La Stampa, 12 gennaio 2023
In viaggio sul Moratti-bus, tra formaggi e politica
BERGAMO. «Ha comprato una fetta di formaggio Branzi? Ha fatto bene, è squisito. Pure meglio dello Strachitunt». Le 10.30 di mercoledì mattina. La signora Laura Rocca e il marito salutano Letizia Moratti davanti al bancone dei latticini del mercato settimanale. La candidata alla guida della Lombardia sostenuta dal Terzo Polo di Renzi&Calenda e dalla civica che porta il suo nome (l’ipotesi di una lista dei leghisti ribelli del Comitato Nord dopo settimane di tira e molla appare sempre più improbabile), sorride e si ferma giusto il tempo di fare due chiacchiere sull’importanza di «valorizzare i prodotti tipici lombardi».
Bisogna arrivare in tempo all’osteria «da Giuliana» di Bergamo per la presentazione dei candidati provinciali e la mattinata trascorsa a San Pellegrino Terme è stata piuttosto densa: partenza da Dalmine alle 7.10, rassegna stampa con il portavoce alle 7.30 («Fontana è tutto in difesa. Dice che accetta il confronto pubblico? Era ora», «Ma quanto è vago Majorino?»), briefing sugli appuntamenti in agenda mentre il pullman con la sua gigantografia affronta i primi tornanti della Val Brembana, caffè all’istituto alberghiero «ma solo perché l’hanno fatto i ragazzi», un’ora in municipio con una trentina di imprenditori e amministratori pubblici a discutere di riforma della medicina di base e spopolamento della montagna. «Noi prendiamo nota di tutto e a fine giornata, al massimo il mattino dopo, le consegniamo un file Word di quattro o cinque pagine che lei si studia insieme a tutto il resto – spiegano dallo staff -. Se a volte può sembrare un po’ distante, soprattutto in tv, è solo perché è concentrata sul tema di cui si sta parlando. Uno dei nostri compiti è quello di scongelare un po’ la sua immagine». «Mi dipingono come fredda ma non è così – aggiunge lei –. All’Epifania dai City Angels sono venute ad abbracciarmi delle persone con cui ho giocato a carte all’epoca di Palazzo Marino. Punto su semplicità, autenticità e trasparenza». E alla domanda che le fanno in molti – ma chi gliel’ha fatto fare? – risponde: «Mi hanno chiamato per dare il mio contributo come assessore al Welfare ma in Regione è come se avessi fatto un percorso a metà. Voglio completarlo. Avrei potuto scegliere di fare altro, sia nella mia vita privata che a livello pubblico, ma questa è la sfida che sento come più giusta».
Ieri la provincia di Bergamo, domani Brescia, martedì il lecchese, il giorno dopo la Valtellina con Morbegno e Bormio, quindi Cremona per un tavolo con gli agricoltori e Lodi. L’obiettivo, prima del voto del 12 e 13 febbraio, è quello di portare almeno due volte il Moratti-bus in tutte le province lombarde. La sfida ad Attilio Fontana e a Pierfrancesco Majorino, infatti, passa soprattutto da qui, dalla capacità di dialogare con quella Lombardia profonda, fatta di paesi e paeselli («il 70% dei Comuni della Regione ha meno di 5 mila abitanti» è uno dei mantra), dove una volta imperava l’Alberto da Giussano e dove oggi l’elettorato appare per la prima volta contendibile. Nella distribuzione degli sforzi fra «città» e «provincia» bisogna anche considerare che nel capoluogo Letizia Moratti «gioca in casa»: l’ex sindaco spera di beneficiare della scia lunga dell’Expo 2015 e alle politiche i centristi hanno dimostrato di godere di buona salute.
«Il boom di Fratelli d’Italia a settembre è stato un fuoco di paglia» azzarda fiducioso Ivan Rota, ex deputato dell’Italia dei Valori, oggi capolista bergamasco di «Letizia Moratti presidente», impegnato a distribuire le spillette con il logo verde e blu che richiama i laghi e le montagne lombarde, quasi un affronto politico-cromatico simultaneo alla Lega Nord e alla Lega per Salvini premier. Per non parlare degli ex leghisti e autonomisti candidati un po’ ovunque: l’ex presidente del consiglio regionale Davide Boni a Milano, l’ex consigliera bresciana Monica Rizzi, Lisa Molteni a Varese, Christian Borromini a Sondrio, Enrico Chiapparoli a Pavia. A Bergamo c’è Attilio Galbusera, ex primo cittadino di Osio Sotto, «militante della Lega per vent’anni e un mese fino al 2020». Oggi è durissimo con il suo ex partito: «Quando entrai nella Lega mi colpirono tre cose: l’interesse per le persone, l’attenzione al territorio e la validità dei progetti. Il resto veniva dopo. Ora le tre priorità sono altre: le poltrone, le poltrone e le poltrone».