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 2023  gennaio 07 Sabato calendario

Le montagne hanno troppi nomi maschili?

Ho scoperto che la montagna più alta del mondo si chiama George, l’ho sempre chiamata con il cognome, Everest. Eppure ricordo che per me ragazzino fu una grande notizia quando fu scalato per la prima volta dal neozelandese Edmund Hillary il 29 maggio del ’53. E imparai anche una nuova parola, sherpa, ormai diventata di uso comune in politica. Edmund non sarebbe mai arrivato prima senza l’aiuto dello sherpa Tenzing Norgay.
L’anno dopo gli italiani conquistarono il K2, la montagna più alta dopo George (8.848 metri e 86 centimetri). Settant’anni dopo, il George Everest è stato scalato da oltre seimila uomini e donne, l’impresa si è trasformata in una gita turistica, e la cima che era immacolata si è trasformata in un deposito di spazzatura. Nessuno riporta indietro il materiale usato e le bombole d’ossigeno vuote.
Ma neanche George viene risparmiato dal politically correct. Dovrebbe cambiare nome. Everest era un cartografo inglese che non vide neanche mai la montagna. Un colonialista bianco. Perché mai onorarlo? Si dovrebbe tornare al vero nome tibetano Chomolungma, poetico e difficile da ricordare, che significa Madre dell’Universo.
La notizia parte dalla Svizzera, dove si è scoperto che l’alpinismo è maschilista e anche ovviamente razzista. Perché quasi tutte le montagne portano nomi di uomini, e anche le vie seguite dagli scalatori per giungere in cima? Perché gli alpinisti, al 98%, erano tutti maschi. Erano loro a giungere per primi in vetta, e le poche signore erano al seguito. Neanche utili come sherpa, mogli e amanti che venivano aiutate dai compagni, più un peso che un aiuto. Questo lo sostengono, e lo scrivono nei diari dell’epoca, gli uomini, sempre poco cavallereschi.
Le associazioni alpiniste sono decise a cambiare nome all’Agassizhorn, il corno di Agassiz, alto 3.947 metri, che onora un emerito razzista, lo svizzero Louis Agassiz (1807-1873), noto zoologo e glaciologo. Insegnò anche a Harvard e sosteneva che i «negri erano una razza inferiore». Confesso di non averlo mai sentito nominare, ma i luoghi che portano il suo nome sono un’ottantina, sulla terra e perfino sulla Luna. «Non merita di essere onorato», ha dichiarato con ragione Thomas Zeltner presidente della commissione Unesco della Svizzera.
Sarà un gran lavoro per cambiare le carte geografiche e per mettersi d’accordo sui nuovi nomi, tutti al di sopra di ogni sospetto, cosa non facile.
Dalla Svizzera la caccia alle montagne dai nomi scorretti è dilagata. Quando era presidente, Obama cambiò nome al Mount McKinley in Alaska con i suoi 6.190 metri, la cima più alta degli Stati Uniti. Era stato battezzato nel 1917 con il nome di William McKinley, 25° presidente americano, assassinato dopo la sua rielezione. Ora è tornato al vecchio nome Denali, come lo chiamavano gli indiani Koyukon, che vuol dire la grande montagna.
In Pennsylvania si discute sul Mount Negro, appena 979 metri ma il più alto dello Stato. Il professore afroamericano Christopher Bracey, dell’Università di Washington, è tuttavia contrario: ricorda uno schiavo caduto nella battaglia tra francesi e nativi nel 1765. Perché cancellare la storia? Nel 1998 fu cambiato nome al Pik Stalin in Tagikistan, che ora si chiama Ismoili Somoni, un eroe locale. Con 7.495 metri è la quarta cima del Pamir. Invece continua a chiamarsi Pik Lenin, la quinta montagna della zona.


In Germania avevano dedicato al Führer una montagna in Baviera, l’Hitlerberg, alto appena 1.218 metri, vicino a Bad Tölz. Dopo la fine del III Reich è tornato al vecchio nome, Heiglkopf, ma in molte carte continua a chiamarsi Hitler. Solo con veementi proteste si è riusciti a ottenere la correzione da Google Maps. Molte vie aperte dagli scalatori continuano ad avere nomi nazisti, hanno denunciato le associazioni elvetiche. In Norvegia si trova ancora una via Kristallnacht, che ricorda la notte dei cristalli del novembre ’38, e un’altra si chiama sempre Terzo Reich. In Italia, a quanto pare non abbiamo problemi, a meno che qualcuno trovi scorretto il Monte Bianco, o il Monte Rosa. Con il politically correct non si sa mai.