Il Messaggero, 10 gennaio 2023
Il buco dell’ozono si chiuderà entro il 2040
Si restringe il buco dell’ozono, ovvero il varco in quello strato gassoso che ci protegge dai raggi ultravioletti Uv-B del Sole che possono causare numerosi tumori e favorire il riscaldamento globale.
Di più: l’incubo scoperto negli anni Ottanta potrebbe ridimensionarsi e persino sparire entro il 2040 per gran parte degli abitanti della Terra, entro il 2045 per il Polo Nord ed entro il 2066 per il Polo Nord, la zona più scoperta del pianeta come evidenziato dalle rilevazioni dei satelliti quali gli europei Sentinel della costellazione Copernicus.
La buona notizia, lanciata dall’Onu, è doppia: le ferite all’ozonosfera, perforata dall’attività dell’uomo, si stanno rimarginando grazie agli accordi degli stessi uomini. Un ravvedimento operoso dell’Umanità: il protocollo di Montreal del 1989. Dopo l’allarme di una quarantina di anni fa, lo spessore dello strato di ozono è migliorato costantemente grazie all’ accordo internazionale che ha contribuito a eliminare il 99% delle sostanze chimiche come i clorofluorocarburi (Cfc) utilizzati come solventi e refrigeranti, insomma, per far funzionare i frigoriferi.
Sostanze incluse nei gas serra il cui uso avrebbe innalzato le temperature globali di un grado centigrado entro la metà del secolo, peggiorando una situazione già devastante. «L’azione sull’ozono costituisce un precedente per l’azione sul clima – ha detto Petteri Taalas, segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, che ieri ha presentato il rapporto quadriennale – Il nostro successo nell’eliminare gradualmente le sostanze chimiche che consumano ozono ci mostra cosa si può e si deve fare con urgenza per abbandonare i combustibili fossili, ridurre i gas serra e quindi limitare l’aumento della temperatura».
A differenza di altri temi legati all’inquinamento e al riscaldamento globale, la risposta alla lotta contro l’uso dei Cfc è stata generale, il che porta a considerare che l’accordo di Montreal «dovrebbe essere considerato il trattato ambientale di maggior successo nella storia, un incoraggiamento affinché i Paesi del mondo possano riunirsi e decidere un risultato e agire di conseguenza», ha spiegato David Fahey, uno scienziato della National Oceanic and Atmospheric Administration, autore principale della nuova valutazione.
Ma possiamo fidarci di questo annuncio? Non ci siamo abituati a dati elastici sul buco, sui buchi, dell’ozono che si allargano e si restringono sui Poli e sullo strato che altrove si assottiglia o si rinforza da una stagione all’altra?
In realtà i progressi non sono sempre stati lineari: nel 2018 gli scienziati hanno rilevato un aumento dell’uso di Cfc rintracciato in Cina e infine risolto. Nel frattempo, la sostituzione dei Cfc con un altro gruppo di prodotti chimici industriali, gli idrofluorocarburi (Hfc), è stata problematica in quanto gli Hfc sono a loro volta gas serra, e quindi è stato necessario un ulteriore accordo internazionale, raggiunto da 197 Paesi a Kigali nel 2017, per frenarne l’uso.
Un’altra dimostrazione che l’equipaggio dell’astronave Terra – l’unica che abbiamo – può raggiungere obbiettivi vitali se non si divide.