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 2023  gennaio 11 Mercoledì calendario

Intervista alla traduttrice di Spare

È un successo annunciato Spare – Il minore, l’autobiografia del principe Harry d’Inghilterra, dall’infanzia allo strazio per la morte della madre Diana, dal servizio militare in guerra ai contrasti con gli altri membri della Casa reale. Uscita in 16 lingue in contemporanea in moltissimi Paesi martedì 10 gennaio, e in Italia per Mondadori, in un solo giorno in Gran Bretagna ha venduto circa 400mila copie.
La sua pubblicazione ha rappresentato anche la liberazione da un regime di «ristrettezza» per le traduttrici. In che modo, ce lo racconta Sara Crimi. Modenese, classe 1974, residente a Carpi, laureata in Lingue straniere a Bologna, svolge il delicato compito di rendere nel nostro idioma opere straniere, cercando di rispettarne i colori e di restituirne le emozioni. In questo caso si è trattato di un lavoro che è andato avanti in modo segretissimo, perché nulla si doveva anticipare del libro prima dell’uscita mondiale.
Non ha detto nulla neppure ai suoi familiari?
«Gli accordi di non divulgazione erano stringenti. Usavamo varie password di protezione dei file. Quando con le mie colleghe discutevamo di qualche passaggio, parlavamo in codice, evitando di pronunciare nomi, usando espressioni generiche, per esempio: nella scena con il padre… con lo zio… con il fratello…».
Non si è lasciata sfuggire nulla neppure con suo marito o con sua madre, che abbiamo letto è una fan della casa reale inglese?
«La consegna di segretezza era assoluta. E non bisogna mai mettere l’altro, il familiare, la persona intima, nella condizione di dover decidere se tacere qualcosa che ha saputo».
Ha parlato di un lavoro di équipe. Ci può spiegare come si è svolto?
«La traduzione l’abbiamo realizzata in quattro, lavorando alla pari. Le mie colleghe, Manuela Faimali, Valeria Gorla, Laura Tasso, hanno avuto parti del libro su cui lavorare (è un volumone di 540 pagine). Io ho riletto e revisionato il testo intero moltissime volte».
Avevate un referente nella casa editrice americana, per eventuali dubbi di traduzione?
«No, ma alla Mondadori era stato allestito un vero e proprio gruppo di lavoro. E, alla fine, la nostra versione è stata ricontrollata dai revisori della casa editrice. Quando abbiamo consegnato il plico, con le colleghe abbiamo brindato».
Quando il libro è uscito si racconta che lei abbia brindato, in casa, in un modo molto emiliano...
«Sì, con Lambrusco, di quello delle nostre parti, modenese».
È stato difficile il lavoro?
«Sentivamo addosso una pressione molto maggiore che per le normali traduzioni, per l’importanza della cosa. E questo ci rendeva più attente che mai a rendere con precisione il testo: non erano possibili sviste».
Quanto avete lavorato?
«Non molto in realtà. Abbiamo iniziato in settembre e subito ci hanno fatto interrompere per la morte di Elisabetta II. Il principe ha aggiunto parti, e si è dato, naturalmente, un tempo per decidere cosa fare».
Avete operato molti cambiamenti sul testo già tradotto?
«Ne sono stati introdotti alcuni per amor di precisione, nelle varie fasi di rilettura. L’autore ha modificato dei dettagli, per non dare adito a contestazioni. Ma si tratta del colore di una gonna, di una data, del modo di nominare il boyfriend (è diventato friend) della zia Fergie, Sara Ferguson».
Ed è riuscita l’operazione segretezza?
«Sì, almeno fino a quando il libro non è stato messo in vendita in Spagna poco prima che nel resto del mondo, il 5 gennaio. Molte delle anticipazioni precedenti erano fantasiose: le leggevamo e commentavamo tra noi traduttrici: non è vero! Poi, quando alcuni giornali hanno ripreso l’edizione spagnola, abbiamo notato come anche alcune cose vere siano state romanzate».
Per esempio, cosa è stato falsificato nelle settimane precedenti l’uscita?
«Qualcuno ha scritto che Harry era andato in una clinica per riabilitarsi dalla droga. Non è vero, anche se il principe non nega i suoi problemi con gli stupefacenti. Un’altra imprecisione è che Harry abbia incolpato il fratello e la cognata della scelta della divisa nazista per un party: lui narra l’episodio in modo molto più smorzato».
Che voto darebbe al libro?
«È ben scritto, non a caso la stesura è dovuta al premio Pulitzer J. R. Moehringer, dicono anche ghostwriter di Open di Agassi. Io, per lo stile e il contenuto, gli darei 8. Sono romantica e credo molto a quello che scrive il principe. Al netto di alcune cose visibilmente romanzate, ci sono passaggi che rivelano umanità e introspezione vera, molto toccante. Spero non finta. Sicuramente introduce un punto di vista molto diverso da quello cui ci hanno abituato i giornali di gossip».