la Repubblica, 11 gennaio 2023
Pietro Beccari a capo di Vuitton?
Pietro Beccari, dopo il successo ottenuto come presidente e ceo di Christian Dior Couture, potrebbe essere il primo manager italiano ad assumere le redini di Louis Vuitton, griffe di punta della Lvmh di Bernard Arnault e il marchio più importante del lusso mondiale.
Interpellata in proposito, Lvmh ha preferito non commentare l’indiscrezione, tuttavia dopo i risultati eccezionali del 2022 che Lvmh si appresta ad annunciare, e dato l’importante contributo che arriverà da Dior, Arnault sarebbe intenzionato a promuovere Beccari al posto oggi occupato da Michael Burke. Del resto anche il manager franco americano, che dal 1996 è a Parigi ai vertici del gruppo e che tanto ha contribuito alla crescita della griffe francese, aveva fatto la sua ascesa alla guida di Vuitton partendo proprio da Dior (di cui era stato ceo della filiale Usa dal 1986 al 1992). All’epoca però Dior era un’azienda separata dal firmamento di marchi di Lvmh, in cui poi è stata inglobata nel 2017 nell’ambito di un riassetto più ampio ai piani alti del gruppo Arnault.
La schiera degli italiani che guidano il settore moda è sempre più nutrita: assieme a lui ci sono Francesca Bellettini da Saint Laurent,Marco Bizzarri da Gucci, Jacopo Venturini da Valentino, Carlo Alberto Beretta da Tod’s, Riccardo Bellini da Chloé e Andrea Guerra che è appena arrivato ai vertici di Prada. La storia di Beccari è quella del manager che si è fatto da solo, ed è diventato grande nel settore maturando importanti esperienze all’estero. Classe ‘67, nato a Basilicagoiano, frazione di 1.744 abitanti del comune di Montechiarugolo in provincia di Parma, dopo la laurea in economia e una mancata carriera calcistica – con Arrigo Sacchi che gli aveva consigliato di fare altro – Beccari inizia nel marketing della filiale italiana di Benckiser, ma è grazie alla Parmalat che si fa le ossa e vola negli Stati Uniti per continuare a crescere. Lascia New York per andare in Germania alla guida dei prodotti di consumo di Henkel, diventando vicepresidente della divisione haircare, finché nel 2006 approda alla corte di Arnault, l’uomo più ricco del mondo, e il primo imprenditore del lusso francese.
Chi conosce bene Beccari, che è tanto stimato in Lvmh come negli altri colossi della moda internazionale, lo definisce un «creatore di sogni capace di far sognare gli altri insieme a lui». Fu sua l’idea di reclutare Mikhail Gorbaciov come testimonial per Vuitton; stesso discorso per la sfilata per i 90 anni del marchio Fendi dentro la Fontana di Trevi. Appena arrivato da Dior, ha invece chiuso per due anni lo storico negozio al 30 di Avenue Montaigne, per trasformarlo in uno spazio polifunzionale unico che vanta oltre cinquemila visitatori al giorno: al suo interno oltre alla boutique ci sono bar, ristoranti, giardini, un museo dedicato alla storia dello stilista, gli atelier di haute couture e anche una suite privata per i clienti.
Quando nel 2018 dopo l’ottimo lavoro fatto in Fendi (di cui è stato presidente e ad dal 2012 fino a tutto il 2017), Beccari assunse le deleghe di Dior, il marchio fatturav a circa 2,8 miliardi (lievitati a 5,8 miliardi nel 2021) e che secondo gli analisti potrebbero quasi triplicare e addirittura superare il traguardo degli 8 miliardi di ricavi attesi nel 2022. E questo solo tenendo conto della divisione couture, moda e accessori, e senza includere profumi e trucchi che generano comunque un fatturato stimato in oltre 3 miliardi di euro.
Assumere le redini di Louis Vuitton per Beccari sarebbe un ritorno in grande stile al marchio più famoso al mondo. Bernard Arnault lo aveva assunto 17 anni fa proprio per occuparsi del marketing della maison, di cui era arrivato a ricoprire il ruolo di vice presidente, e preannunciandogli che una volta entrato nel mondo del lusso difficilmente avrebbe fatto altro. Così è stato, ma allora probabilmente nemmeno Beccari avrebbe potuto sognare di diventare l’amministratore delegato di Vuitton.