Il Messaggero, 10 gennaio 2023
Kevin Spacey torna a recitare. Intervista
«Ci è voluto coraggio per scritturarmi, mentre molti altri hanno avuto paura. E per questo sarò sempre grato a Franco Nero». Kevin Spacey racconta in esclusiva al Messaggero la sua rinascita avvenuta grazie a un film italiano, girato a Torino: L’uomo che disegnò Dio, diretto appunto da Nero. Il grande attore americano, 63 anni, due Oscar e una carriera leggendaria, camaleontica, parla per la prima volta dopo cinque anni. Anni lunghi una vita in cui, travolto dalla furia giustizialista del movimento #MeToo con le sue denunce a scoppio ritardato, è finito sotto processo per molestie sessuali ed è stato messo al bando da Hollywood. Ridley Scott arrivò a cancellarlo da Tutti i soldi del mondo a riprese già finite e rigirò il film da zero con Christopher Plummer. Spacey venne cacciato anche da House of Cards in cui faceva il diabolico presidente Usa Frank Underwood, un ruolo monumentale, scolpito nella memoria collettiva, ma senza di lui la serie perse molto appeal. Ora l’ostracismo è finito. L’uomo che disegnò Dio ha riportato l’attore al cinema e gli ha dato la forza di ricominciare: mentre Kevin, che si è sempre proclamato innocente, è stato prosciolto dalle accuse più importanti, all’orizzonte ci sono 3 o 4 film, tra cui Once upon a Time in Croatia sul presidente croato Franjo Tudjman, Peter Five Eight, Control. Spacey, che lunedi 16 terrà una masterclass al Museo del Cinema di Torino, ci ha raccontato dall’America le sue emozioni e i suoi progetti.
L’uomo che disegnò Dio, prodotto da Louis Nero in collaborazione con RaiCinema (executive producer Zeno Pisani) è stato venduto in tutto il mondo e uscirà nelle sale a febbraio, preceduto da un’anteprima a Roma il 18 gennaio. Nel cast anche l’attrice premio Oscar Faye Dunaway, Massimo Ranieri, Stefania Rocca. Accanto a Nero che fa un professore non vedente, Spacey interpreta un commissario che arresta un presunto molestatore e poi lo scarcera perché innocente: un ruolo piccolo ma significativo in cui basta uno sguardo a rivelare l’immenso talento del protagonista di I soliti sospetti e American Beauty.
Perché ha scelto di tornare al cinema proprio con questo film?
«Come tutti gli attori, vado dov’è il lavoro. Ma a dire la verità è stata la decisione di Franco Nero di scritturare proprio me a farmi accettare la proposta. Ha avuto coraggio, mentre tanti altri hanno avuto paura. La mia gratitudine per lui sarà per sempre».
Non le dispiaceva non essere il protagonista?
«La parte era piccola, ma l’invito aveva un grande significato. Ho detto di sì non tanto al ruolo che avrei interpretato sullo schermo quanto al ruolo che Franco stava giocando nella mia vita».
Che emozioni ha provato nel tornare sul set dopo tanto tempo e tante vicissitudini che hanno segnato la sua vita?
«Sono stato felicissimo di unirmi a un gruppo di colleghi attori per essere al servizio di Nero e della storia che voleva raccontare. Franco ha un grande senso dell’umorismo e ha creato sul set un’atmosfera aperta e creativa. È un grande narratore e ha condiviso con noi le sue numerose esperienze nel cinema. Ho avuto il privilegio di ascoltarlo e diventare suo grande amico».
E con gli altri com’è andata?
«Sono stato accolto a braccia aperte dal cast e dalla troupe che si sono rivelati collaborativi e gentili. Mi sono sentito valorizzato e apprezzato. E ho avuto il piacere di farmi degli amici come Robert Davi, magnifico attore e uomo divertentissimo».
Che rapporto la lega all’Italia?
«Adoro il vostro Paese. Ho avuto la fortuna di passare del tempo in Umbria, a Portofino, Roma, Milano, Capri. In Italia ho molti amici e ho girato 5 film, di cui 3 a Roma, quest’ultimo a Torino e un altro a Ravello, quello su Gore Vidal (non ancora uscito, ndr). La storia, l’architettura, il cibo, le risate, gli amici mi hanno sempre fatto sentire la permanenza in Italia come un caldo abbraccio. Non posso dimenticare il Riccardo III che rappresentai a Napoli, davanti al pubblico più appassionato che abbia incontrato nei 7 mesi di tournée in giro per il mondo».
E adesso che progetti ha?
«Stanno succedendo tante di quelle cose che è difficile pianificare. Un tempo avevo un programma del tutto diverso e decidevo le opportunità su tutta la linea. Ma ora il lavoro più importante che voglio fare non riguarda la recitazione».
Cosa intende?
«Riguarda me stesso e gli altri. Ogni giorno rappresenta un’opportunità di fare meglio, far ridere qualcuno per contribuire a rendere buona la sua giornata. E in passato non mi sono concentrato come avrei potuto su questo aspetto. Come molti attori ho guardato troppo a me stesso».
Cosa le hanno insegnato gli ultimi anni, cosa si ripropone per il futuro?
«Voglio impegnarmi ancora di più per continuare ad imparare, per crescere e non rimanere statico. E vivere la mia vita in modo più aperto e autentico di quanto abbia fatto per tutti gli anni in cui mi sono protetto così ferocemente».