la Repubblica, 8 gennaio 2023
Meditare e allenarsi: il metodo di Lou Reed
Da voce “del lato selvaggio” a uomo di meditazione, inseguendo quel “giorno perfetto” cantato negli anni Settanta. Un nuovo libro racconta una parte della storia lunga cinque decadi di Lou Reed, uno dei più grandi e sfaccettati interpreti della scena rock americana degli anni Sessanta e Settanta, nato a New York con il nome di Lewis Allan Reed, diventato esponente dell’underground musicale, poi star mondiale e infine filosofo esistenziale, fino alla morte, avvenuta il 27 ottobre del 2013, a 71 anni.
Ma in The art of the straight line: my Tai Chi, in uscita il 14 marzo per HarperOne, vengono raccoltigli scritti del musicista incentrati sulla pratica orientale del Tai Chi, arte marziale e della meditazione in movimento. La prefazione è della donna che è stata la sua ultima compagna e moglie, la compositrice e musicista d’avanguardia Laurie Anderson. Reed ha praticato il Tai Chi dagli anni Ottanta, allievo del maestro Ren Guang-Yi, parlato di questa arte marziale con artisti, amici, praticanti come Iggy Pop, Tony Visconti e Julian Schnabel. Nelle metropoli americane non è difficile imbattersi in gruppi di persone che si muovono a tempo, con movimenti lenti e rotondi a disegnare con l’indice delle mani circonferenze d’energia.Immaginare Lou Reed in questa forma poteva sembrare impossibile alla fine degli anni Sessanta, quando il leader dei Velvet Underground, cresciuto nella Factory di Andy Warhol, imperversava sulla scena metropolitana con la sua musica e le sue storie da maledetto, legato agli stupefacenti, il volto scavato da solchi.
«Ho studiato l’arte marziale per venticinque anni – raccontò una volta – i primi quindici anni in preparazione per le mie avventure con il maestro, Ren Guang-Yi. Non voglio farla troppo sdolcinata qui ma qui ho trovato più vita che un disco d’oro o nella gloria». «Voglio – aveva aggiunto – maturare come guerriero. Voglio poter avere grazia e potenza, cose che non ho mai potuto apprendere. Il Tai Chi ti mette in contatto con il potere invisibile di, sì, l’universo. Cambia la tua energia, cambiala tua mente». Anderson, che è stata con Lou per ventuno anni, ha raccontato di come il maestro avesse creato per l’artista una serie di movimenti limitati nello spazio, in modo da praticare nelle stanze d’hotel durante le lunghe tournée. La chiamarono la “formadei 21 movimenti”.Nel 1972 Reed cantò Perfect daye il giorno perfetto era bere sangria nel parco, aspettando la sera per tornare a casa. Era dare da mangiare agli animali dello zoo e poi rifugiarsi in un cinema per vedereun film, seguendo quel principio del seminare bene per raccogliere bene.Era già dentro la filosofia orientale del Tai Chi, ma non lo sapeva lui e non lo potevano immaginare i suoi fan, che in Lou vedevano qualcosa di diverso.