la Repubblica, 13 gennaio 2023
La giornalista iraniana che torchia i detenuti per mandare in onda le confessioni estorte
Avvolta nel suo chador nero, Ameneh Sadat Zabihpour processa in tv i “nemici dell’Iran”: prigionieri politici, attivisti, donne colpevoli di aver contestato l’obbligo del velo, cittadini con doppia nazionalità, sindacalisti, minoranze religiose. A Teheran la chiamano “la giornalista degli interrogatori”, diverse testimonianze hanno confermato la sua presenza nelle carceri durante gli interrogatori dei prigionieri per estorcere confessioni forzate poi mandate in onda al telegiornale della sera. A novembre è stata sanzionata dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea per “gravi violazioni dei diritti umani in Iran” per aver “interrogato i critici del regime e prodotto video di confessioni forzate”.
La prima a denunciare il suo ruolo negli abusi in carcere fu nel 2020 Sepideh Gholian, un’attivista civile e sindacale iraniana che aveva partecipato alle proteste del 2019 scatenate dall’aumento del prezzo dei carburanti: «La signora Ameneh Sadat Zabihpour era presente nella stanza degli interrogatori con un testo preparato per noi, da leggere dopo che ero stata sottoposta a ore di torture fisiche e psicologiche per estorcermiuna confessione». Gholian ha anche citato in giudizio Sadat Zabihpour, ma ha finito per pagare con altri 8 mesi di cella per diffamazione.
Come di tutti gli alti funzionari dell’apparato di potere in Iran, della anchorwoman della Repubblica Islamica si sa poco. È nata nel 1984, a Teheran, e da almeno 10 anni è uno dei volti più potenti della tv di stato iraniana, la Irib, Islamic Republic of Iran Broadcasting, che è sotto il controllo del governo: il direttore viene nominato direttamente dalla Guida suprema Khamenei.
Pochi giorni fa, in una lettera fatta uscire dal carcere in cui sconta una condanna a cinque anni per aver agito “contro la sicurezza nazionale”, Sepideh Qolian, una delle più importanti attiviste iraniane, ha descritto come le confessioni vengono estorte ai prigionieri e ha denunciato le pressioni e il brutale trattamento subito da lei e da altri detenuti, come essere costretti a restare ore in una stanza chiusa ascoltando «le urla di altre persone torturate».
Nel 2019, Qolian era nella prigione di Qarchak e racconta di aver «riconosciuto la donna che mi aveva interrogato mentre guardavo in Tv le confessioni forzate di un altro detenuto».Quella persona era Ameneh Sadat Zabihpour. Della giornalista col velo nero ha parlato nelle sue memorie anche l’ex detenuta britannico iraniana Nazanin Zaghari-Ratcliffe, che ha trascorso più di quattro anni in carcere in Iran. Prima di essere rilasciata dopo una lunga trattativa tra Teheran e Londra, Nazanin è stata costretta a firmare una confessione last minute all’aeroporto: c’era anche Sadat Zabihpour.
L’inviato speciale degli Stati Unit per l’Iran, Robert Malley, ha chiamato in causa direttamente la presentatrice: «L’Irib trasmette regolarmente confessioni forzate di giornalisti, cittadini con doppia cittadinanza, attivisti e prigionieri politici. Ali Rezvani e Ameneh Sadat Zabihpour collaborano con l’intelligence iraniana e l’Irgc per condurre confessioni forzate». Ameneh Sadat Zabihpour, rivela il diplomatico Usa, ha prodotto anche un documentario «fittizio in cui accusa i seguaci della fede baha’i di essersi infiltrati negli asili. L’Irib ha pubblicato il suo documentario durante un’ondata nazionale di raid contro i baha’i. L’Iran continua a perseguitare i baha’i semplicemente per la loro religione».
A luglio, prima che scoppiassero le proteste del movimento pro-democrazia, Sepideh Rashno apparve in tv, volto livido e sguardo basso, mentre ammetteva la sua “colpa”. Rashno è una famosa artista iraniana arrestata perché aveva contestato l’hijab obbligatorio. L’autrice del servizio era sempre lei, AmenehSadat Zabihpour.