la Repubblica, 10 gennaio 2023
Intervista a Federica Pellegrini
Natale ognuno a casa propria.
«Non ci sarebbe stato tempo per vedere i rispettivi parenti, altrimenti».
Altrimenti, Federica Pellegrini lo è sempre stata. Anche nella sua nuova vita, quella dopo il nuoto, quella dopo il matrimonio, il suo stile è libero. Con Matteo Giunta, ex allenatore e da fine agosto suo marito, saranno protagonisti di Pechino Express (in onda a marzo).
Sono appena tornati da una luna di miele tardiva alle Maldive. Non ha ripensamenti sulla piscina cui ha detto addio dopo la quinta finale olimpica (record) a Tokyo. «Nessun dramma esistenziale». Ha 34 anni e sul diventare mamma, o addirittura essere già incinta come si vocifera da qualche parte, taglia corto: «Ma va, non ci stiamo proprio pensando».
Eppure sua mamma Cinzia è già da un po’ che batte il dito sull’orologio.
«È una sua battuta. Ma è lì che aspetta da un anno e mezzo. E aspetterà ancora».
Quanto? Ci sarà pure il progetto di un figlio.
«Non per ora. Non è nelle nostre priorità. Ci sono troppi impegni e progetti da realizzare».
Quali?
«Almeno tre e tutti importanti. Sto lavorando a un paio di idee che mi riguardano, una di tipo, diciamo così, letterario e l’altra di prodotto.
Ci tengo perché sono entusiasmanti e perché spero portino un messaggio positivo. Non posso aggiungere altro per ora. Con Matteo invece vogliamo mettere su una nostra Academy del nuoto per i più giovani, non sarà a Verona, ma in un luogo a noi molto caro, un po’ casa nostra».
Ci racconti.
«Vorremmo partire quando finiscono le scuole con tre settimane di full immersion divise per età dei partecipanti. Ci sarà palestra, corsia e altre attività.
Vorremmo che fosse una cosa semplice all’inizio. Ci sarà uno sponsor tecnico e stiamo studiando un logo, una delle cose più divertenti».
Com’è la vita a casa dei coniugi Pellegrini-Giunta?
«Come prima del matrimonio, già convivevamo, Matteo non è cambiato, il solito pantofolaio, mi aveva già preparata a questo. La logistica è la stessa, impegni e lavoro, amici, ultimamente ci vediamo qualche volta a cena anche con Sofia Goggia a Verona.
Non grandi stravolgimenti, ma c’è più magia. Ci fa strano chiamarcimarito e moglie, ci sentiamo ancora 16enni. Il 2022, al livello personale, lo ricordo per le nostre nozze: un giorno che non dimenticherò per tutta la vita, bello, emozionante, divertente».
Luna di miele, ritardata, alle Maldive.
«C’ero già stata sette anni fa, ma devo dire che stavolta mi è piaciuto molto più. Abbiamo fatto amicizia con Pecco Bagnaia e la sua compagna, non ci conoscevamo, si sono trasferiti a Pesaro più o meno quando Matteo la lasciava per Verona. Siamo stati tre ore in acqua ogni giorno, peccato che ci siamo dimenticati la telecamera. Abbiamo visto anche due squaletti. Se mi è passata la paura del mare? Un po’ di blu l’ho visto e ci sono anche stata dentro, ma sempre con la barriera corallina da un lato, non mi avventurerei dritto per dritto al largo, non mi sentirei a mio agio, preferisco stare in superficie».
La piscina rimane al centro della sua vita. Possibile nessun rimpianto?
«So che sarebbe un bel titolo: Pellegrini si prepara per la sesta Olimpiade. Ma non è così. A Parigi 2024 ci sarò ovviamente come membro Cio, quest’estate non so se farò un salto ai Mondiali di Fukuoka, il Giappone mi attrae sempre moltissimo. Non mi manca la piscina, vado a nuotare solo ogni tanto, frequento più la palestra.
Insomma, nessun dramma esistenziale dopo l’addio. Semmai ho avuto alcuni momenti di nostalgia. Persino qualche tentazione di riprovarci per gli Europei di Roma. Ma mi è passata quasi subito. Io ho smesso di nuotare non perché non ne avessi più voglia o perché mi fosse diminuita la fame, ma perché il mio corpo non mi dava più modo di combattere ai miei livelli».
Il suo record nei 200 stile del 2009 è uno dei due che in campo femminile resiste dell’epoca dei costumoni.
«Mi sarebbe dispiaciuto se l’avessero battuto mentre ero ancora lì in acqua o qualche mese dopo il ritiro, invece ha 13 anni suonati e forse resisterà ancora un po’, quando cadrà saranno passati un anno e mezzo due che ho smesso e lo metto in conto che succederà, ciò non toglie che sono orgogliosissima che sia durato così tanto. Si pensava che i primati di quel periodo fossero imbattibili, invece già l’anno dopo cominciavano a essere superati.
Vuol dire che non ha contato solo il costumone».
Cosa conta nel nuoto?
«Un po’ tutto, ma credo che la fame sia la prima chiave vincente, è unosport difficile da portare avanti negli anni specie al livello di allenamenti. Con questa generazione non dobbiamo pensare tanto all’usura, quanto all’approccio corretto alle gare e alla preparazione, senza ulteriori stress rispetto a quelli normali».
Ha lasciato nel momento migliore, con una nazionale giovane e vincente.
«Di più: una generazione di fenomeni. L’evoluzione della specie. Il nuoto ha un calendario strano e intenso in questi anni, eppure molti sembrano non faticare. La Isl, la Champions del nuoto che si è interrotta, peraltro senza pagare gli atleti, in questo ha fatto da apripista. Comunque, tornando agli azzurri: guardarli dal divano mi riempie di felicità e orgoglio. Peccato che le donne fatichino di più».
Difficile rimpiazzare la Pellegrini?
«In Italia il ricambio generazionale al femminile è sempre stato più difficile rispetto a quello dei maschi. Tra me e la Calligaris erano passati 32 anni, spero che adesso sia molto più breve l’attesa, ma è vero che bisogna lavorarci su».
Come?
«Sulla carta ragazze da medaglia ne abbiamo, da Benedetta Pilato a Simona Quadarella a Margherita Panziera, ma i risultati non sonosolo il frutto degli individui ma di un progresso di squadra. Lo dimostrano le staffette, che erano la nostra debolezza, invece i ragazzi d’Italia sono temibili adesso, riescono a mettersi dietro nazioni come l’America e l’Australia. Si sentono protetti e invincibili».
E la squadra delle donne?
«Le staffette crescono nei progetti, le ragazze devono sentire che dietro di loro c’è qualcosa e un sistema che ci crede. Lo dico perché a me è servito tanto. Io venivo da anni in cui si diceva che le donne non combinavano niente da tempo, che stavano lì e pensavano solo a truccarsi, invece con una programmazione serrata specie per la 4x200 e 4x100, sono cresciuta anch’io e il movimento. Ma servono figure particolari e dedicate alle donne».
«Dirigenti, allenatrici e professioniste nella nazionale.
Basterebbe anche una mental coach, per tutti coloro che la richiedono, ma soprattutto per le ragazze anche quando pensano di non averne bisogno. Avere qualcuno cui rivolgerti perché sei nervosa perché sei in pre-ciclo o ti senti gonfia perché il giorno prima della finale ti dovevano venire le mestruazioni e invece non è successo, aiuta. Il ciclo è un tabù che va definitamente sfatato».
Lo ha fatto di recente Pilato, lei ne parlò dopo Rio.
«Se è per questo io ci ho scritto anche la tesi. È una cosa che esiste, che cambia l’umore e la percezione di sé in una donna che fa una vita normale, figuriamoci in un’atleta che lavora sul suo corpo e col suo corpo. Si vince e si perde di un centesimo, un decimo di secondo, il ciclo mestruale per un’atleta professionista va assolutamente considerato. Quando io ne parlai a Rio, la cosa fu percepita come una mia scusa per non aver preso medaglia. Un tipo di ragionamento molto maschilista, l’uomo non sa di cosa stiamo parlando, dell’evoluzione che abbiamo noi in 30 giorni, dalla perdita all’aumento di peso, all’umore, ai dolori. Una cosa che loro non vivono».
Cosa consiglierebbe al ministro dello sport Andrea Abodi?
«Di aiutare tutto lo sport in generale soprattutto al livello di impiantistica, specie i centri minori che in questo momento di crisi energetica hanno bisogno di un sostegno in più, molte palestre e molte piscine soffrono e chiudono, privando le generazioni future e i territori di risorse. Un po’ tutti noi siamo usciti da quelle palestre e da quelle piscine di paese».