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 2023  gennaio 13 Venerdì calendario

Intervista a Samantha Cristoforetti

«Ho un tarlo nella testa: l’Europa non è in grado da sola di mandare esseri umani nello spazio. Siamo ormai l’unico grande protagonista spaziale almondo che non ha questa capacità, né l’ambizione, al momento, di costruirla». Samantha Cristoforetti è appena tornata dalla sua seconda missione in orbita (il rientro sulla Terra è avvenuto il 14 ottobre, dopo quasi sei mesi a 400 chilometri di altezza), ma già pensa al contributo che potrà dare al futuro dell’esplorazione spaziale. E auspica un ruolo da protagonista “autonomo” per il Vecchio continente. «Se c’è una cosa che occupa molto i miei pensieri è proprio la mancanza di una presenza un po’ più significativa dell’Europa, in particolare dal punto di vista dell’autonomia, del poter accedere all’orbita bassa, quella dove vola la Stazione spaziale internazionale, senza appoggiarsi ad altri».
In effetti, lei nel 2014 ha volato a bordo di una Soyuz e questa volta su una navetta SpaceX Crew-4.
«Esatto. Abbiamo volato con i colleghi russi e con i colleghi americani. E sappiamo che i cinesi hanno ormai questa capacità.
Presto ci saranno anche gli indiani e chissà chi saranno i prossimi. Ecco, a me piacerebbe che anche in Europa avessimo un’ambizione spaziale che sia commisurata alle nostre capacità tecnologiche ed economiche. Anche in un’ottica di collocazione geopolitica nel mondo».
A proposito di geopolitica, lei era sulla Iss insieme colleghi americani e russi proprio mentre il conflitto in Ucraina sembrava investire anche le collaborazioni spaziali. Che atmosfera c’era tra voi, a 400 chilometri dalla Terra?
«Abbiamo lavorato benissimo insieme, e non perché fossimo a 400 km d’altezza. Se la collaborazione continua è perché continua sulla Terra. C’è la consapevolezza che anche in periodi di conflitto non si possono bruciare tutti i ponti, non serve a nessuno. Nella storia tutti i conflitti sono finiti, finirà anche questo. E dopo un conflitto si ricostruiscono le relazioni, ma è molto più facile ricostruirle se qualche ponte rimane in piedi».
Cosa ha riportato sulla Terra dopo questa seconda missione?
«Da un punto di vista personale è stata una soddisfazione poter fare una seconda missione: è il completamento della carriera di astronauta. Poi c’è stata la passeggiata spaziale, sogno rimasto irrealizzato nella missione precedente. Più in generale, ho potuto verificare di persona come, nei pochi anni tra le due missioni (il primo decollo è del 23 novembre 2014, ndr) sia cambiato tutto nell’esplorazione spaziale”.
Un esempio?
«L’episodio che sintetizza in modo plastico il cambiamento, c’è stato quando il nostro equipaggio è rimasto bloccato alla partenza in Florida per diversi giorni perché c’era una missione di “astronauti privati” a bordo della Stazione spaziale. Una cosa che qualche tempo fa sarebbe stata impensabile: noi eravamo lì ad aspettare che ci liberassero un posto di parcheggio in orbita».
E poi ci sono i nuovi veicoli americani che fanno la spola con la Iss.
«Esatto. È iniziata una nuova fasedel volo verso l’orbita bassa e l’esperienza è completamente diversa rispetto a sei o sette anni fa».
La Soyuz russa resta uno dei veicoli più affidabili. Ma si viaggia meglio nella capsula di SpaceX?
«Assolutamente: è quasi come prendere l’aeroplano. È un veicolo molto confortevole e vola da solo, con meno responsabilità da parte dell’equipaggio. A differenza delle Soyuz, Dragon anche in caso di avaria non richiede l’intervento degli astronauti, gestisce un po’ tutto il computer».
Proprio in queste ore c’è preoccupazione per una avaria alla Soyuz che avrebbe dovuto riportare a Terra due cosmonauti russi e un astronauta americano.
Cosa è successo? E come ne usciranno?
«Il problema è una perdita di liquido nel sistema di condizionamento termico. Se si mandassero indietro i tre astronauti, molto probabilmente arriverebbero a Terra sani e salvi, però sarebbe un ambiente un po’ pericoloso dal punto di vista delle temperature e dell’umidità. Un rischio che si preferisce non correre, a meno che non si renda necessaria per qualche motivo una evacuazione d’emergenza della Iss.
Il piano, comunque, è mandare una Soyuz di rimpiazzo senza equipaggio, che quindi attraccherà vuota, mentre quella danneggiata rientrerà, anch’essa vuota, sulla Terra».
Ci sarà una terza missione nello spazio per AstroSamantha?
«Ora nel Corpo astronauti europeo abbiamo nuove colleghe e colleghi: la priorità assoluta è dare loro l’opportunità di fare un’esperienza nello spazio il prima possibile. I cinque titolari ad aprile inizieranno l’addestramento e già alla fine del prossimo anno saranno pronti per le prime missioni. Se poi ci saranno nuove opportunità di volo per me e i colleghi della classe 2009 non mi tirerò certo indietro. Ma non lo do per scontato».
Diceva del tarlo che ha nella testa: l’assenza di una navetta europea. Ma esiste almeno un progetto sulla carta?
«No. E proprio per questo dobbiamo cominciare al più presto, per non restare troppo indietro».