la Repubblica, 10 gennaio 2023
I fascisti sono fascisti
«I fascisti son fascisti», diceva sempre il mio vecchio amico Sergio, la cui anima vaga libera e serena tra i canneti del fiume Mincio.
Lui lo diceva in mantovano (non saprei come trascriverlo) ma è una frase di significato universale. Mi è tornata in mente vedendo i bolsonarini all’assalto della democrazia brasiliana, mi tornò in mente quando i trumpisti violarono il Congresso e quando i fascisti nostrani stuprarono la Cgil, mi torna in mente leggendo certi titoli di giornali di destra che danno forma grafica alle spedizioni punitive.
I fascisti son fascisti, ecco tutto. Poi ci sono i necessari distinguo, le ovvie varianti storiche e geografiche, le sfumature che molto influiscono sul quadro d’assieme. Ma al fondo la questione rimane una sola, ed è che la ragione sociale dell’estrema destra, il suo Dna storico e culturale, è l’odio per la democrazia.
Fa bene ricordare, almeno ogni tanto, che “odio per la democrazia” non è un concetto formale, o solamente ideologico. Significa odiare la libertà degli altri e cercare di impedirla con ogni mezzo. E gli altri non sono solo Biden e Lula: sono milioni di persone.
In Sudamerica questo odio personale ha preso forme atroci (e molto dimenticate) con le dittature militari, che sono state la culla politica ed emotiva di Bolsonaro.
Oppositori uccisi e fatti sparire a migliaia, torturati e gettati dagli aerei, i loro figli rapiti e assegnati a famiglie “per bene”, elezioni ribaltate con la violenza (Pinochet), indios trattati da sottuomini in buona sinergia con chi vuole sfruttare i loro territori, bande paramilitari che fanno il lavoro sporco per conto dei loro capi in giacca e cravatta. Il solo sentimento del tutto inopportuno, di fronte alla giornata brasiliana appena trascorsa, è la meraviglia.