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 2023  gennaio 07 Sabato calendario

Intervista a Marco Benatti

Ha 10 figli. Ma è anche padre di 100 aziende. Il veronese Marco Benatti è un moltiplicatore inesausto. Al suo terzo matrimonio (lasciata Marina Salamon ha sposato Ilaria Filippi, 39 anni meno di lui), è già arrivato al quarto figlio: Leone, 5; Luce, 4; Lampo, 2; Luna, 1 il 4 marzo.


Ha due nipoti più grandi dell’ultima nata. Nel frattempo coccola anche un’altra creatura, Virtual Land, «una start up che porta l’intelligenza artificiale nella formazione e nel gioco, innovazione pura, una rivoluzione cognitiva», spiega. Come imprenditore, nacque nel 1975. Comprò una Nikon e s’improvvisò fotografo. Vendeva agli espositori gli scatti dei politici in visita agli stand della Fiera di Verona. Finché il concittadino Luciano Dal Falco, ministro della Sanità, non s’inalberò: «Senta, giovanotto, lei è molto simpatico, però se mi dice a chi devo stringere la mano, io gliela stringo senza bisogno che mi strattoni la giacca».


È l’inventore di Virgilio.
«Un affarone. Vendetti la mia quota nel portale per 140 miliardi di lire, 40 se ne andarono in tasse, 20 vennero suddivisi fra i soci che avevo. Ma la new economy e le 35 start up create con il mio fondo d’investimento Onetone furono un disastro».


Controllava il 40 per cento della pubblicità nazionale.
«Vent’anni fa Martin Sorrell mi scelse come country manager del colosso Wpp. Disse ai suoi 30 amministratori delegati italiani: “Benatti non è il vostro capo, però io ascolto i suoi consigli. Fatelo anche voi”. Insieme Fondammo Fullsix, quotata in Borsa».


Ma poi litigaste di brutto.
«Una guerra legale durata 15 anni, che mi è costata milioni di euro e soprattutto un melanoma, tre bypass coronarici e gli acufeni che mi obbligano a portare due auricolari, perché l’ho somatizzata. L’abbiamo chiusa con un armistizio. Non sarei mai riuscito a vincerla davanti ai giudici inglesi».


È vero che all’origine della vostra lite c’era una donna?
«Sì, ma senza alcuna contesa sentimentale. È che la mia interprete diventò la sua amante. Questo legame provocò la crisi. Era lei che teneva i rapporti fra me e Sorrell. Io non parlo l’inglese».


Potrebbe studiarlo.
«Fatto. Full immersion a Londra, corsi notturni. Niente, non mi entra in testa».


Con i suoi centri media a chi dava spot e inserzioni?
«A tutti, a cominciare da Silvio Berlusconi. Valutava a forfait, non entrava nei dettagli. Grandi sistemi, grandi accordi. E grandi promesse. A volte mi toccava ricordargliele. Come venditore è il più bravo che abbia conosciuto. Da lui puoi solo imparare».


Lei era un broker, giusto?
«Suggerivo ai grandi gruppi industriali quando comprare, che cosa comprare, a che prezzi comprare. Stringevo accordi quadro con i media a tariffe vantaggiose».


Nient’altro?
«All’uscita del film d’animazione Shrek 2 costrinsi La Gazzetta dello Sport a uscire su carta verde, anziché rosa, in omaggio al colore del personaggio della Dreamworks, alias Steven Spielberg».


Guadagnava intorno al milione di euro l’anno.
«Da lavoro dipendente. Aggiunga rendite e dividendi».


Abitava in un villone con vista su Verona, tenuta e piscina da 25 metri per 5.
«Quella è rimasta a Marina. Ho ancora il panorama e una piscina con le stesse misure».


E il mega attico di Milano, 500 metri quadrati più 300 di terrazza che dava sulla piazza del Duomo?
«Venduto tre anni fa. Il ricavato è servito per chiudere il mutuo con la banca e tornare a Verona senza debiti».


Oggi qual è il suo reddito?
«Diciamo il 70 per cento in meno. Crescono solo i figli».


Sta pensando al quinto?
«Sarebbe l’undicesimo. No, basta, mi fermo. Se penso che devo portarne quattro all’università... Avrò 90 anni».


Perché fallì il primo matrimonio, con Marilù Verzé?
«Ero giovane e ambizioso. Mia moglie non volle seguirmi a Milano. Dopo 14 anni, eravamo due estranei».


Quello con Marina Salamon durò anche meno.
«Un decennio. Lei voleva cambiarmi e io altrettanto».


Cioè che voleva Marina?
«Diventare il mio capo».


Brando, il figlio che Salamon ha avuto da Luciano Benetton, la chiama papà?
«Certo, anche se è l’unico che non ho abbracciato in sala parto. È nato a Parigi, l’ho conosciuto dopo sei mesi. Ci sentiamo regolarmente. Fa il regista a Hollywood».


Ha avuto altre donne?
«Tra un matrimonio e l’altro. Alcune anche sul finire, quando il rapporto era già incrinato. Una macchia che mi porto dietro con vergogna».


Come ha conosciuto Ilaria?
«Era compagna di classe di Brando all’istituto salesiano. Avevo già divorziato da Marina. Venne a trovarmi con mio figlio e scoccò la scintilla».


Roba da Me Too.
«Calma, aveva già 19 anni».


Che cos’ha di speciale?
«Tutto, come donna, come mamma, come ingegnera specializzata in architettura, fotografa e art director. Ignora che cosa siano le bugie, dice solo ciò che pensa. Ilaria mi ha insegnato un modo di amare che non conoscevo: mettere l’altro al primo posto. Io per lei sono al primo posto e lo stesso lei per me».


Leone, Luce, Lampo, Luna. Troppo strani Maria e Giuseppe come nomi per i figli?
«Ilaria voleva qualcosa di memorabile. Il primo figlio avuto con Marina si chiama Lupo, nome diffuso in Toscana, terra dei miei nonni. Papa Leone I fermò Attila qui vicino, a Salionze, sul Mincio».


In affari la bellezza aiuta?
«Quale bellezza?».


Il suo fascino, intendo.
«Ammesso che ne abbia, non l’ho mai usato. Mi è di sicuro servito il sorriso, che ho ereditato da mio padre».


Si riconosceva nell’Ulivo, alla fine s’è buttato a destra.
«Ero di destra da giovane. Poi ho assimilato i concetti sociali della sinistra. Ora sono quasi anarchico: Michail Bakunin fu un genio. Nel 2005, con Giulio Santagata, preparai un progetto che piacque a Romano Prodi, per mettere in rete i circoli a lui intitolati. Ma Arturo Parisi lo sabotò. Poi lavorai per Gianfranco Fini. Alla fine i partiti s’impaurivano, perché il mio metodo aboliva favori e parrocchie, in pratica distruggeva il loro ecosistema».


Oggi come lavorerebbe sul marketing politico del Pd?
«Oh mamma! Sicuramente non gli cambierei nome: sarebbe una foglia di fico. Il suo vero guaio è la totale assenza di contenuti distintivi».


Fra Stefano Bonaccini ed Elly Schlein con chi sta?
«Sto con Giorgio Gori, che sta con Bonaccini».


Alla premier Giorgia Meloni che consigli darebbe?
«Ma perché, ha bisogno di consigli?».