la Repubblica, 6 gennaio 2023
Perché le bollette non scendono
La zavorra dei prezzi energetici da qualche mese sta penalizzando l’Italia in misura più ampia rispetto al resto dell’Europa. Ancora a luglio dell’anno scorso la nostra inflazione era inferiore a quella tedesca e spagnola, superiore di solo mezzo punto a quella della zona euro e non troppo distante da quella della Francia, che in tutti questi mesi terribili ha toccato un picco massimo del 7,1%. Ma a dicembre il differenziale dell’indice “armonizzato” (quello utilizzato da Eurostat per fare la media Ue) si è allargato enormemente, adesso distiamo 6,7 punti percentuali dalla Francia, 5,6 dalla Spagna e 2,7 dalla Germania, che ci “superava” ampiamente fino a settembre.
Cosa è successo in autunno, e perché gli altri Paesi hanno già cominciato con più determinazione la fase di discesa dei prezzi? A fare la differenza sono i prezzi dell’energia, che da ottobre hanno registrato un balzo del 70%. Conseguenza diretta dei fortissimi rincari di fine agosto del gas,che hanno colpito in maniera ben più pesante l’Italia rispetto agli altri Paesi europei. Il nostro sistema produttivo infatti è molto più dipendente dal metano importato, utilizzato anche per l’energia elettrica. Inoltre, la forte presenza di industrie energivore aggrava i conti rispetto agli altri Paesi perché «la Francia ha il nucleare, la Spagna i rigassificatori, e la Germania ha speso moltissimo per contenere le bollette, soprattutto con l’una tantum di dicembre», ricorda il direttore del Centro Studi di Confcommercio Mariano Bella.
«Per i prodotti alimentari lavorati, che pure hanno registrato un’accelerazione, abbiamo aumenti più contenuti di Germania e Spagna», spiega Alessandro Brunetti, dirigente Istat del servizio prezzi al consumo, confrontando i dati di novembre, gli ultimi completi. «Per i prodotti freschi siamo in linea se non al di sotto della media dell’area dell’euro. E la stessa cosa si può dire per i prezzi dei beni industriali non energetici, dall’abbigliamento alle automobili, e per i servizi» Al netto delle componenti più volatili quindi, tra cui c’è proprio l’energia, l’inflazione di fondo in Italia è in linea con quella che si registra negli altri Paesi, e persino un po’ più bassa di quella dell’area euro.
Ma se il nemico numero uno è chiaro – il costo di elettricità e gas – la crescita dei prezzi è ovviamente più diffusa e, soprattutto, il percorso di rientro rischia di non essere agevole né veloce. Il recente calo dei prezzi del gas porterà probabilmente la Banca d’Italia a migliorare le previsioni per l’anno appena iniziato, con il prossimo Bollettino del 20 gennaio, ma nella precedente edizione (del 16 dicembre) stimava ancora che i prezzi al consumo armonizzati Ipca si sarebbero attestati al 7,3% per il 2023 e solo nel 2025 sarebbero scesi all’1,9%, sotto la soglia del 2 presa a riferimento dalle Banche centrali.
In generale gli economisti temono anche l’effetto-contagio dei rincari agli altri settori. A partire dall’adeguamento delle tariffe - dalle autostrade ai trasporti pubblici – e dal venir meno del taglio delle accise sui carbu ranti, partiti proprio a gennaio. Allo stesso modo, i settori in cui c’è meno la pressione della concorrenza potrebbero essere tentati di cavalcare l’onda lunga dei rialzi dei prezzi. Due elementi – trasversali a tutta Europa – giocano inoltre a sfavore della moderazione dei prezzi: la tendenza al reshoring (il riportare “a casa” le produzioni) e la transizione ecologica, indispensabile ma costosa.
Gli stessi massicci interventi di spesa pubblica, in Italia e non solo, avranno un effetto insostituibile sul fronte della crescita, ma potrebbero comportare qualche tensione sui prezzi. E se complessivamente l’inflazione dovrebbe continuare a scendere quest’anno, grazie al calo dei prezzi dell’energia, è solo nel 2024 e poi in modo più accentuato nel 2025 che si ritornerà ad un orizzonte più ordinato.