due della Riserva naturale del Sele. Una mole enorme di costi e di danni all’ambiente quando da noi c’erano 20 ettari, già opzionati da Rfi, per fare l’unica area di scalo ad Agropoli e il costo dell’intera tratta tirrenica non avrebbe raggiunto gli otto miliardi, contro i 22 ora preventivati”, stima Ettore Liguori, sindaco di Pisciotta, magnifico borgo che domina il mare del golfo che dà alle spiagge di Camerota e Palinuro. In effetti, Graziano Delrio, da ministro delle Infrastrutture, aveva fatto progettare un rafforzamento low cost della linea: 5 miliardi e via.
“La nuova tratta adriatica prevede proprio la valorizzazione del sistema esistente. Mica si bypassa la costa romagnola?”, spiega Liguori. “Con 2 miliardi e 600 milioni la distanza Bari-Bologna sarà coperta in cinque ore anziché le sei attuali”, è stato il commento di Stefano Bonaccini, il presidente dell’Emilia, all’annuncio di questo investimento da parte di Enrico Giovannini, delegato alle Infrastrutture al tempo di Draghi. Invece al Sud nella scelta tra mare e montagna ha vinto la montagna perché, scrive Rfi, la linea interna è l’unica in grado di fare andare il treno a 300 all’ora e l’Europa – come detto – vincola la definizione di Alta velocità ai 250 chilometri orari. L’attuale frecciarossa che attraversa il Cilento non può andare oltre i 160. “Ma con gli investimenti appropriati la velocità sarebbe sicuramente aumentata e il tempo di percorrenza sarebbe lievitato di mezz’ora al massimo sul tragitto totale. Ma gli enormi benefici di questa scelta non sono stati presi in considerazione”, spiega Marchetti, il presidente del comitato di lotta.
“L’Alta velocità funziona solo se è per passeggeri. Le merci non hanno convenienza a utilizzarla perché il costo a chilometro lievita di sette volte (2 euro per le tratte normali, 14 per quelle ad alta velocità). Invece si è testardamente deciso di costruire l’incredibile monumento allo spreco ripetendo anche al Sud l’errore che è stato fatto nelle tratte del Nord. Solo una volta e solo un Etr500 ha trasportato merci sul tratto Roma-Milano. Poi stop. Progettare una linea per passeggeri e merci significa far lievitare i costi di realizzazione in modo indiscriminato con un sadismo finanziario senza confronti”, dice il professor Spirito. Gli animi sono mesti, i rivoltosi non sono rassegnati, ma restano pessimisti.
Il sindaco di Vibonati, Manuel Borrelli: “Questo Pnrr sta facendo perdere il lume della ragione. C’è una corsa a spendere purchessia. Nessuno vuole sentire ragioni. Ancora non abbiamo trovato un partito, anzi un parlamentare, interessato almeno a capire. Tutti in fila indiana, a votare come dice il capo. Ce lo chiede l’Europa? E allora noi sprechiamo, anzi super sprechiamo!”.