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 2023  gennaio 11 Mercoledì calendario

Intervista a Pif

Pif, posologia consigliata: 20’ minuti di Caro Marziano ogni sera, a stomaco pieno, dal lunedì al venerdì su Rai3 alle 20,20. Il celebre regista, attore e autore è tornato in tv, con il suo «ufo» carico di storie e inchieste: una striscia quotidiana che ricalca la formula de Il testimone. In tutto, 50 nuove puntate: «Ma io muoio prima, le ultime saranno postume», assicura .
Torna su Rai3 dopo sei anni: ha fatto le cose con calma…
«Diciamo che ho il ritmo lavorativo di Kubrick, senza avere i suoi risultati! (ride, ndr) In realtà credo che per un programma come questo, che racconta la società, sia un valore aggiunto fare passare del tempo tra un’edizione e un’altra».
Tra il 2017 a oggi, è successo di tutto. Che Italia ha ritrovato?
«In realtà la mia impressione è che qui da noi siamo ormai abituati a vivere nell’ignoto e nella fragilità: non ho registrato grandi cambiamenti. Continua a essere sempre tutto drammaticamente instabile e, forse, ci piace così».
Gli italiani si crogiolano nella propria precarietà?
«Be’, direi che è arrivato il momento di chiedersi quanto siamo colpevoli e responsabili».
Da papà, invece, cosa la spaventa di più: la guerra, il clima, la pandemia?
«Opto per la qualunque. Mi preoccupa in generale tutto, e sicuramente il fatto che mia figlia sia femmina e non maschio non aiuta: i pericoli e le difficoltà potenziali sono molti di più, sia sul lavoro che nel privato».
È un padre apprensivo ?
«Sono protettivo, lo ammetto. Per dire, io chiamo mia figlia suor Emilia così la preparo fin da subito al suo inevitabile ingresso in convento».
Caro Marziano si apre con la Cittadella della pace: possiamo considerarla una dichiarazione d’intenti?
«All’inizio ero indeciso se cominciare con questa oppure con la puntata dedicata al Baskin. Poi mi sono reso conto che in tempi di guerra nessuno parla di pace come Franco Vaccari, il fondatore di Cittadella. Il suo discorso supera tutte le opinioni sentite finora: quelle di Orsini, di Santoro, e pure le mie...»
Parafrasando uno scrittore, Vaccari ha detto: «Se fallisce la politica, scoppia la guerra». Siamo quindi fregati?
«La politica è fondamentale per la salute di una società. Purtroppo oggi si confonde il gesto politico con la mera indicazione di voto. Prenda Maradona: era un giocatore politico, ma non ha mai suggerito chi votare. Lo stesso faccio io».
Anche Caro marziano è un gesto politico?
«Certo. E ne sono fiero».
La volevano fare sindaco di Palermo. Riusciranno mai a incastrarla?
«Se è per questo, volevano anche propormi Presidente della Regione. Però, no: amministrare non fa per me, senza contare che la non appartenenza politica mi permette di esser molto più libero e radicale nel denunciare le ingiustizie. Non ultimo, come tutti gli artisti mi piace sentirmi dire "bravo" mentre gli amministratori fanno un altro mestiere».
Non trova che anche i politici lottino ormai per il «bravo»?
«Questo è il problema: alcuni esponenti confondono la res publica con il Grande fratello. Quando li vedo farsi i selfie, mi chiedo se abbiano capito che mestiere facciano».
Ha intervistato due volte la Meloni: che impressione le ha fatto?
«Umanamente è simpaticissima. Politicamente però non condivido nulla di quello che dice e, onestamente, trovo assurdo che quereli i giornalisti».
Uno degli intervistati raccomanda di guardarsi dal successo perché ti fa credere di essere una persona intelligente che non sbaglia mai. È un rischio che pensa di correre ?
«Non ho tutto questo potere, però si è sempre in lotta con il proprio ego. La mia salvezza è che tendo a concepire i miei lavori più come autore, che non come attore o conduttore. Nel mio ultimo film, per esempio, mi sono messo da parte: sapevo che Fabio De Luigi avrebbe dato di più».
Si «farà fuori» anche nel prossimo film?
«Dipenderà dal soggetto, devo ancora iniziare a scriverlo, però ammetto che è faticoso dirigere e recitare insieme».
Tempo fa lei si definiva, bonariamente, uno «scassaminchia». Oggi invece?
«Sempre uno scassaminchia, forse un po’ più imborghesito. In Sicilia è un’espressione che non vuole dire solo rompiscatole: la si usava anche per Peppino Impastato. Si intende uno che non sa vivere e non si fa i fatti suoi. Ecco, io voglio continuare a non sapere vivere. In passato ho anche rifiutato delle proposte lavorative che non mi sembrano oneste con il mio percorso da scassaminchia».
Lei innova molto, tranne in tv dove ripropone lo schema de Il testimone. Come mai?
«Per qualche motivo, il mio stile tv ha finito per coincidere con la mia persona: sono entrati completamente in simbiosi. L’evoluzione sta quindi nella mia vecchiaia: crescendo, cambia il mio modo di raccontare».
In passato l’amore era solo un mero pretesto narrativo ora invece ci ha scritto un intero libro. Cos’è successo?
«Ho vissuto la paternità come un atto definitivo: è qualcosa da cui non torni indietro, non si può mettere la retromarcia. Così mi sono ritrovato a riflettere sulla vita, le scelte volontarie e gli incontri casuali».
Se tornasse indietro, metterebbe su famiglia prima?
«No, anche se so che è un lusso che mi sono potuto concedere in quanto uomo: una donna non avrebbe potuto aspettare così a lungo, sia per via della biologia che delle pressioni sociali. L’unica cosa che farei prima è un film: ho debuttato tardi, a 38 anni. Purtroppo però è così: faccio tutto dieci anni dopo»