Tuttolibri, 7 gennaio 2023
Biografia di Angelo Filippetti
In risposta al progressivo e sistematico acuirsi delle violenze fasciste, l’Alleanza del lavoro, organizzazione vicina ai sindacati e ai partiti della sinistra e degli anarchici, promosse, il 31 luglio 1922, uno «sciopero legalitario», che si rivelò una clamorosa autorete.In risposta all’iniziativa, infatti, i fascisti organizzarono un’offensiva generalizzata contro le sedi delle organizzazioni sindacali e delle cooperative e intensificarono gli attacchi ai municipi retti da sindaci socialisti (2.022 comuni vinti nell’autunno 1920 sugli 8.327 chiamati al voto). Salvo rare eccezioni, i prefetti invece di difendere i sindaci democraticamente eletti, invitavano i primi cittadini ad accogliere l’invito violento degli squadristi a dimettersi e anche in caso di diniego, commissariavano i comuni per motivi di ordine pubblico.Il 3 agosto 1922 questa stessa triste sorte toccò a Milano, uno dei comuni simbolo del municipalismo socialista.Il sindaco in carica era Angelo Filippetti, a cui Jacopo Perazzoli dedica un’appassionata e documentata biografia che, come scrive Ezio Mauro nella prefazione, ci accompagna alla scoperta di un inquieto e generoso «prototipo multiforme del cittadino socialista a cavallo del secolo: scienziato, umanista, agitatore, medico, studioso, propagandista, guidato in ognuno di questi campi da una spinta per l’emancipazione culturale e materiale, alimentata da una sicura coscienza di classe».Angelo Filippetti era nato nel 1866 ad Arona, sulla sponda piemontese del lago Maggiore. Dopo gli studi universitari in Medicina a Torino, completati nel 1890, si era trasferito nel capoluogo lombardo, dove divenne ben presto uno dei più autorevoli esponenti della corrente del «socialismo medico» che andò formandosi a cavallo tra la fine dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento contestualmente all’impetuoso sviluppo industriale. Una radicale e profonda trasformazione del tessuto sociale ed economico delle grandi città settentrionali che, nella prima fase, peggiorò le condizioni di povertà assoluta e igienicamente drammatiche in cui viveva la gran parte della popolazione.Avvicinatosi alle idee socialiste già ad Arona, Filippetti, giunto a Milano, promosse tra il 1892 e il 1894 l’apertura di due circoli in quartieri popolari, entrambi chiusi per ordine dell’autorità pubblica perché aizzavano «l’odio tra le varie classi sociali».L’intervento censorio e la successiva repressione del 1898 con la discesa di campo delle truppe comandate dal generale Fiorenzo Bava Beccaris, non fermarono il suo impegno politico e sociale; anzi rafforzarono la militanza attiva del Partito socialista e l’attività professionale per una medicina che uscisse dal chiuso dei laboratori e andasse incontro alla sofferenza in carne e ossa.Come ebbe a dire al IV Congresso di assistenza pubblica e privata, tenutosi a Milano nel 1906, bisognava tutelare i diritti «delle moltitudini diseredate che reclamano maggior giustizia, hanno spasimi di dolore, hanno fremiti di ribellione».Per dare un contributo al raggiungimento di questo obiettivo, Filippetti si impegnò sia sul piano amministrativo, entrando per la prima volta in consiglio comunale a Milano nel 1900, sia diventando, nel 1910, il primo presidente del neonato Ordine provinciale dei medici, dei farmacisti e dei veterinari.Sì schierò senza remore prima contro la guerra di Libia del 1911 e poi per la neutralità dell’Italia nella Prima guerra mondiale con una posizione pacifista ancor più intransigente della formula adottata dal Psi del «né aderire, né sabotare», che lo porterà alla rottura con i turatiani milanesi.Nel tumultuoso primo dopoguerra, dove emergevano tra i protagonisti Benito Mussolini e i fasci di combattimento fondati nel capoluogo lombardo nel marzo 1919, Filippetti si ritrovò così ad essere tra i principali esponenti milanesi della corrente massimalista, maggioranza a livello nazionale di un partito, che, a parole, diceva di essere pronto a «fare come in Russia» sull’esempio della rivoluzione bolscevica del 1917.Una «febbre rivoluzionaria» che, avrebbe contribuito alla vittoria dei socialisti nelle elezioni politiche del 16 novembre 1919 e, poi, a Milano, nelle elezioni comunali del 7 novembre del 1920 con il 50,4% dei voti e, grazie alla legge elettorale, 64 seggi su 80.Il 20 novembre 1920, con la sede municipale protetta da eccezionali misure di sicurezza per timori di violenze da parte di fascisti e nazionalisti, Filippetti fu eletto sindaco di Milano.Iniziarono venti, tribolati, mesi di amministrazione di una città soffocata dai debiti contratti negli anni della guerra per sostenere politiche sociali contro la povertà e dall’azione sabotatrice del prefetto Alfredo Lusignoli, impegnato a sottrarre la guida della città ai «sovversivi rossi». Un obiettivo che avrebbe raggiunto nell’agosto 1922 con il determinante aiuto della illegale violenza squadrista. Filippetti sarebbe così passato alla storia come l’ultimo sindaco socialista di Milano prima dell’avvento del regime fascista.