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 2023  gennaio 08 Domenica calendario

La Cina ci spia con Tiktok?

Un’indagine conoscitiva su TikTok. Dopo gli Stati Uniti, che per ordine del presidente Joe Biden hanno messo al bando l’app cinese da tutti i dispositivi dei dipendenti governativi, in Italia si muove il Copasir. La mossa è stata discussa in una delle ultime sedute del Comitato per la sicurezza della Repubblica, che controlla i nostri servizi segreti. Nel pieno delle feste. L’allarme che arriva da Oltreoceano non poteva passare inosservato, per la nostra intelligence: a novembre l’Fbi ha sottolineato che TikTok rappresenta un rischio per la sicurezza nazionale degli Usa, tanto che l’amministrazione Biden sta trattando col colosso cinese per rafforzare i controlli ed evitare il blocco totale dell’applicazione, su tutti i dispositivi, anche dei privati cittadini. Ecco perché il Copasir, come confermano aRepubblica sia fonti di maggioranza che di opposizione, ha deciso di avviare un nuovo approfondimento, chepotrebbe essere esteso, spiegano le stesse fonti, anche ad altre applicazioni e social network nel corso delle prossime settimane.
Non è la prima volta che il Comitato parlamentare sui servizi mette nel mirino l’app sviluppata dalla società cinese ByteDance, che in sei anni di attività ha superato il miliardo di utenti attivi in tutto il mondo. Già tre anni fa, durante il governo Conte II, quando il presidente del Copasir era il leghista Raffaele Volpi, su richiesta del Pd venne aperto un procedimento, che portò a un’istruttoria affidata all’Agenzia per le informazioni e la sicurezza esterna (Aise) e al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis). L’obiettivo era «verificare l’uso che il governo della Cina fa dei dati sensibili degli utenti italiani iscritti su TikTok». Sempre nel 2020 si era mossa l’autorità garante per la privacy, chiedendo al Comitato europeo per la protezione dei dati personali (Edpb) di intervenire, proponendo un gruppo di lavoro composto da esperti, sulla falsa riga di quello che ha indagato su Facebook, per capire se e dove esistano pericoli.
Ora, sulla scorta delle informazioni e soprattutto delle determinazioni prese dal governo degli Usa (il 29 dicembre Biden ha firmato l’atto che ha bandito Tik-Tok dai cellulari in uso ai dipendenti federali) il Copasir ha deciso di procedere con una nuova analisi, per esaminare i pericoli, la capacità di infiltrazione del social, e tentare di tenere sotto controllo le possibili minacce.
L’iniziativa, come detto, è trasversale. I membri del Copasir mantengono il più stretto riserbo sul tema, ma la necessità di un nuovo approfondimento mette d’accordo sia la maggioranza che frange dell’opposizione. Nonostante quasi tutti i leader – e quasi tutti i partiti – nel corso dell’ultima campagna elettorale abbiano puntato forte su TikTok, per provare a raccogliere il voto dell’elettorato più giovane, vedi lo sbarco sulla piattaforma, a poche settimane dalle urne, di Silvio Berlusconi, Matteo Renzi e Carlo Calenda. Giuseppe Conte c’era già, con oltre mezzo milione di follower. Il Pd ha evitato di personalizzare, creando un canale di partito e non del leader Enrico Letta. Mentre sia Giorgia Meloni che Matteo Salvini sfruttavano il social da tempo, con centinaia di migliaia di seguaci: 916mila la prima, 823mila il secondo. Proprio Berlusconi, che su TikTok macina numeri da record – 731mila follower in poco più di 3 mesi, 5 milioni di like – nelle scorse ore ha lanciato un allarme sulla capacità di penetrazione del regime di Pechino. «La Cina è il competitore sistemico dell’Occidente del 21esimo secolo – ha dichiarato l’ex premier in un’intervista aTgCom24 – La Cina è la nostra vera insidia per il futuro».



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Se il prodotto è gratis e scaricabile sul telefonino, vuol dire che quello in vendita sei tu. I tuoi dati, i tuoi gusti, le tue amicizie. La tua vita. Il Capitalismo della sorveglianza, per usare la felice intuizione della professoressa di Harvard Shoshana Zuboff, poggia su quest’unico assioma. Che governa l’universo digitale. Se una app è gratuita, è assai probabile che serva a carpire e commercializzare le informazioni di chi la usa: lo sanno nella Silicon Valley californiana e lo sanno a Pechino.
Perché, dunque, la conquista di fette di mercato estero delle aziende cinesi preoccupa così tanto le democrazie occidentali, Italia in primis? Perché, e torniamo lì, il social network TikTok della cinese ByteDance spaventa più di quanto non facciano Facebook, Instagram o Twitter? Il motivo è contenuto in una frase sfuggita a uno dei manager di ByteDance durante una riunione riservata tenutasi un po’ di tempo fa.
“Dalla Cina vedono tutto”
Nel 2021 TikTok ha raggiunto il miliardo di utenti, la maggior parte dei quali adolescenti o poco più che maggiorenni. Da qualche mese ha superato la boa del miliardo e mezzo. E nonostante la piattaforma di condivisione dei filmati sia stata inventata in Cina nel 2016, ha successo soprattutto negli Stati Uniti: 160 milioni di tiktoker. Seguiti dall’Indonesia (107 milioni) e dal Brasile (74 milioni).
Durante la presidenza Trump, però, il Comitato per gli investimenti stranieri del governo Usa ha aperto un’inchiesta su TikTok conclusasi con la richiesta a Byte-Dance di cedere il controllo del server dove stocca miliardi e miliardi di dati dei profili americani. «Motivi di sicurezza nazionale». Si sono fatti avanti big come Oracle e Walmart, ma quando alla Casa Bianca è arrivato Biden, l’approccio verso il social network amato dai ragazzi si è fatto più morbido. I dubbi però sono rimasti, anzi: sono aumentati a causa dell’inchiesta del sito BuzzFeed, entrato in possesso delle registrazioni audio di 80 riunioni interne dello staff di TikTok. Si sentono nove impiegati affermare in privato ciò che la ByteDance in pubblico (e davanti al Senato americano) ha sempre negato: gli ingegneri di Pechino hanno avuto accesso ai dati personali dei cittadini statunitensi, sicuramente dal settembre del 2021 al gennaio 2022. «Dalla Cina vedonotutto», ha detto uno dei dirigenti del dipartimento Trust and Safety di TikTok. Una frase definitiva.Un’altra Cambridge Analytica?
Ne è scaturita un’indagine interna a ByteDance che ha dimostrato come tra i profili spiati ci fossero anche quelli di due giornalisti. Ecco perché quasi una ventina di Stati Usa (a maggioranza repubblicana) ha vietato ai suoi dipendenti pubblici di scaricare TikTok sul telefono. Ed ecco spiegata l’apprensione del nostro Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), che vuole vederci chiaro. «Il rischio è duplice», spiega aRepubblica una fonte qualificata dell’intelligence italiana. «Il regime cinese potrebbe sfruttare i profili TikTok per campagne di influenza e propaganda durante le elezioni, come successe nel 2018 con Cambridge Analytica e gli account di Facebook. Oppure potrebbe controllare gli spostamenti e compiere attacchi contro singole persone. Lo possono fare».
Il 5G, terreno di caccia
C’è un settore, in particolare, dove il governo italiano ha alzato l’attenzione al massimo livello, ricorrendo ai poteri speciali del golden power: il 5G, la quinta generazione della banda larga, cui gli operatori di telefonia si stanno adeguando comprando tecnologia sul mercato. Huawei e Zte, i due colossi cinesi delle telecomunicazioni, la offrono a buon prezzo, pur figurando nella lista nera di Fbi, Cia e Nsa per accuse di spionaggio.
Con Draghi alla presidenza del Consiglio, l’Italia ha posto veti, condizioni e prescrizioni più di quanto fatto in passato, contando sulla consulenza dell’Agenzia nazionale per la cybersecurity. Su 496 notifiche governative emesse nel 2021, mai così tante e quasi tutte nei comparti strategici energia, trasporti e comunicazioni, 20 sono relative al settore del 5G. Alcuni esempi: il governo ha usato il golden power quando Linkem ha acquistato hardware e software da Huawai Technologies Italia e Zte (marzo 2021) per completare l’architettura di rete; quando Fastweb ha comprato software Huawai per far girare il sistema di fatturazione (30 giugno 2021); quando Wind Tre ha prorogato il contratto con Zirc-Zte per le attività sperimentali congiunte al Tecnopolo d’Abruzzo (24 febbraio 2022).
Lo scandalo telecamere
«Il problema è il legame che le aziende cinesi hanno col regime», spiega ancora la fonte dell’intelligence. «In apparenza non si vede. Quando lo scopri, è troppo tardi». Forse c’è, forse non c’è. Ma di sicuro ci potrebbe essere. Come nel caso delle telecamere di sorveglianza del Dragone, fabbricate dalla Hikvision e dalla Dahua.
Il governo Usa sospetta che il Partito comunista cinese le abbia utilizzate per reprimere gli uiguri nello Xinjiang e che possa servirsene per spiare i Paesi occidentali, dove sono molto diffuse. In Italia sono ovunque. Report ha fatto un’indagine su quelle installate nella sede Rai, scoprendo che inviano dati sconosciuti a un server cinese. «Non c’è ancora sufficiente consapevolezza dei rischi e delle conseguenze del Capitalismo della sorveglianza sulle nostre esistenze », ragiona Enrico Borghi, responsabile Sicurezza del Pd e membro del Copasir. «Soprattutto quando Paesi totalitari si ritrovano in possesso dei dati personali della gente. L’Italia deve recepire al più presto il Digital Services Act europeo, che introduce garanzie per gli utenti. Altrimenti, lo scandalo Cambridge Analytica si ripeterà».