La Stampa, 5 gennaio 2023
George Pell ricorda Benedetto XVI
Cardinale George Pell, prefetto emerito della Segreteria per l’Economia, chi è stato per lei Joseph Ratzinger?
«Prima di tutto un cristiano, un discepolo di Gesù. Questo spiega tutto. Un uomo che pregava. Un santo. Un intellettuale assolutamente formidabile. Uno dei più grandi teologi dell’ultimo secolo. Un uomo interessante e garbato, riservato. Con un sottile senso dell’umorismo».
Lo hanno rappresentato come troppo lontano dalla gente, chiuso ermeticamente verso omosessualità e matrimonio dei preti, difensore della dottrina e basta. È giusto?
«No. Il ruolo primario, essenziale del Papa – e del prefetto della Dottrina della Fede, come lui è stato – è di conservare l’insegnamento di Gesù. È importante che le persone di oggi lo ricevano identico a quello trasmesso dagli apostoli. Lui pensava che conservare e proteggere la tradizione apostolica fosse il compito numero uno del Papa. Capiva bene che c’è uno sviluppo della dottrina. Ma non una rottura, non si può andare radicalmente fuori strada. Questi elementi essenziali toccano anche la moralità. Per i cristiani è essenziale la regola chiara: l’attività sessuale è riservata alla coppia di un uomo e una donna nel sacramento del matrimonio. Anche se c’è simpatia per coloro che la pensano diversamente. Lui ha accolto tanti preti sposati della Chiesa anglicana, che oggi lavorano nella Chiesa cattolica. Mi sembra che in Inghilterra ce ne siano trecento. Non era un uomo dalla mentalità chiusa. Conosceva tantissime cose del mondo di oggi. Penso al suo libro con il Presidente del Senato Marcello Pera. Era molto informato».
Al Conclave, che cosa pensò quando vide che Ratzinger diventava Papa?
«Ero contentissimo e pieno di speranza. Capivo che stava nella linea di Giovanni Paolo II, con la sua capacità spirituale e intellettuale. Ricordo l’entusiasmo per l’elezione di tantissimi giovani seminaristi, preti, suore, religiosi».
Qual è stato il ruolo di Benedetto XVI nella lotta agli abusi sessuali?
«Ha capito che era un problema grave e non soltanto propaganda nemica, una grande sfida con tante vittime. Ha condannato e cacciato Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo, una delle vicende più brutte di tutta la storia della Chiesa. Ha proibito al cardinale McCarrick di partecipare alla vita della Chiesa. Ha punito quattrocento preti accusati di pedofilia. Ha agito sul serio, cambiando la linea del Vaticano. In qualche maniera, papa Giovanni Paolo II era stato mal consigliato dai suoi esperti, soprattutto all’interno della Congregazione per il Clero. Papa Benedetto ha trasferito la responsabilità di questi crimini alla Congregazione per la Dottrina della fede. Dando un contributo sostanziale».
Come ha saputo della rinuncia al pontificato e che cosa ha pensato?
«Ero a Sydney, a cena con due amici parroci e il mio futuro successore. Una grandissima sorpresa per tutti noi. Non ne ho mai parlato, ma non sono mai stato entusiasta di questa decisione. Credo che il Santo Padre debba rimanere fino alla fine. Ovviamente, non se perde il senno o è molto malato. Ero e rimango triste per questo sviluppo».
Papa Francesco ha detto recentemente che lei ha lavorato molto e bene per la trasparenza economica del Vaticano. Che ruolo ha avuto Benedetto XVI in questo ambito?
«È importante ricordare che ha istituito una commissione di tre cardinali per indagare sulla corruzione. Hanno scritto un rapporto, che rimane segreto. È un po’ strano. Poi lo ha consegnato a Papa Francesco. Capiva che la riforma finanziaria era necessaria, ma ammetteva di non essere capace di affrontarla. La mia ipotesi è che abbia compreso quanto fosse necessaria una riforma radicale, ma che, avendo 85 anni e non essendo un uomo di governo, non aveva la capacità di pulire la casa. Forse è stato il motivo principale della sua rinuncia. Mi sembra abbia deciso di lasciare questa riforma necessaria al successivo Papa».
Quali ricordi personali ha di Ratzinger?
«La Giornata mondiale dei giovani (Gmg) a Sydney, nel 2008, quando è rimasto con noi per dieci giorni. Potevamo discutere di tutto. Era molto simpatico. Un altro ricordo è di quando ero membro della Congregazione per la Dottrina della fede, tra il 1990 e il 2000. Il prefetto Ratzinger ascoltava tutti, poi faceva sintesi. Non ho mai visto un altro uomo ugualmente capace di farlo. Un ricordo inedito: alla Gmg di Sydney, una mattina abbiamo celebrato una messa nella mia cappella privata con una decina di vittime di abusi sessuali, donne e uomini. Il Santo Padre ha celebrato e io ho concelebrato. Alla fine, ha parlato con ognuna delle vittime. La cosa non fu pubblicizzata. Ma fu un momento molto bello».
Per che cosa la storia ricorderà Benedetto XVI?
«Purtroppo soprattutto per la sua rinuncia, la prima dopo Celestino V. Ma dovrebbe essere ricordato come uno dei più bravi teologi dell’ultimo secolo. Credo sia il più bravo teologo tra tutti i Papi, in duemila anni. Leone Magno, Gregorio Magno, Giovanni Paolo II, Leone XIII hanno scritto molto, ma mi sembra che nessuno abbia dato un contributo teologico uguale a quello di Joseph Ratzinger».