Corriere della Sera, 10 gennaio 2023
Ritrato di Ana Montes. La spia è stata liberata
Venerdì. Fort Worth, Texas. La «regina di Cuba» è uscita dalla prigione dove è rimasta rinchiusa dal 2001. Lunga pena per una donna accusata di aver tradito il suo Paese, gli Stati Uniti, e la sua famiglia.
Ana Montes, questo il suo nome, ha spiato dall’interno l’intelligence militare Usa dove ricopriva incarichi importanti passando informazioni all’Avana. Decisa e beffarda. Nel suo ufficio alla Dia aveva appeso un foglio con un testo tratto dall’Enrico V di Shakespeare: «Il re è informato di ogni loro intenzione: non se lo sognano nemmeno quello che lui ha intercettato».
Infatti per oltre 16 anni ha fregato tutti, ha superato la macchina della verità (stringendo l’ano per poter mentire senza farsi scoprire), ha ingannato il fratello Tito e la sorella Lucy, entrambi nell’Fbi. L’interprete di una lunga missione frutto di una scelta ideologica ma anche di traversie personali.
Ana, origine portoricana, è nata nel 1957 in una base statunitense in Germania, ha un rapporto conflittuale con il padre Alberto, medico militare dai comportamenti aggressivi. È probabile che la ragazza provi risentimento non solo per l’uomo ma per ciò che rappresenta.
La divisa, gli «yankee», la superpotenza. Guai familiari che progressivamente si saldano con le sue posizioni politiche. Detesta la strategia di Washington in America Latina, è contraria al blocco verso l’isola castrista. Una ex compagna di scuola dirà al Washington Post: non voleva essere una cittadina americana.
La Montes è la candidata perfetta per i reclutatori cubani che dragano gli ambienti studenteschi di Washington. Ed è così che la notano – su segnalazione di una fonte – quando frequenta un corso alla Johns Hopkins. È il 1984, l’inizio della storia.
All’epoca Ana è dipendente del dipartimento di Giustizia, partita come dattilografa cresce di ruolo, ha accesso a carte riservate. I castristi la guidano attraverso una loro agente, amica e confidente. L’anno dopo organizzano un viaggio in segreto a Cuba, con tanto di parrucca, itinerario di copertura verso l’Europa e corso rapido d’addestramento.
Nemica giurata
Un’ex compagna di scuola: non voleva essere cittadina Usa
Non si è mai pentita
Arriva il salto successivo, l’ingresso al dipartimento della Difesa, dove viene assunta nonostante una segnalazione che ne sottolineava le posizioni. Una crescita inarrestabile che la trasforma in una delle funzionarie più ascoltate quando si deve affrontare il tema Cuba.
Disciplinata, non porta via nulla ma impara tutto a memoria, poi una volta nel suo appartamento copia su un floppy disk che consegna ai suoi «gestori» in incontri nei ristoranti, preferenza per quelli cinesi. Gli ordini le arrivano attraverso i numeri in codice trasmessi sulle onde corte.
Sobria, senza trucco, nessuna ostentazione, Ana sacrifica la vita privata alla causa, non riceverà ricompense in denaro, tranne la copertura della retta del master. I cubani le procurano un amante d’ufficio, un Romeo. Love story posticcia che evapora subito. Dura poco la relazione con un investigatore del dipartimento di Stato, ignaro di andare a letto con una spia.
La solitudine le pesa, è sfiorata dalla paranoia, per un certo periodo mangia solo patate, tuttavia non cede. I colleghi l’hanno soprannominata «l’altra», però ne rispettano la competenza. Infatti la chiamano per i briefing, il direttore della Cia le consegnerà personalmente un encomio e Ana avrebbe fatto ancora carriera se non l’avessero fermata. Sarebbe passata proprio all’agenzia per occuparsi della lotta ad al Qaeda.
Invece la scoprono grazie a una dritta indiretta della Nsa, alla convinzione della presenza di una talpa, a indagini parallele sul network cubano. Dati nuovi che confermano le vecchie intuizioni di un inquirente che, anni prima, aveva maturato più che un sospetto su di lei.
Troveranno materiale compromettente, avranno le prove per giustificarne l’arresto il 21 settembre 2001. Ha provocato danni immensi, la condannano a 25 anni. Adesso il rilascio anticipato per buona condotta anche se non si è mai pentita: Ana era convinta di essere nel giusto.