il Fatto Quotidiano, 5 gennaio 2023
Chi è Evgeny Prigozhin
“C’è una fortezza in ogni casa di Bakhmut”. A dirlo due giorni fa all’agenzia di Stato russa Ria è stato Evgeny Prigozhin, proprietario della compagnia di mercenari Wagner, impegnati da almeno otto mesi a tentare invano l’assedio nella città-tritacarne. Se l’avanzata dei suoi soldati privati è difficile, non lo è la sua: dall’inizio del conflitto in Ucraina, Prigozhin procede a pieno ritmo verso la conquista dei vertici del Cremlino.
Sfruttando la guerra contro Kiev, si è lasciato alle spalle un passato torbido per diventare un personaggio non solo pubblico, ma indispensabile per Mosca. Ma se da febbraio 2022 ha ispessito il suo potere, adesso ha nemici ovunque nelle istituzioni più importanti della Federazione: sempre meno tolleranti verso la sua ascesa sono gli uomini del “cerchio magico” di Putin, i membri dell’amministrazione presidenziale, i generali dell’esercito e gli agenti dell’Fsb, ex Kgb. Prigozhin è al primo posto nella lista degli indesiderati di Jurij Kovalchuk, proprietario di banca Rossija: il tycoon trova insopportabile – hanno detto fonti anonime al media Vazhnye Istorii– che un galeotto abbia accesso alla sala dei bottoni del Cremlino. L’ex detenuto Evgeny – condannato nel 1981 dal tribunale di Leningrado a 13 anni di galera per furto ed aggressione – è tornato in libertà quando l’Unione Sovietica è collassata. Il suo impero ha cominciato a costruirlo con le macerie di un altro impero, quello socialista: dalla cella alle sale da tè, negli anni ’90, ha aperto un ristorante dopo l’altro nella città in cui è nato nel 1961, Pietroburgo. Nella metropoli che ha dato i natali anche a tutti i più fedeli alleati di Putin, Prigozhin ha pure aperto la sua “fabbrica di troll”, che gli è costata le sanzioni Usa per “interferenza in elezioni” nel 2016. Di ex criminali, diventati re in una notte sola, è piena la storia della Russia, ma solo Prigozhin è l’outsider che sussurra all’orecchio del presidente. Più che “chef di Putin”, – un battesimo scelto dai media non solo perché ha servito una cena al leader russo e all’ex presidente Usa Bush, ma anche perché rifornisce le mense dell’esercito della Federazione – è ormai “chef della morte” e factotum del Cremlino. Utili più di alcune unità dell’esercito si stanno rivelando i suoi Wagner, già schierati dal Mali alla Siria: un esercito di cui Prigozhin ha dichiarato ufficialmente l’esistenza solo lo scorso settembre. Quando la mobilitazione è stata dichiarata, lo chef ha messo a profitto luoghi che conosce bene: le prigioni, che sono state casa sua per dieci anni. Il reclutamento nei cortili delle carceri l’ha avviato diffondendo un mito che incarna lui stesso: i Wagner offrono una nuova vita, ogni detenuto può sognare di diventare “un nuovo Prigozhin”. Poiché ha il potere di concedere l’amnistia a chi decide di indossare la mimetica col teschio, lo odiano i membri dell’Fsb: pericolosi omicidi, temibili criminali che hanno catturato i servizi segreti interni, vengono arruolati e, prima o poi, ancora più addestrati di prima, faranno ritorno in patria.
Se nel 2016 i Wagner erano un migliaio, oggi secondo l’intelligence britannica sono più di 20mila, ovvero il 10% delle forze in campo contro Kiev, e obbediscono solo ai comandi del cuoco, non amato nemmeno dai falchi russi che cominciano a temerlo. Il primo vice capo dell’amministrazione presidenziale, Sergey Kirienko, non gli perdona “le invasioni” nel suo campo: Prigozhin cerca di influenzare decisioni politiche, vuole scegliere gli uomini che guideranno le due regioni annesse, quelle di Donetzk e Lugansk, della cui gestione è ufficialmente incaricato proprio Kirienko. Il capo dei Wagner critica senza remore – e pubblicamente – le scelte dei generali russi e del ministro della Difesa Sergey Shoigu, di cui mina il potere appoggiando un altro signore della guerra, il ceceno Ramzan Kadyrov. Il problema comune dei nemici dello chef è che lui ha l’apprezzamento del capo dei capi, Putin, e si teme che nemmeno il presidente intralcerebbe un suo debutto in politica. Ora che è entrato al Cremlino, l’ex detenuto Prigozhin, non vorrà più uscire.