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 2023  gennaio 10 Martedì calendario

Intervista ad Alvaro Vitali

Alvaro Vitali, cosa faceva prima di diventare attore?
«L’elettricista a Trastevere. Un giorno venne a trovarmi Pippo Spoletini che reclutava le comparse per il cinema.
Mi disse che Federico Fellini cercava un ragazzino magro come me. “Chi è Fellini?” gli chiesi».
Che anno era?
«Il 1969, avevo diciotto anni. Facevo il ragazzo di bottega in un negozio di piazza Mastai. Il principale, Gino Segarelli, mi passava 16 mila lire a settimana».
Il cinema quindi non fu una vocazione?
«No, fu un grande regalo della vita. Il sabato successivo mi ritrovai a Cinecittà, circondato da mangiafuochi e ballerine. Mi fecero attendere sette ore. Poi fecero entrare me e un ragazzo napoletano in una sala enorme, avevo un faro puntato contro alle cui spalle scorsi una macchina da presa. Su una scala svettava un signore di cui, accecato, distinsi appena il cappello e una sciarpa».
Fellini.
«Disse soltanto, con voce stridula: “Chi di voi sa fare il fischio del merlo?” Fischiai a tutti i polmoni. La vocina disse: “Maurizio, prendi lui che l’altro sta ancora aspettando il merlo”».
Chi era Maurizio?
«Maurizio Mei, l’assistente di Fellini. Era un test su chi fosse più sveglio.
Vinsi io».
Che film era?
«Satyricon.Ebbi una particina».
Qual era il suo compenso?
«Settantamila lire al giorno».
Prendeva più di quello che guadagnava come elettricista in un mese.
«Sì, ma dopo quella settimana tornai in bottega. Quando Fellini girò RomaSpoletini tornò e mi disse che gli serviva un ballerino di tip tap. “Ma io non so ballà!” obiettai. “Impari!”, rispose Pippo e mi spedì alla scuola di Gino Landi. Quando Fellini mi vide si complimentò”: “Come hai fatto?”. “È la fame, dottò!”, risposi».
Eravate diversissimi.
«Lo divertiva la mia indole popolare. Mi chiedeva: “Ti è piaciuto Giulietta degli spiriti?”“Sì”, mentivo. “E cosa hai capito?” “Un cazzo, dottore”.
Fellini ne rideva».
Poi arrivò Amarcord.
«Sì, girato interamente a Cinecittà. Di fronte a quell’ennesima assenza dal lavoro Segarelli mi licenziò.
Di cosa parlavate con Fellini?
«Un giorno mi chiese di seguirlo sulla spiaggia di Ostia: doveva posare per la copertina di Vogue in Francia».
Con lei?
«Vestito da prete dovevo giocare con un aquilone. Quando arrivai a casa scoprii che mi aveva infilato ventimila lire nella tasca della giacca».
Cosa fece con i primi soldi guadagnati?
«Comprai casa a nonna Elena, in via Oderisi da Gubbio, nel quartiere Marconi».
Come arriva alle commedie scollacciate?
«Amarcord mi diede notorietà. Il regista Nando Cicero, che era stato l’aiuto di Francesco Rosi, stava preparando L’insegnante, con Edwige Fenech. Mi chiamò. Dovevo interpretare un alunno siciliano che le sbavava dietro».
Fu l’inizio di una serie interminabile di commedie soft-erotiche.
«La lavorazione durava tre settimane: costi all’osso e incassi mirabolanti. Una manna».
Quanti film ha fatto?
«Circa centocinquanta».
Ed è diventato ricco?
«Cambiavo macchina ogni tre mesi. E donne».
Era la spalla delle dottoresse, delle insegnanti.
«Ho lavorato con le principali sex symbol degli anni Settanta».
Com’era Edwige Fenech?
«Una sorella. Veniva con noi in mensa. Aveva un bimbo piccolo, Edwin, che mangiava solo perché io lo facevo ridere. Da grande è diventato un produttore, purtroppo non mi ha mai chiamato».
Ma chi li vedeva quei film?
«Il popolo! Soprattutto comitive di ragazzetti. L’élite invece ci disprezzava».
Si stupisce?
«Be’, oggi invece in tanti anche delle classi colte li guardano volentieri quando passano in tv. Erano prodotti con tempi comici ben fatti. Piacciono molto ai preti».
Oggi non sarebbero politicamente scorretti?
«Erano una presa in giro del maschio italiano. Tutto casa e famiglia in apparenza, e fuori invece gran peccatore».
Erano anni di forte impegno.
«Lo so bene. Io sono di sinistra, all’epoca votavo Pci».
Alvaro Vitali comunista?
«Sì, la mia famiglia votava Pci. Ho più volte attaccato i manifesti, giravo con l’auto con l’altoparlante sul tetto e davo gli annunci: “Stasera parlerà l’onorevole Pajetta!”».
In molti si sorprenderanno.
«Avevo uno zio, Franco Vitali, che lavorava a Botteghe Oscure. Ma il Pci non mi ha mai invitato una sola volta alla festa dell’Unità: a me piaceva andarci, ci sono sempre andato da privato».
Oggi vota Pd?
«No, per me il Pd è la Dc. Mi sono astenuto. Quando tornerà la vera sinistra tornerò al seggio».
È famoso più per i film di Pierino o per le commedie sexy?
«Non so.Pierino contro tuttifrantumò i record d’incassi. Era il 1981. E io avevo 31 anni».
E viveva ancora con la nonna.
«Sì, sì. Viziato eh?» (Ride) Quanto era famoso?
«Non potevo entrare in un ristorante».
E poi a un certo punto lei è scomparso.
«Sì, il telefono ha smesso di squillare».
Quando è successo?
«PerPaulo Roberto Cotechino centravanti di sfondamento, nel 1983, presi cento milioni di lire di anticipo, ma il film incassò meno rispetto alle attese. Uscii di scena».
Un filone si era esaurito.
«Non è vero. In quegli anni partì quello dei cinepanettoni. Potevo entrarci. Invece niente. Nessuno mi ha fatto più lavorare».
È vero che ha sofferto di depressione?
«Sì. Non volevo più vedere nessuno. Non rispondevo più nemmeno al telefono».
Ora che cosa fa esattamente?
«Spettacoli, nei teatri, soprattutto al Sud».
Ha un’ultima ambizione?
«Vorrei fare un ultimo film, per fargliela vedere a chi non ha più creduto in me. Solo questo».