il Giornale, 9 gennaio 2023
Faida nella famiglia reale del Qatar per un diamante blu
Il più grande diamante blu tagliato del mondo: 70,21 carati di luminescenze irrequiete che abbracciano tutte le tonalità del blu, che guizzano al cambiare della luce che lo attraversa. È conosciuto come Idol’s Eye, l’occhio dell’idolo, ed è al centro di una battaglia legale tra membri della famiglia reale qatariota al-Thani, combattuta nella aule giudiziarie dell’Alta Corte di Londra per assicurarsene la proprietà. La pietra è attualmente della Elanus Holdings Limited, società di diritto inglese con sede nell’isola di Guernsey e controllata dagli eredi del defunto sceicco Saud bin Mohammed al-Thani, mercante d’arte che fino alla morte nel 2014, all’età di 48 anni, si è prodigato per mettere insieme il ricco patrimonio d’arte del Qatar. La causa contro Elanus è stata intentata da Qipco, conglomerato societario che a sua volta risponde a un altro membro della famiglia reale qatariota, lo sceicco Hamad bin Abdullah al-Thani, figlio di un ex primo ministro del Paese e cugino dell’attuale emiro regnante, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani. Lo stesso Hamad bin Abdullah è molto attivo nel mercato dell’arte, avido collezionista di gioielli Mughal. Al centro della questione vi è un accordo del 2014 tra le due società secondo il quale il diamante è stato ceduto in prestito per 20 anni a Qipco che vanta anche il diritto di prelazione nel caso Elanus decida di vendere la pietra. Secondo Qipco, nel febbraio del 2020 l’avvocato svizzero Dieter Neupert, agendo per conto della Fondazione Al-Thani che controlla Elanus, avrebbe notificato a Qipco la volontà di Elanus di vendere. Salvo poi inviare un’email il mese successivo per comunicare la decisione della proprietà di tornare sui propri passi, adducendo condizioni avverse a seguito dello scoppio della pandemia di Covid. Secondo quanto riportato dal Financial Times Qipco sostiene che la vendita debba procedere in ogni caso, su una base di prezzo di almeno 10 milioni di dollari, nel rispetto di quanto pattuito nell’accordo del 2014. Lo sceicco Hamad bin Abdullah non è nuovo ad azioni legali su opere d’arte contese: lo scorso novembre, la sua Qipco ha vinto una causa da 4 milioni di sterline contro il mercante d’arte britannico John Eskenazi, accusato di aver venduto opere d’arte false. L’Alta corte ha ordinato a Eskenazi di risarcire la Qipco, ma ha archiviato l’accusa di frode. L’Idol’s Eye si trova incastonato in una collana del XVI-XVII secolo, circondato da piccoli brillanti. Le origini della pietra, incerte, parrebbero condurre all’India centro-meridionale, a Golconda, dove sarebbe stata scoperta nel 1600. Il primo documento ufficiale che la riguarda è di una vendita all’asta presso Christie’s nel 1865 a Londra. Passato di mano molte volte, il diamante fu posseduto anche dall’ultimo sultano ottomano, Abdul Hamid II, che cercò di farlo uscire dal Paese nel 1909 a seguito della sua deposizione da parte dei Giovani Turchi. I suoi collaboratori, tuttavia, lo avrebbero dirottato e messo all’asta a Parigi. Ora il diamante si trova al centro dell’ennesima diatriba per il potere. L’arte e lo sport sono diventati armi di primaria importanza nella strategia qatariota di affermazione mondiale, un modo attraverso cui reinvestire gli enormi guadagni ottenuti dalle sconfinate riserve di idrocarburi e acquisire prestigio e influenza politica sulla scena internazionale. Lo stesso campo di battaglia che caratterizza ora lo scontro interno alla famiglia al-Thani.