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 2023  gennaio 09 Lunedì calendario

Intervista a Lino Guanciale

Adesso la star di casa è Pietro, un anno. «Non potrebbe essere altrimenti», spiega Lino Guanciale, «non ce n’è per nessuno. Finché non hai un figlio, non sai come ti cambia la vita. Ho 43 anni, età quasi veneranda, e lo diciamo con mia moglie: non ci ricordiamo più come fosse la vita prima senza di lui».
L’attore da mercoledì è protagonista su Rai 2 della serieLa porta rossa 3di Gianpolo Tescari, ultima stagione della saga in cui interpreta il commissario Leonardo Cagliostro (nel cast Gabriella Pession); dal 27 febbraio arriva su Rai 1Il commissario Ricciardi 2,su Sky andrà in ondaUn’estate fadi Davide Marengo, di cui è protagonista con Filippo Scotti, giallo ambientato negli anni Novanta. A primavera lo aspetta il grande amore, il teatro: la ripresa diL’uomo più crudele del mondo, con Francesco Montanari.
Guanciale, quanto è legato alle radici?
«Tanto. Sono profonde, ho bisogno di tornare a casa per poi ripartire.
Natale in Abruzzo dai miei, Capodanno in Puglia dai genitori di mia moglie. Sono di quelli che ha bisogno di sapere da dove viene».
È diventato uno degli attori più popolari e amati della fiction, ma è cresciuto a teatro: cosa ha capito?
«Sono dieci anni tondi che lavoro. Per me, che faccio parte di una leva di teatranti impegnati anche nella ricerca, riflettere su cosa significhi “popolare” mi è sempre sembrato importante: capire quali sono le aspettative, i desideri, le fantasie del pubblico, anche di estrazioni e gusti diversi, è fondamentale. I miei maestri pensavano che il pubblico dovesse fare un passo verso l’artista.
Invece è l’artista che deve fare un passo verso il pubblico, la gente non va mai sottovalutata».
"La porta rossa” è stato innovativo, un mystery: questa sarà l’ultima stagione.
«Ha incuriosito il pubblico con un linguaggio nuovo, Cagliostro era rimasto in sospeso: chi lo ha amato non resterà deluso».
Anche “Il commissario Ricciardi”, dai romanzi di Maurizio De Giovanni, era una scommessa ambiziosa. L’ha colpita la reazione entusiasta del pubblico?
«È un prodotto raffinato, elegante, con un’ambientazione perfetta.
Ricciardi è un uomo dall’empatia forte, che si esprime con gli occhi. È la storia di un’educazione sentimentale: rendere l’universo emotivo non era scontato. La versione televisiva ha abbracciato i lettori, quando vedi una risposta cosìforte vale la pena prendersi rischi».
È cresciuto ad Avezzano, giocava a rugby: quando ha deciso che sarebbe diventato attore?
«La passione era di casa, entrambe le nonne erano innamorate del teatro: quella materna, quando ho detto chemi sarebbe piaciuto intraprendere questa strada, mi ha detto: “Allora Linuccio caro, vai a fare la scuola di Gassma”. Gassman lo pronunciava rigorosamente senza la n. Ha avuto ragione: sono andato all’Accademia Silvio D’Amico, una benedizione:sono entrato al primo colpo».
È difficile, che consiglio darebbe a chi vuole fare l’attore?
«Di fare la prova d’ingresso in una grande scuola: alla Grassi a Milano, alla D’Amico: dove tenti e ti confronti, già quella è un’esperienza. Se entri tanto di guadagnato, una volta diplomato parte la sfida. Se non entri si testa la tua motivazione ma bisogna avere un piano B. Tirare le somme è sano e indispensabile; la frustrazione è il grande nemico».
Recitare cosa le ha fatto scoprire di lei?
«La prima volta che mi sono sentito me stesso è stato sul palcoscenico: un pesce nell’acqua.
Sentivo che potevo essere accettato e ascoltato senza dovermi mettere la maschera per fare il simpatico».
Era timido?
«Uh. Timido, pieno di complessi e di paure.
Mi chiedevo: che maschera devo mettere per essere accettato da questo gruppo o da quest’altro? Dare spazio e carne a parole di grandi autori, il fatto di stare lì a rappresentare qualcos’altro, è stato risolutivo».
Si sentiva inadeguato?
«Siamo tutti messi davanti alle stesse paure e alla stessa insicurezza, anche i più popolari: questo mi ha dato un’iniezione di coraggio. Ho cominciato a fare teatro a 19 anni, avevo paura di innamorarmi di un sogno velleitario. Aver vinto il premio Ubu nel 2018 mi ha reso felice, poi per un progetto sfidante come La classe operaia va in paradiso è stato bello».
Ha sposato Antonella Liuzzi nel 2020 in segreto, fan disperate. Che cosa ha capito dei social?
«La vita privata si definisce così per ragioni precise di dizionario e ognuno ha diritto di difenderla. Però non bisogna sottovalutare le persone o pensarle come bacino di utenza, ci vuole equilibrio, raccontare qualcosa di sé senza darsi in pasto».