La Stampa, 11 gennaio 2023
JR Moehringher, il biografo del principe
JR Moehringher non è solo un biografo. E non è solo un ghostwriter, ovvero un anonimo scrivano che presta la propria penna ma non il nome, che spesso – direi quasi sempre – per contratto deve rimanere segreto. Se questa biografia di Harry, il fratello di scorta, è già un caso lo si deve a Moehringer stesso medesimo. Il gossip passerà, la soap opera della famiglia reale anche. Rimarrà il lavoro che Moehriger ha fatto dentro la testa del principino. Per capirci, JR Moehringer è l’uomo che ha raccontato la vita di Agassi e ha fatto leggere Open, un libro sul tennis, a milioni di persone che non hanno mai visto una racchetta e una pallina. Ha anche collaborato con Phil Knight, il cofondatore della Nike, per la sua autobiografia Shoe Dog.Moehringer è un fuoriclasse delle biografie (secondo Page Six per Spare ha preso un anticipo da un milione di dollari) perché racconta e indaga l’essere umano, la sua natura contraddittoria, i rapporti complicati, i cancri sentimentali e le asperità che si annidano nelle famiglie. Questo è il salto dal gossip alla letteratura, perché questo fa la letteratura. Anna Karenina è una dannata fin dalla prima pagina. I fratelli Karamazov sono il declino di una famiglia. Jean Valjean non è un miserabile ma un grande personaggio perché ha in sé il bene e il male, le luci e le ombre, la bassezza e la grandiosità di ogni essere umano. Il principe Harry appartiene a questa schiera di personaggi complessi, nei quali qualcosa si è rotto. Nella fattispecie il rapporto con il padre. E qui le biografie di Harry e di Agassi e di Moehringer stesso si sovrappongono. Anche lo scrittore e giornalista americano, che ha vinto il Pulitzer nel 2000 per il suo reportage Crossing Over, sulle tensioni sorte in una piccola comunità segregata dell’Alabama dopo l’apertura di un traghetto, ha avuto problemi con la figura paterna. Prima dei libri, nella sua biografia si leggono nomi di prestigio: Yale University, poi giornalista al New York Times, poi ha lavorato in Colorado e al Los Angeles Times.Ma il cuore di tutto è probabilmente in un ragazzino abbandonato dal padre, un DJ di rock’n’roll negli anni degli albori della radio. Nella sua biografia The Tender Bar (gioco di parole con “bartender”, barista) Moehringer parla della sua infanzia a Long Island dove cresce con una madre single e si affida alla figura paterna dello zio Charlie e di un gruppo di baristi del bar locale. «Mi sedevo sul marciapiede con una radio a transistor e cercavo di trovare la voce di mio padre girando con lentezza straziante la manopola» ha raccontato. Da questo libro, che racconta la storia della sua vita, nel 2021 è stato tratto un film, prodotto da George Clooney e nel quale Ben Affleck è lo zio Charlie.Ecco il punto di congiunzione. La sofferenza e la mancanza. Per scrivere Open Moehringer si era trasferito a Las Vegas e aveva trascorso 250 ore insieme al campione di tennis. Dichiarò al New York Times che per entrare nella testa complicata e autodistruttiva di Andre aveva letto libri di psicoanalisi di Sigmund Freud e Carl Jung. Ora che anche Harry si è sdraiato sul lettino di Moehringer, la realtà e la finzione, la psicoanalisi e la vita del principe, si trovano allineate. A ciò aggiungete che la famiglia reale britannica è un’opera di finzione, di per se stessa, che si regge sull’autorappresentazione. La monarchia è una messa in scena e una narrazione e questo spiega anche come mai molti scrittori, da Alan Bennett a Peter Morgan, ne siano rimasti affascinati e ne abbiano scritto. Le canne e i funghi allucinogeni, l’odio per la matrigna, le botte con il fratello, la morte della madre in un incidente dai contorni ancora fumosi, Meghan donna strega vittima dell’odio razziale, sono di per sé materiale letterario potentissimo. Nel testo di Moehringer (ovvero nelle parole di Harry, che poi sono la stessa cosa) si cita anche un saggio del 2013 di Hilary Mantel sui reali, dove l’autrice del ciclo di Enrico VIII e le sue mogli, si interrogava sulla natura della monarchia contemporanea e in particolare sulla figura di Kate Middleton, protetta sotto una teca di cristallo come una bambolina e trattata come un panda, animale affascinante ma tenuto in uno zoo. La stampa scandalistica lo presentò come un attacco a Kate, mentre era una denuncia. Nel saggio Mantel scriveva di Harry: non sa cosa sia, una persona o un principe. Ecco, grazie a Moehringer, il principe diventa una persona e si riappropria della propria narrativa. Quanta sia la finzione e quanta la realtà sarà materia per gli storici (forse). Per ora godiamoci la narrazione di un grande scrittore.