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 2023  gennaio 13 Venerdì calendario

«Ecco perché non chiedo perdono all’Algeria»

«Non sono tenuto a domandare il perdono, non è questo il punto, la parola stessa romperebbe ogni legame», dice il presidente francese Emmanuel Macron in un lungo colloquio con lo scrittore algerino Kamel Daoud. Niente scuse della Francia per la colonizzazione finita nel 1962 dopo una guerra lunga e dolorosa, sebbene siano attese da decenni dai vari regimi algerini, dal presidente Bouteflika caduto nel 2019 fino al successore oggi al potere, Abdelmadjid Tebboune. Il dialogo tra Macron e Daoud, pubblicato ieri sul settimanale Le Point, è cominciato ad agosto, quando lo scrittore accompagnò il presidente nella sua visita in Algeria, ed è proseguito nelle stanze dell’Eliseo. Una riflessione profonda sulla relazione tra due Paesi che riguarda milioni di connazionali, dice Macron a Daoud: «Abbiamo gli algerini che vivono in Francia con un titolo di soggiorno, i binazionali, i francesi con almeno un genitore algerino, gli harkis (gli algerini che scelsero la Francia, ndr) e i loro figli, i rimpatriati e le loro famiglie, coloro che hanno combattuto sul suolo algerino... Fanno oltre dieci milioni di persone». Stimolato da Daoud, che oltre a essere minacciato dagli islamisti è anche molto critico verso i regimi algerini, Macron tende la mano al presidente Tebboune invitandolo a Parigi, ma allo stesso tempo dimostra di non volere assecondare la «rendita memoriale» che è l’eterna tentazione dei governi più o meno autoritari di Algeri. Macron ha già riconosciuto molti torti specifici commessi dalla Francia verso l’Algeria ma si rifiuta di presentare scuse globali, per non fare il gioco di chi sulla colpevolizzazione della Francia e sul vittimismo fonda il proprio potere. Macron sembra chiedere ad Algeri uno scatto di responsabilità e il coraggio di guardare avanti. Difficile che Tebboune risponda all’appello: l’anno prossimo si vota in Algeria, e l’attuale presidente sta rafforzando un regime antidemocratico che mette in galera dissidenti e giornalisti e alimenta, come sempre, il vecchio riflesso antifrancese.