il Fatto Quotidiano, 11 gennaio 2023
Il numeri disastrosi del cinema italiano nel 2022
Un anno intero di cinema italiano vale meno di un film di Checco Zalone. I 251 titoli tricolori distribuiti nel nostro Paese nel 2022 hanno incassato 60.336.150 euro, ovvero cinque milioni in meno di Quo vado?, che nel 2016 staccò biglietti per 65.295.389 euro. Detto che Luca Medici, in arte Checco Zalone, non fa primavera, sul grande schermo si proietta l’inverno del nostro scontento.
La quota nazionale dell’anno appena trascorso vale il 19,7% degli incassi totali che si assestano sui 306.622.567 euro pari a 44 milioni e mezzo di presenze in crescita rispettivamente dell’81% e del 79,6% sul 2021 falcidiato dalla pandemia.
Più interessante il confronto con la media del periodo 2017 – 2019, che fa registrare un drastico calo del 48,2% degli incassi e del 51,6% delle presenze: fuor di metafora, un disastro. Che assume proporzioni addirittura inquietanti allargando il campo ai Paesi europei: le presenze in sala dei cugini francesi triplicano le nostre, sfiorando i 152 milioni nel 2022 per una flessione sul triennio prepandemico 2017-2019 di appena il 26,9%; oltre 74 milioni gli ingressi al cinema dei tedeschi per un +95,1% sul 2021 e un -26,4% sul 2017-2019; 59.924.348 gli spagnoli che hanno pagato biglietti per 376.384.414 euro; oltre un miliardo e 110 milioni di euro il box office inglese e irlandese, sicché finiamo un’altra volta triplicati.
Sono alcuni dei dati più eloquenti sul mercato cinematografico italiano diffusi da Cinetel, società partecipata da Anec e Anica Servizi, che fotografa un anno di transizione per il comparto ma non necessariamente al meglio: che fare? Il presidente degli esercenti (Anec) Mario Lorini preme per “chiudere sul tema delle window (il periodo di esclusivo sfruttamento in sala di un titolo, ndr) e stabilizzare il tax credit sui costi di funzionamento” e punta sulle campagne promozionali e il progetto sull’estate.
Simone Gialdini, vertice di Cinetel, spiega la ripartenza dimezzata con “le penalizzazioni causa Covid dei primi mesi dell’anno, tradizionalmente i più importanti al box office, e un autunno orfano dei grandi blockbuster internazionali”. Per fortuna che è arrivato Avatar: La via dell’acqua, l’unico film a superare i 20 milioni (27.582.316) di euro nel 2022 – cinque i titoli con un incasso tra i 10 e i 20 milioni, vale a dire Minions 2, Doctor Strange nel multiverso della follia, Top Gun: Maverick, Thor: Love and Thunder e The Batman.
L’offerta, 624 i film distribuiti in dodici mesi, è copiosa a monte, ma a valle si piange miseria: 64 appena hanno incassato più di un milione di euro (81% del box office complessivo), mentre erano il doppio, 124, nel triennio 2017-2019. Rispetto al quale, peraltro, abbiamo perso 65 cinema pari a 94 schermi: oggi da Trieste in giù ne troviamo attivi rispettivamente 1.121 e 3.412.
Ritornando ai nostri colori, da segnalare che il primo incasso nazionale, La stranezza di Roberto Andò, è con quasi cinque milioni e mezzo di euro tredicesimo al box office, preceduto da produzioni statunitensi, quota di mercato del 58,5%, o britanniche. Se le associazioni di categoria predicano ottimismo, più critico è Domenico Dinoia, che rappresenta gli esercenti della Fice (Federazione italiana cinema d’essai): “Non è un caso siamo il fanalino di coda continentale, perché scontiamo una teoria di problemi, amplificati dalla deregulation che il sistema sconta negli ultimi anni”. Dinoia perora la causa della multiprogrammazione, giacché “le strutture prevalenti nel nostro Paese hanno una o due schermi, sono sale cittadine ed è impensabile che debbano programmare un film alla volta: il vincolo è improbo, l’offerta va ampliata”.
Altre misure auspicabili riguarderebbero l’estensione degli orari di apertura, l’omogeneizzazione della stagione cinematografica e “il ripristino della cronologia: windows di almeno 180 giorni, come prospettato dagli ad di Rai Cinema, Paolo Del Brocco, e Medusa, Giampaolo Letta. Le finestre francesi sono di 15 mesi: chiediamo la luna?”.