La Stampa, 7 gennaio 2023
Arrestato il figlio di "El Chapo" Guzmán
Se fosse una fiction mancherebbe solo il sottofondo di “Prologue” di Pedro Bromfman, il brano della colonna sonora di “Narcos” che apre ogni puntata della serie. Le immagini che giungono dal Messico però sono maledettamente reali, uno Stato, quello di Sinaloa, in rivolta per la cattura di uno dei figli del super boss del narcotraffico Joaquín “El Chapo” Guzmán. Ovidio Guzmán-López – lui stesso leader di una costola del cartello del padre – è stato catturato a Culiacán e trasferito a Città del Messico. Un blitz a cui gli adepti del signore della droga hanno risposto scatenando «l’inferno in terra». Una guerra in piena regola con posti di blocco, veicoli dati alle fiamme, l’assedio all’aeroporto locale, scontri a fuoco e attacchi terra-aria con due aerei colpiti. Più di cento voli sono stati cancellati in tre aeroporti di Sinaloa, mentre il bilancio delle vittime è di almeno 29 morti. Si tratta di diciannove affiliati alle bande criminali e dieci militari, ma si contano anche 35 soldati feriti, mentre 21 membri del cartello di Sinaloa sono stati arrestati, ha reso noto il ministro della Difesa Luis Cresencio Sandoval.
Sconvolgenti le immagini sui social tra cui quella dei passeggeri a bordo del velivolo AeroMexico in fase di decollo sulla pista di Culiacán preso di mira dai banditi con colpi di fucile automatico. Come quelli sparati a un altro volo che si trovava in quota sopra lo stesso scalo, mentre un video girato dagli stessi banditi riprende uno di loro puntare e far fuoco con un fucile Barrett su un elicottero delle forze governative. E ancora immagini di scontri urbani, stazioni di benzina in fiamme, e lunghe colonne di mezzi delle forze di sicurezza che affluiscono a Culiacán dove si concentrano gli scontri per estendersi alle aree periferiche attorno alla capitale di Sinaloa. Lo Stato è la culla del potente cartello della droga guidato da El Chapo prima della sua cattura nel 2016 e dell’estradizione, l’anno dopo, negli Stati Uniti, dove sconta l’ergastolo. Oltre 3.500 uomini di esercito e polizia erano entrati in azione alle 5 del mattino, quando la città era pressoché deserta, per giungere nella località di Jesús María dove si trovava Ovidio Guzmán, detto “El Raton” (il Topo).
Il blitz è riuscito con grande difficoltà, perché la reazione del sistema di sicurezza della malavita locale è scattato immediatamente, con un dispiegamento di gruppi armati e l’attivazione di una ventina di barricate sulle principali vie di comunicazione dove sono stati incendiati vari veicoli, per impedire che le forze dell’ordine riuscissero nel loro intento. Ovidio Guzmán, 32 anni, è stato alla fine arrestato ed estratto in elicottero dal suo covo e portato a Città del Messico dove è detenuto in una prigione federale di massima sicurezza. Al suo arrivo ha ricevuto la notifica dall’Interpol di un ordine di cattura con fini di estradizione in Usa. Intanto ieri è stato disposto il trasferimento di altri mille militari nello Stato settentrionale del Paese per garantire la sicurezza dei cittadini. Il ministro degli Esteri Marcelo Ebrard ha detto che saranno necessari i tempi per rispettare «le formalità che la legge messicana ci impone». E ha respinto le illazioni secondo cui l’arresto sarebbe stato organizzato come «regalo di benvenuto» a Joe Biden, che domenica arriverà a Città del Messico per partecipare, con il premier canadese Justine Trudeau e il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, al X Vertice dei Leader dell’America settentrionale.
Lo stesso leader messicano ha sottolineato come l’operazione sia stata condotta esclusivamente da polizia ed esercito nazionali e nessuna forza Usa ha assistito alla cattura di Ovidio. Non è del tutto casuale tuttavia il fatto che il blitz arrivi alla vigilia del vertice dei leader nordamericani, visto che tra gli argomenti in cima all’agenda c’è la cooperazione sulla sicurezza nelle sue diverse declinazioni, immigrazione tanto quanto lotta al crimine transnazionale. Per Lopez Obrador si tratta di un riscatto dopo il fallimento del 2019 quando Ovidio fu catturato e subito rilasciato per scongiurare ritorsioni da parte del suo cartello, dopo l’ondata di violenze innescate dai narcos in seguito alla cattura del loro boss.