Corriere della Sera, 10 gennaio 2023
Gli ultimi giorni di Sassoli (che si perdeva nei corridoi per salutare uscieri e prendere un caffè con gli addetti delle pulizie)
Lorenzo Mannelli lei a Bruxelles è stato il capo di gabinetto di David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, scomparso un anno fa...
«Ho avuto la fortuna di essergli anche amico».
Cosa ricorda di più di lui?
«Il sorriso. Poi era il mio assillo per il rispetto degli orari. Dal suo ufficio di presidenza alla sala delle riunioni ci volevano cinque minuti scarsi. Lui ci metteva sempre almeno il triplo del tempo».
Perché?
«Si fermava nei corridoi a salutare tutti. Ma proprio tutti. Uscieri e persone delle pulizie non credo avessero mai parlato prima con un presidente. Lui invitava tutti a prendere un caffè».
Qualche ricordo nel suo ruolo istituzionale?
«Era preciso e preparatissimo. Controllava ogni dettaglio, non lasciava nulla al caso. Poi la sua empatia gli era particolarmente utile anche nei colloqui di lavoro».
In che modo?
«Beh, per esempio in un bilaterale è riuscito a far sciogliere anche Angela Merkel».
Avete lavorato insieme due anni e mezzo, giusto?
«Sì. Lui è stato eletto il 3 luglio del 2019, se ne è andato l’11 gennaio 2022. Ma ha lavorato fino all’ultimo. Fino all’ultimo minuto è stato presidente al cento per cento».
Fino a quando ha lavorato?
«Io l’ultima volta che l’ho sentito al telefono è stato il 9 gennaio. Si parlava ancora di lavoro. Un paio di settimane prima gli avevo prospettato di delegare le sue funzioni. Non ha voluto».
Quando si era ammalato?
«La prima volta il 13 settembre 2021, a Strasburgo ha avuto una polmonite. È stato ricoverato. Poi è tornato i primi di dicembre. Difficile dimenticare l’esperienza che ho avuto con lui: indimenticabile. Anche perché abbiamo vissuto insieme il lockdown».
Come è andata?
«David ha voluto trasformare la sua casa nell’ufficio che aveva al Parlamento».
E cosa aveva fatto?
«Nel salotto era stato montato praticamente un set televisivo, con le luci permanenti. Pochissime telecamere erano autorizzate a venire per girare i filmati ufficiali. Poi..».
Poi?
«Visto che eravamo sempre insieme in casa mangiavamo anche insieme. Cucinava lui, gli piaceva».
Cosa cucinava?
«Un po’ di tutto. Ma la sua specialità era il coniglio all’ischitana. Era speciale e speciale quel tempo che abbiamo passato insieme».
Cosa ricorda dei suoi ultimi giorni?
«L’ultima volta che l’ho visto di persona è stato il 30 dicembre. Lui in ospedale era circondato dalla sua famiglia, i suoi amici. Un afflato sulla sua vita. Non l’ho mai sentito lamentarsi. Anche se sapevo che soffriva di dolori atroci. Aveva crisi ogni giorno. Se li faceva passare poi riprendeva».
Lavorava dall’ospedale?
«Sì. Organizzava tutto per telefono. Abbiamo parlato con meticolosità della riunione che ci sarebbe stata il 17 gennaio, quella che avrebbe dovuto eleggere il suo successore. Era molto lucido, dava indicazioni precise. Fino a qualche giorno prima aveva sperato di poterci partecipare».
Di cos’altro avete parlato?
«Lui si informava e si preoccupava per tutti quelli del suo staff».
Fino al 9 gennaio...a
«Sì. David era lucido. Mi ha detto: “Sai? Non ho paura. Ho fiducia in Dio e nella scienza”».