Corriere della Sera, 10 gennaio 2023
Intervista a Ezio Greggio
Mentre ripercorre gli scherzi che ha fatto assieme agli amici di tutta una vita, Ezio Greggio non riesce a non ridere. Come quella volta che, dopo uno spettacolo, si è finto un cameriere con Gianfranco D’Angelo, nel ristorante di un amico comune: «Ci siamo messi le giacche e camuffati un po’, poi abbiamo iniziato a fare ogni cosa ci venisse in mente: ci avvicinavamo ai clienti e assaggiavamo quello che stavano mangiando. Aggiungevamo del sale, bevevamo il loro vino... alcuni ridevano, altri se la prendevano da morire».
Ma sono i rischi che corre chi, come lui, non si stanca di divertirsi. Lo racconta nell’autobiografia che esce oggi, N°1 – Una vita di avventure, incontri, scherzi e risate, edita da Solferino. «Non ho detto proprio tutto altrimenti sarebbe stata l’Enciclopedia Britannica, ma ho voluto raccontare una parte del mio viaggio professionale: gli aneddoti più divertenti, i personaggi che ho incontrato e con cui mi sono fatto un sacco di risate».
Il dietro le quinte di una carriera scritta nel destino: è nato nel 1954, anno dell’arrivo della tv in Italia.
«Io so che da subito ero concentrato nel voler fare questo mestiere. Da ragazzo, appena avevo un attimo andavo a teatro a vedere Gino Cervi, Alberto Lupo, chi c’era c’era: passavo dal teatro più impegnato a quello leggero. A Biella poi c’era un locale che faceva cabaret: su quel palco volevo salirci anche io».
Ci è riuscito: conta più il talento o la fortuna?
«È un po’ come nel calcio: se sei un pezzo di legno è difficile emergere. Io avevo la fortuna di avere occhio e orecchio: andavo a vedere le prove a teatro di Peppino De Filippo e per me valeva come fare venti università. E, ancora come nel calcio, se giochi con quelli forti diventi più bravo anche tu».
I Vanzina
Il film «Yuppies» fece il botto ma venne criticato: ora è un cult Per Enrico io ci sarò sempre
Bisogna anche guardare le cose dalla giusta prospettiva.
«Certo, se sei arrabbiato nero è difficile far ridere. Ogni cosa si può leggere con una chiave ironica. E cerco persone che la vedano così. Con Enzo (Iacchetti, ndr), per dire, ci guardiamo in faccia e ridiamo, senza sapere perché».
Anche lui è stato vittima dei suoi scherzi.
«A una cena di lavoro ho assoldato un’attrice perché si fingesse davanti a tutti una sua ex fidanzata...».
Nel libro ricorda D’Angelo con grande affetto.
Ogni cosa si può leggere con una chiave ironica Con Enzo Iacchetti, per dire, ci guardiamo in faccia e ridiamo, senza sapere perché
«La nostra è stata un’amicizia irripetibile. Non sarebbe giusto, però, far prevalere la nostalgia. Mi piace celebrare il gran bel ricordo che ho di lui. Quando ci si sente tristi il mio consiglio è sempre di andare in cerca di qualcosa che strappi un sorriso. Spero possa farlo anche il mio libro».
Con Monicelli ha fondato il Festival della Commedia di Montecarlo.
«Eravamo convinti che la commedia fosse snobbata dai critici. Quando dissi a Mario che Ranieri e Alberto di Monaco avevano approvato la nostra idea si commosse. Ogni volta che veniva al Festival lo premiavo. Lui mi diceva: “Ma mi hai già premiato l’anno scorso”. “Sì, ma non basta mai”, rispondevo».
I suoi film, oggi rivalutati, hanno avuto forti critiche.
«Penso a Yuppies, che già all’uscita aveva fatto il botto ma era stato criticato. Ora è un cult. Con Carlo e Enrico Vanzina c’è stato e c’è un legame fortissimo. Con Enrico dopo Lockdown all’italiana stiamo già pensando a cose nuove. Per lui ci sarò sempre».
Da ragazzo appena avevo un attimo andavo a vedere Gino Cervi, Alberto Lupo, chi c’era c’era: passavo dal teatro più impegnato a quello leggero
Un altro nome importante: Antonio Ricci.
«Ormai ci capiamo al volo. Durante la diretta mi dice una mezza parola e so cosa ha in mente. Striscia continua ad essere amatissima e mi ha fatto conoscere tanti grandi».
Anche Vittorio Gassman.
«Prima di andare in studio convocò me e Enzo in camerino. Noi ci inginocchiammo e lui, con la sua voce unica, ci disse: “Sia ben chiara una cosa, non cominciate a prendermi per il culo”. Il mio modo di chiamare le veline è un omaggio a lui: in puntata chiese di poterlo fare, enfatizzando la gassmanata. Ci definì i suoi eredi in un’intervista: conserviamo ancora il ritaglio».