Fabrizio Roncone per "Sette – Corriere della Sera”, 9 gennaio 2023
ELOGIO DI DANIELA SANTANCHÈ BY RONCONE: “HA UN SORRISO NON PIÙ PERFIDO MA PORCELLANATO - È ANCHE UNA DONNA SPREGIUDICATA, CINICA, DOTATA DI ASTUZIA EFFERATA, FREQUENTATRICE DEL LUSSO PIÙ KITSCH MA A ME STA SIMPATICA - INCASSATRICE LEGGENDARIA, STREPITOSA NELLA GESTIONE DEL SUO PERSONAGGIO: CARRIERA POLITICA FUNAMBOLICA, QUELLA IMPRENDITORIALE COMPLESSA. PER EVITARE CONFLITTI D’’INTERESSE, COSTRETTA PURE A CEDERE QUOTE DEL TWIGA, LO STABILIMENTO PER RICCHI CHE POSSIEDE IN SOCIETÀ CON FLAVIO BRIATORE. POI PERÒ HA DETTO CHE…” -
A una cena, sere fa, ho detto che Daniela Santanchè mi sta molto simpatica. È sceso il gelo. Poi, la più spiritosa della compagnia (architetta con studio a Barcellona, buddista, campionessa di bridge, padre americano: ma non ha alcuna intenzione di candidarsi alla segreteria del Pd) ha detto: «Questa è pura perversione politica».
Può darsi, però lo penso. E comunque non ho detto che la Santanchè ricorda Nilde Jotti. O Tina Anselmi. Ho detto che mi sta simpatica. Poi possiamo ovviamente aggiungere che l’attuale ministra del Turismo è anche una donna spregiudicata, cinica, dotata di astuzia efferata, frequentatrice del lusso più kitsch.
Una volta mi chiama sul cellulare: «Salve: posso dirle una cosa?». Si, certo. «Ecco: io penso che lei non sia un incapace, ma un incapace al cubo». Non le garbava un articolo che avevo scritto su di lei. La faccenda, però, si chiuse lì. Incassatrice leggendaria, strepitosa nella gestione del suo personaggio: cinque volte in Parlamento come deputata e senatrice tra An, Pdl, FI, FdI, con deviazioni nella Destra e nel Movimento per l’Italia; e poi pure sottosegretario alla Presidenza nel quarto governo Berlusconi.
Perché lei, prima di diventare una colonna meloniana, al punto di meritarsi un ministero, è stata protagonista assoluta (capolavoro, no?) delle ultime giornate di Palazzo Grazioli: Santanchè, Denis Verdini, Daniele Capezzone (erano i tempi in cui Danielone veniva aggredito da Dudù, il barboncino della Pascale, all’epoca fidanzata e promessa sposa del capo).
Giuliano Ferrara la soprannominò Pitonessa”. Molti capirono fischio per fiasco. «Guardate che la pitonessa» spiegò allora Santanché «non è la moglie del pitone, ma Pizia, detta appunto la Pitonessa, la sacerdotessa che, nel mondo greco, pronunciava gli oracoli in nome di Apollo. Da intendersi, qui, come Silvio».
Carriera politica funambolica, quella imprenditoriale complessa. Per evitare conflitti d’’interesse, costretta pure a cedere quote del Twiga, lo stabilimento per ricchi che possiede in società con Flavio Briatore. Poi però ha detto che le spiagge libere, «piene di rifiuti e tossicodipendenti», devono essere assegnate ai privati. L’ha detto con quel suo sorriso non più perfido ma porcellanato, ormai d’una trentenne (però dalla voce si capiva che era proprio lei).