La Stampa, 9 gennaio 2023
Cosa sta facendo Salvini
Un nuovo Salvini si aggira per l’Italia: parla poco e lascia il palcoscenico a Giorgia Meloni in attesa che il vento cambi, per lui e per lei. Fa il vicepremier, ma non vuole fare il parafulmine del governo e tenta di uscire dall’angolo nel quale è finito dopo la batosta del 25 settembre. Per invertire un declino che pare inesorabile il leader della Lega si è messo un caschetto e ha acceso la luce.
Non c’è cantiere che non lo abbia ospitato, non c’è progetto che non sia stato supervisionato e poi tunnel, ponti, varianti, tangenziali e raccordi. Il Salvini del governo Meloni sembra quasi un ministro tecnico, ma il fine è tutto politico. Un piccolo estratto dell’agenda degli ultimi giorni del segretario del Carroccio rende l’idea: venerdì era nel tunnel di Cretaccio, in Trentino, sabato alla variante della statale 9 di Casalpusterlengo, ieri sotto la pioggia del lago di Como assisteva all’avanzamento dei lavori della variante Tremezzina della statale 340. Si potrebbe continuare a lungo, ma il senso è chiaro: il vicepremier ha cambiato profilo, lascia il palcoscenico politico a Meloni e lui si occupa di cose pratiche.
A Roma qualcuno lo prende in giro, «si è perso nei cantieri», ma dietro c’è una strategia. L’obiettivo che Salvini si è posto in questi mesi, sopralluogo dopo sopralluogo, è rifarsi un’immagine. Il classico “uomo del fare” invece che il leader onnipresente e verboso. Meglio gli incontri con gli amministratori locali che le dirette Facebook a parlare dell’universo mondo. Una strategia che mira a recuperare i consensi persi, specie al Nord, anche in vista delle regionali in Lombardia, si vota fra un mese, dove la Lega si gioca tantissimo e la leadership, lì più che altrove, traballa. Ai suoi dirigenti è arrivato un ordine: «Facciamo campagna elettorale solo sulle cose concrete». Nel Lazio, altra Regione alle urne, gli appuntamenti fissati per ora sono mirati a progetti come la Roma-Latina o il porto di Civitavecchia.
Anche sui suoi cavalli di battaglia gli interventi sono misurati, a modo suo discreti. L’immigrazione è tornata d’attualità, ma nemmeno gli sbarchi e la lotta alle Ong gli hanno fatto cambiare idea. Il varo del decreto sicurezza, un tempo sarebbero stata l’occasione di comizi social, apparizioni tv e interviste roboanti. E invece il vicepremier ha evitato la prima linea, una dichiarazione di soddisfazione e nulla in più. La dieta mediatica del nuovo Salvini è ferrea: zero interviste sui giornali, niente talk show (a parte Porta a Porta e le trasmissioni di Rete 4 all’inizio del mandato e poi stop), solo qualche intervento sulle radio, ma sempre legati ai temi del suo ministero. Quando, come ieri, è intervenuto sugli scontri tra gli ultrà e i presunti “speculatori” del prezzo della benzina, lo ha fatto per difendere gli automobilisti bloccati in autostrada o quelli costretti a fare i conti con gli aumenti, insomma «parlo da ministro».
La decisione di defilarsi dalla ribalta si spiega anche con una convinzione, assai diffusa tra i leghisti: Meloni fino adesso ha avuto un compito relativamente facile, con una manovra da varare in fretta senza margini di iniziativa. Ma da adesso in poi dovrà dimostrare di saper governare e il compito sarà arduo. La Lega non vuole sabotare, ci mancherebbe, ma nemmeno togliere le castagne dal fuoco al cerchio magico della premier, che viene dipinto in ambienti leghisti come troppo chiuso e persino arrogante nel portare avanti un’agenda di partito. Il Carroccio invece è convinto di possedere una cultura di governo che prima o poi si renderà necessaria.
I sondaggi indicano che c’è qualche speranza, l’irrilevanza politica si può evitare, ma Salvini deve ancora uscire dal tunnel. E non è quello di Cretaccio. —