la Repubblica, 9 gennaio 2023
La Ford Thunderbird coupé rosa di Buscaglione
Sono Freddie dal whisky facile, Son criticabile ma son fatto così Non credete, non sono un debole. M’han fatto abile, ma la guerra finì. Se c’è una cosa che mi fa tanto male è. L’acqua minerale! Miracolosa sarà, ma per piacere io. Non la posso bere!
Ferdinando Buscaglione, detto Fred (Torino 1921 – Roma 1960) era l’idolo della mia infanzia, anche perché si aggirava su di un’auto iperbolica e per noi italiani addirittura fantascientifica: la Ford Thunderbird coupé, modello 1959.
Uno dei suoi cavalli di battaglia era proprio la canzone appena citata, tipica del suo repertorio dedicato a quella che all’epoca si chiamava “ligera” o “leggera”, ovvero quella malavita del nord, periferica e minore, consanguinea agli apaches parigini nati dallo stesso disagio, e composta più che da delinquenti incalliti da disadattati che non erano riusciti a trovar posto nella crescita industriale del primo Novecento.
Fred Buscaglione ne fu ironico cantore inventandosi la chiave pop di malavitosi pronti a spendere in ballerine e superalcolici più di quanto riuscivano a sgraffignare in rapine, celebrandoli un canzoni dove l’elemento comico risultava un deterrente all’imitazione. Al contrario di quel che succederà 50 anni dopo col rap, sorta di chiamata alle armi e riscossa dei suburbi, trionfo dell’emulazione e del proselitismo criminali. Lo spartiacque tra vecchia e nuova mala è facile da trovare: l’arrivo delle droghe e del loro affermarsi come core business delle mafie di tutto il mondo.
Torniamo a Fred Buscaglione e all’irresistibile simpatia che lo rese celeberrimo perfino presso il pubblico infantile. Non c’era fanciullo nei tardi anni Cinquanta che non sapesse a memoria le sue canzoni; io stesso potrei cantarle tutte e in famiglia nessuno si scandalizzava per il bandito in gessato con sigaro in bocca e bicchierone in mano. Un mondo di gangster di periferia in salsa lombarda e milanese cantato anche da Ornella Vanoni, Giorgio Strehler, Enzo Jannacci – e celebrato nei libri dal Whisky facile sopra ogni cosa al mondo, forse il primo eroe dello spettacolo che, con Jerry Lewis, ci abbia toccato il cuore. Non solo ci aveva conquistato con i suoi banditi di cioccolato ma, quasi in modo schizofrenico, con due capolavori del romanticismo melodico come Guarda che luna e, insieme
all’inseparabile Leo Chiosso, I found my love in Portofino. Canzoni che ancora non appartenevano all’esperienza ma già promettevano a noi pulcini le estasi e le sofferenze a venire. Dunque non c’erano solo bulli e pupe nella vita di Buscaglione. Anche lui aveva pianto, anche lui aveva conosciuto la pena e la disillusione!
Gran parte del fascino di Buscaglione proveniva dalla dichiarata passione per gli Usa, per la suaway of life,le bellezze muliebri, le automobili sgargianti e fastose. Per me almeno era così e forse ero l’unico a non trovare orrenda la Ford Thunderbird del ’59 di colore rosa con cui è andato a sbattere. Il modello era l’evoluzione, lievitata come un soufflé, di un’auto nata, invece, agile e compatta, come le sportive europee che l’importatore Hoffmann aveva fatto conoscere creando un nuovo interessante mercato. La Chevrolet aveva cercato di occuparlo fin dal 1953 con la Corvette, la Ford ci riuscì nel 1954 con la T-Bird, motorizzata con un V8 4,4 litri da194 HP ben più poderoso del 6 cilindri 3,6 litri da 155 Cv della concorrente. Entrambe arriveranno fin quasi ai giorni nostri pompando i muscoli fino a farle diventare rettili ultra lussuosi e anabolizzati, perdendo però per strada l’originaria vocazione di sportive eleganti e simpatiche. La Thunderbird di Buscaglione, targata TO286788, era una seconda serie del 1959, diversa dal modello iniziale. La carrozzeria aveva guadagnato altri due posti, s’era però appesantita con inutili orpelli e il muso a quattro fari si caratterizzava dall’invadente paraurti con maschera del radiatore incorporata che la faceva assomigliare a un barracuda (forse era questa l’idea). Il motore era stato portato a 5.8 litri per 300 Cv (c’era addirittura una versione 7,0 da 375 Cv, non importata in Italia). Il colore era il Flamingo (codice Ford M1071) che qualcuno scrive Lilla, e in Italia costava un patrimonio fra acquisto, consumi, tasse e manutenzioni varie.
La fortuna di Buscaglione era quel momento all’apice e certamente i soldi non erano un problema: beniamino anche di televisione e caroselli aveva visto ingigantirsi la popolarità e i conseguenti ingaggi. Anche se un velo di malinconia traspariva dietro la voce rauca e l’aria scanzonata – i pettegoli alludevano al matrimonio in crisi- nulla sembrava minacciarne la carriera. La chiuse invece, e brutalmente, la macchina di cui andava tanto fiero.