Corriere della Sera, 7 gennaio 2023
J. R. Moehringer, il ghost-writer di Harry (e Agassi)
La scommessa economica è ardita: 20 milioni di dollari di anticipo, per rientrare dei quali l’editore – Penguin Random House – dovrà vendere almeno 1,7 milioni di copie. Il prezzo di copertina, nei Paesi anglofoni, è da tomo universitario: 35 euro (in Italia 25). E la storia sembrerebbe stranota: della propria vita il principe Harry ha parlato già a marzo scorso in una lunga intervista a Oprah Winfrey, e a fine 2022 in una docuserie Netflix giudicata dagli appassionati perlomeno povera di rivelazioni.
Eppure Spare, l’autobiografia del duca di Sussex in uscita martedì in tutto il mondo (in Italia per Mondadori, volta in italiano velocissimamente da un tandem di quattro traduttrici e intitolata Il minore), resta attesissima. Dalle molte anticipazioni che in questi giorni hanno bucato l’embargo degli editori (e forse disturbato, oltre alla Casa reale, anche i produttori di Netflix che non le hanno avute) Spare sembra riuscire nell’impresa sfuggita, finora, persino alla grande Oprah: quella di restituire al pubblico un ritratto del principe Harry più completo e forse persino simpatico di quanto il principe stesso sia mai riuscito a fare, parlando di sé. L’ingrediente segreto si chiama J. R. Moehringer.
Il più grande ghostwriter su piazza, 58 anni, insignito del premio Pulitzer quando ne aveva 36, non ha voluto la sua firma in copertina. Non la volle nemmeno quando, nel 2009, uscì Open, magistrale ritratto del tennista Andre Agassi che, cercando uno scrittore per la sua autobiografia, aveva scelto lui. Non soltanto per il Pulitzer. Agassi aveva letto l’autobiografia di Moehringer, uscita cinque anni prima (in italiano Il bar delle grandi speranze, poi diventato un film di George Clooney e con Ben Affleck), ed era «l’unica autobiografia letta fino ad allora che non mi sembrasse una totale autopromozione».
Moehringer vi racconta la propria infanzia abbandonato dal padre, il dj Johnny Michaels, e cresciuto dallo zio Charlie, proprietario di un bar. Un mondo fatto di uomini, «all’antica, spacconi, con un grande sense of humor, che mi hanno praticamente fatto da babysitter», ha raccontato in una delle sue rare interviste. Un mondo che forse lo ha preparato ai ritratti – quasi tutti maschili – che lo hanno reso famoso. «Quando intervistavo Agassi è stato subito chiaro che mi ha cercato anche per questo: il rapporto difficile con mio padre».
L’anticipo
Il principe ha incassato un anticipo di 20 milioni di dollari dall’editore per il libro
La copertina di Open e la copertina di Spare si somigliano – primissimi piani di giovani uomini dalla barba fulva e lo sguardo inerme – e così le storie: l’atleta Andre allenato dal tirannico padre Emmanuel, il «non-erede» Harry oscurato dal fratello William e trascurato dal padre ora re; il giogo dorato dello sport agonistico e quello di Buckingham Palace; la notorietà. E le «salvatrici»: Steffi Graf per Agassi, Meghan Markle per il duca. In esergo a Open una frase di Van Gogh, che scrive al fratello «solo gli affetti profondi, come quello tra fratelli, ci salvano»; in anticipo sull’uscita di Spare le amare rivelazioni proprio sulla rottura con il fratello William, che ancora a scatola chiusa sembra la maggior delusione di Harry.
Che si sappia, Spare è la terza biografia che Moehringer ha «aiutato a scrivere» (preferisce questa dicitura al termine ghost-writer), essendo la seconda quella del fondatore di Nike Phil Knight nel 2016 (L’arte della vittoria).
Ma c’è una grande vita anche al centro del suo unico romanzo, Pieno giorno (2012) dedicato al rapinatore Willie Sutton. E dei due articoli con i quali, nel 1998 e poi nel 2000, quasi vinse e poi vinse il Pulitzer. Nel 1998 arrivò in finale, con il ritratto di un clochard di San Francisco che diceva di essere l’ex leggenda della boxe Bob Satterfield. Due anni dopo vinse raccontando – attraverso la vita di una residente – la comunità di discendenti di schiavi di Gee’s Bend in Alabama (l’articolo è pubblicato in italiano da Piemme, col titolo di Oltre il fiume, ndr).
Per scrivere Open, dalla California dove abita Moehringer si era trasferito a Las Vegas, dove vive Agassi, in una casa comprata ad hoc dal campione. Ci era stato per due anni, intervistandolo quasi ogni mattina a colazione per un paio d’ore e non dormendo più di un paio d’ore per notte, come sempre quando scrive un libro. «Dalle interviste sbobinammo 12 mila pagine», ha raccontato, «e iniziammo insieme a vedere dei temi che riaffioravano. Per farlo mi ero fatto una scorpacciata di Freud, di Jung, di rudimenti di psicoterapia. Il metodo che usavo era quello». Ancora si sa poco di come lui e Harry abbiano lavorato a Spare, ma il «metodo Moehringer», sull’ex «riserva», potrebbe avere funzionato.