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 2023  gennaio 10 Martedì calendario

La prima inchiesta Vaticana sul caso Orlandi. Intervista a Pietro

«Con ogni probabilità a sostenere la decisione del promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi di riaprire le indagini su mia sorella Emanuela è stata anche la volontà di Papa Francesco». E secondo Pietro Orlandi, fratello della ragazza scomparsa nel nulla nel 1983, «può avere in qualche modo influito anche la dichiarazione di Gaenswein secondo cui il dossier Orlandi non esiste, quando un paio d’anni fa ci disse che il fascicolo c’è».
Qual è stata la sua reazione alla riapertura dell’indagine?
«L’ho saputo all’improvviso. Questa novità è positiva. Anche perché non è una riapertura: il Vaticano non ha mai aperto un’inchiesta ufficiale. Questa è la prima volta che viene aperta un’inchiesta interna vaticana sul rapimento di Emanuela. Da quanto ho inteso dalle dichiarazioni di Diddi si vuole guardare dall’inizio tutti i fatti, ricominciare da capo. Forse hanno capito che altrimenti noi non ci fermeremo mai nella ricerca della verità. È il momento di mettere fine a questa vicenda: per noi, ma anche per loro, per la Chiesa, il Vaticano stesso».
Che cosa spera adesso?
«Di essere convocato e poter finalmente verbalizzare, lo chiedo da tantissimo tempo. Con l’avvocato avevamo scritto anche a Papa Francesco comunicandogli che eravamo in possesso di nuovi elementi e che avremmo voluto verbalizzare. Sono elementi importanti che meritano un approfondimento. Dirò le cose che ho sempre raccontato. Io sono convinto che in Vaticano ci sono persone, anche di alto livello, a conoscenza dei fatti».
Che cosa teme?
«Auspico che questa volta ci sia davvero la volontà di fare chiarezza al cento per cento. Per tanti anni mi sono illuso e poi disilluso. Confido che questa iniziativa non sia l’ennesima mossa di facciata. Però un movimento mi rende più fiducioso».
Quale?
«La richiesta parlamentare di una commissione d’inchiesta. Forse è la volta buona per una collaborazione tra Vaticano e Italia, che è mancata in tutti questi 40 anni. Le aggiungo ancora un ragionamento».
Dica…
«Credo che in questa iniziativa abbiano influito anche le ultime dichiarazioni di monsignor Gaenswein. Ha detto che non esiste alcun dossier. Ma un paio d’anni fa Sgrò ha incontrato Georg, e si sono parlati del fascicolo che Paolo Gabriele, il maggiordomo di Ratzinger, vide sulla scrivania di Gaenswein. A Sgrò, Gaenswein confermò che esiste il fascicolo, sostenendo che era in Segreteria di Stato. E le consigliò di insistere per poterlo visionare». DOM.AGA. —