Corriere della Sera, 13 gennaio 2023
Ritratto di Surovikin
Ultima settimana dell’anno. Vladimir Putin conferisce al generale Sergei Surovikin la medaglia dell’Ordine di San Giorgio, onorificenza che si aggiunge ad un’altra di livello inferiore e al titolo, concesso nel 2017, di Eroe di Russia. Tutto per «i meriti» mostrati nelle campagne belliche, dalla Siria all’Ucraina. Neppure due settimane dopo il comandante è stato retrocesso al gradino di vice del capo di Stato maggiore Valery Gerasimov. Una parabola fatta di salite e discese per l’architetto della strategia di distruzione.
Lui, noto anche come «Generale Armageddon», ha spianato le città siriane per punire chi non si sottometteva al regime di Assad, ha livellato le infrastrutture ucraine per infliggere sofferenze a chi non ha piegato la testa davanti all’aggressione, ha gestito la mobilitazione di 300 mila uomini. Una volta assunto l’incarico in ottobre, Surovikin ha cercato di contenere i danni per l’Armata: un intervento in corsa dopo un’infinita serie di sconfitte, un tentativo di correggere gli errori compiuti dai numerosi predecessori, rimasti pochissimo ai vertici. Traditi dalle carenze (note) dell’apparato, criticati dall’interno, poco propensi ad adattarsi ad un avversario mobile e ben addestrato. Difficile che non sapessero delle pessime condizioni dei loro battaglioni, dei buchi nella logistica, nell’impreparazione complessiva. Forse alcuni sapevano ben poco dei piani dell’invasione – decisa dallo zar e approvata dal cerchio ristretto – ma hanno fatto poco per rimediare. Surovikin ha ordinato il ripiegamento da Kherson, ritiro per molto tempo impedito dallo stesso Putin. Ha creato linee di difesa. Ha tamponato l’emorragia. Ha scatenato l’inferno sulle aree abitate dell’Ucraina usando l’incudine e il martello, i missili e i droni. Ha stabilizzato i fronti senza riuscire ad evitare che la resistenza portasse colpi precisi a lungo raggio.
Promozione rischiosa
Al nuovo comandante lo zar avrebbe offerto un «calice avvelenato»: se sbaglia, pagherà
Il massacro di riservisti nella caserma di Makiivka centrata dagli Himars ha però consegnato munizioni ai «falchi» che hanno accusato gli ufficiali di aver concentrato centinaia di uomini sotto lo stesso tetto facilitando il compito agli ucraini. Addebiti giustificati dalla realtà e resi più duri dalla faida continua tra coloro che devono eseguire gli ordini del Cremlino, pensare alle carriere, schivare le pugnalate. Prigozhin, con i mercenari della Wagner, e Kadyrov, con i suoi miliziani ceceni, contro l’establishment militare rappresentato dal ministro della difesa Shoigu e da Gerasimov.
Adesso tocca a quest’ultimo prendersi le responsabilità maggiori. Per gli analisti Putin gli ha offerto un calice avvelenato: coordinerà ogni movimento, se sbaglia pagherà. Altri insistono sul carattere politico delle nomine, con lo zar che si affida a persone di fiducia, parte del sistema, e usa le rivalità per trarne qualche vantaggio. Tanto l’ultima parola è la sua. Surovikin è stato in qualche modo punito, ma resta nella catena gerarchica.