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 2023  gennaio 12 Giovedì calendario

Un centesimo a post

Una rapper americana dal corpo molto imponente (nei tempi andati si sarebbe detto: molto grassa), il cui nome d’arte è Lizzo, oggetto di ricorrenti ondate di dileggio sui social, ha detto, sui social, la cosa secondo me definitiva: “se la gente pagasse per dire la sua opinione online, forse non perderebbe tutto questo tempo per insultarmi”.
Gratuito (vedi Treccani) significa, grosso modo, due cose. Una è nobile, una è ignobile. Quella nobile: qualcosa che si dà o si riceve senza interesse. Il volontariato è gratuito, eppure ha enorme valore. Quella ignobile: qualcosa che non ha motivo di essere, che è priva di fondamento.
Di un insulto si dice che è gratuito quando non ha fondamento. Quando non ha senso, è solamente un rumore, un baccano, una manifestazione molto rudimentale del pensiero.
A me sembra che la signora Lizzo colga nel segno. Nella vita niente costa niente, se non altro in termini di fatica e di rischio.
Si pagano spesso prezzi tremendi, a volte prezzi lievi, ma si paga comunque. Sui social l’orrore (inedito nella storia umana, per quantità e per facilità) è appunto la gratuità, ovvero la possibilità di sfregiare, di umiliare, di mentire, senza alcun costo e senza alcun rischio.
Il denaro, si sa, è solo una convenzione, e spesso una scellerata traduzione del valore autentico delle cose. Ma la sua qualità migliore, accanto alle tante peggiori, è il tentativo di attribuire valore.
La gratuità dei social, da questo punto di vista, è il connotato più immorale della nostra epoca. Leva valore, rischio, fatica all’uso della parola. Se ogni clic costasse anche solo un centesimo, qualcuno (magari i più tirchi) sarebbe portato a ragionare, finalmente, su costi e vantaggi del pensiero.