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 2023  gennaio 04 Mercoledì calendario

Ratzinger e la morte

Dopo le storiche e clamorose dimissioni Joseph Ratzinger aveva la sensazione che il suo «pellegrinaggio in questa terra», come definì la sua vita poche ore prima di chiudere ufficialmente il pontificato, sarebbe durato ancora poco. Un alto prelato vaticano sostiene che Benedetto XVI si aspettava di resistere ancora «quattro o cinque anni». E invece il suo tempo da Papa emerito è stato superiore a quello da Vescovo di Roma, rispettivamente quasi dieci e quasi otto anni. A tal punto che, racconta Cristiana Caricato, vaticanista di Tv2000, l’emittente della Conferenza episcopale italiana, «con la sua profonda ironia, a chi lo accudiva - il segretario monsignor Georg Gaenswein e le laiche consacrate "Memores Domini" - anche negli ultimi giorni prima del tracollo si scusava di dare "tanto fastidio" e di "essere vissuto così a lungo", dicendo: "Non è dipeso da me, io sarei stato pronto anche quattro o cinque anni fa. Mi dispiace darvi tanto disturbo, non pensavo di vivere così a lungo"».
D’altronde, in quell’indimenticabile 11 febbraio 2013, comunicò semplicemente e chiaramente: «Ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005». Motivo: la certezza che «le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino».
E tre anni prima, al suo biografo Peter Seewald aveva spiegato in Luce del mondo, il libro-intervista: «Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto e anche il dovere di dimettersi».
Ha poi passato gli ultimi suoi anni in preghiera, dentro le mura vaticane, nella quiete appartata del Monastero Mater Ecclesiae. Spiegando: «Sono in pellegrinaggio verso Casa». Oltre a qualche puntata estiva a Castel Gandolfo e sui Castelli Romani, e poi un rapido sopralluogo al Gemelli, non si è più allontanato. Tranne il volo di Stato con cui è tornato nella "sua" Germania per essere presente al capezzale dell’amatissimo fratello maggiore Georg, 96 anni, e dare così l’addio all’ultimo familiare ancora in vita.
Non ha però smesso, fino al primo dicembre scorso, di ricevere amici, ex collaboratori e autorità e personalità varie. Come Arvo Paert, il compositore estone, ortodosso, accolto quando si aggiudicò il Premio Ratzinger 2017, istituito dalla Fondazione vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, presieduta da padre Federico Lombardi. All’artista, nell’udienza privata che gli concesse il 17 novembre 2017, il Pontefice emerito confidò la sua serenità nei confronti della morte: «Dio ha un volto in Gesù Cristo. Questo è ciò in cui crediamo, cattolici, protestanti o cristiani ortodossi. E questo significa: Egli, nel quale Dio ci ha mostrato il suo volto, ti ha amato da sempre. Ti prende tra le sue braccia - anche se siamo peccatori, tutti noi. Egli ama il peccatore, che afferra le sue braccia tese. E in questa certezza, in questa fiducia, abbiamo la possibilità e la capacità di affrontare anche la morte. Egli non ci abbandona nemmeno nella morte». Di fronte al trapasso, la tranquillità che deriva dalla fede.
Come poi è avvenuto. «Signore ti amo», sono le ultime parole, pronunciate in italiano, da Ratzinger nella notte prima di morire «serenamente», come è trapelato da fonti della Santa Sede. La frase d’addio di Papa Benedetto l’ha raccolta un infermiere, ha spiegato Gaenswein al direttore dei Media vaticani, Andrea Tornielli, che lo ha riportato su Vatican News.