la Repubblica, 9 gennaio 2023
YouTube, il social che non passa mai di moda
Gli elefanti non possono rivendicare diritti d’autore: diversamente, gli esemplari ormai anziani dello zoo di San Diego, immortalati 18 anni fa dall’ingegnere informatico Jawed Karim, forti di quasi 250 milioni di visualizzazioni, oggi sarebbero gli unici multimilionari nella storia della specie. Quel pomeriggio del 24 aprile 2005, Karim pubblicava il primo video su una piattaforma appena nata e ancora sconosciuta. Titolo poco solenne per il battesimo di una delle più straordinarie creazioni del nuovo millennio: “Io allo zoo”. Appenaun anno dopo la stessa piattaforma sarebbe stata venduta a Google per 1,65 miliardi di dollari. L’inizio della storia di YouTube.
A un passo dalla maggiore età il pioniere dei video in rete è investito come tutti dalla tempesta che sta travolgendo Big Tech. I numeri della sua crescita rivelano però una sostanziale resilienza di fronte alle difficoltà. Mentre i rivali mostrano evidenti segni di affanno, Youtube resiste. Da Facebook, nato appena un anno prima, che sembra aver imboccato una lenta via del declino, a Twitter, all’ultima spiaggia della cura Musk. Persino Instagram, insidiato dalla crescita di TikTok, perde terreno tra i giovani. Un po’ enciclopedia, un po’ videodiario, YouTube è diventato una sorta di custodia dinamica del nostro sapere. Non vetrina temporanea di video effimeri, come quelli del social Made in China Tik-Tok, ora nel mirino delle autorità di mezzo mondo, ma memoria permanente della civiltà delle immagini, conservate e fruite anche a distanza di anni.
Secondo sito più visitato al mondo, dopo la casa madre Google, You-Tube è dietro solo a Facebook per numero di utenti mensili (2,59 miliardi contro 2,9 miliardi) con dati in crescita costante. Una ricerca del Pew Research Center ha mostratoche il 95% degli adolescenti tra i 13 e i 17 anni lo utilizza, con TikTok che si ferma a quota 67% e Instagram a 62%. Nel complesso – una delle sue carte vincenti – YouTube cattura tutte le età, a differenza dei concorrenti. Ne sanno qualcosa i genitori di tutto il mondo che utilizzano il servizio Youtube Kids con i propri figli. Non è un caso che il video con più visualizzazioni della piattaforma, 12 miliardi, sia “Baby Shark”, canzone irresistibile per qualsiasi bambino.
«Ci sono diverse ragioni dietro questo successo. La prima è la più semplice: essendo di proprietà di Google, YouTube ha avuta una visibilità sul motore di ricerca che altri social non hanno avuto», spiega Pietro Raffa, amministratore delegato e Head of Digital di MR & Associati. «Poi ha capito prima e meglio di tutti l’importanza del mercato dei video. Basti pensare che in Italia oggi l’88,7% di chi è nella fascia 16-64 anni guarda almeno un video a settimana. E poi c’è un tema che riguarda la cosiddetta generazione Z. Si parla di generazione “tiktokizzata” ma in realtà i più giovani sono disposti a guardare contenuti anche di diverse ore sui temi che interessano», aggiungeRaffa. Non è un caso che da un po’ di tempo a questa parte la minaccia principale per YouTube sia rappresentata da Twitch, la piattaforma di streaming di proprietà di Amazon, che si è imposta per la possibilità di effettuare dirette video. Nemmeno in questo caso però la competizione sembra assestare colpi sostanziali a YouTube, che a differenza di altrigrandi realtà hi-tech come Meta, Twitter o Amazon, non ha annunciato riduzioni di personale.
Certo, la crisi non ha risparmiato nemmeno la piattaforma video, che nel secondo trimestre del 2022 ha registrato per la prima volta una contrazione dei ricavi pubblicitari. I dati degli ultimi anni le conferiscono comunque il ruolo di miniera d’oro per i conti di Alphabet-Google. Ai tempi della sua acquisizione vantava ricavi per 15 milioni, nel 2021 ne ha realizzati 28 miliardi, quasi 2 mila volte tanto, mentre soltanto sei anni fa erano 8. Oggi l’11% dei ricavi di Alphabet passa dalla pubblicità su YouTube, a cui si aggiungono anche i proventi degli 80 milioni di abbonati mondiali ai servizi premium e Music. A distanza di 18 anni, un ottimo affare.
Nemmeno la crescita di TikTok, protagonista social degli ultimi anni, sembra scalfire YouTube. «La sua forza rispetto agli altri social è che ha lavorato in maniera orizzontale, sia sul target e sia sugli argomenti. Rispetto a piattaforme come TikTok che parlano a una specifica generazione, YouTube parla a tutti», sottolinea Giuseppe Greco, ex Youtuber e oggi direttore creativo e cofondatore di Wsc, la principale agenzia italiana di “creator”, cioè creatori di contenuti, su YouTube. «Il secondo punto di forza sono le community: io su YouTube scelgo attivamente un contenuto o seguo un “creator”. Questo porta fidelizzazione e comunità che si consolidano. Per crescere su YouTube servono anni, poi però le community restano».
Ad aiutare la crescita dei contenuti c’è anche il meccanismo di monetizzazione. Oggi YouTube consenteagli utenti iscritti al programma di cominciare a incassare velocemente la loro parte dei proventi pubblicitari. «Qui gli importi variano a seconda dei mercati. Si possono guadagnare 1 o 2 dollari ogni mille visualizzazioni, ma si può salire anche a 5 se si realizzano video su temi di nicchia», spiega ancora Greco. Per questo c’è chi del ruolo di Youtuber ne ha fatta una vera professione. È il caso, tra i tanti, dei Dieffe, i fratelli David e Fred Alessandrini, 26 e 19 anni, che con i loro video hanno scalato la classifica dei creator italiani sulla piattaforma raggiungendo quota 1,12 milioni di iscritti. Tra questi, anche un video per provare a vedere quanti soldi si fanno su piattaforme concorrenti come TikTok. Bottino magro: con 14 video e quattro milioni di visualizzazioni, appena 47 euro. «Non è un lavoro, ma una passione, un hobby che ci dà un guadagno e ci permette di continuare a fare quello che ci piace», spiega David. Anche perché i genitori hanno visto con un certo scetticismo il tempo speso davanti al pc durante l’adolescenza. «Tornavo a casa da scuola e trovavo un post-it sul modem con scritto: ‘studia’».
Chi può certo dire che il tempo speso su YouTube è stato un buon affare è Jawed Karim. Molte cose sono cambiate da quel 20 aprile 2005. Jawed, cofondatore della società, nel 2007 si è messo in tasca con la vendita 137.444 azioni di Google che ai corsi attuali valgono quasi mezzo miliardo di dollari. Abbastanza, almeno, per una donazione allo zoo di San Diego.