Corriere della Sera, 4 gennaio 2023
Il caso della Spianata delle Moschee, di nuovo
Cammina sulle pietre bianche circondato dai poliziotti dei quali è adesso il boss. Già nei primi giorni da ministro per la Sicurezza Nazionale, Itamar Ben Gvir ha voluto mantenere le promesse e alimentare i timori dell’opposizione e di chi lo sta a guardare nel resto del mondo. La visita alla Spianata delle Moschee, il monte del Tempio per gli ebrei, sembrava rinviata dopo un colloquio con il premier Benjamin Netanyahu, invece il leader ultranazionalista ha varcato ieri mattina i portoni che portano al terzo luogo più sacro per l’Islam e alla roccia che per l’ebraismo è il punto d’incontro tra il Cielo e la Terra, la rupe a cui Abramo ha legato Isacco, il basamento del Primo e del Secondo Tempio, distrutto dai romani nel 70.
Il ministro ha chiesto di rimanere da solo per numerosi minuti, un momento di raccoglimento per saldare con un gesto il suo obiettivo principale: modificare lo status quo che dal 1967, dalla cattura israeliana di queste aree alla Giordania, prova a mantenere l’equilibrio attorno ai macigni più contesi tra i macigni contesi della Città Vecchia. Allora il generale Moshe Dayan aveva preferito lasciare l’amministrazione della Spianata al Waqf, l’organizzazione islamica che gestisce i luoghi sacri sotto la supervisione del regno ashemita, e aveva definito le regole ancora in vigore: gli ebrei possono visitare l’area ma non pregarvi, Israele è responsabile per la sicurezza della struttura.
I gruppi a cui appartiene Ben Gvir, che abita nella colonia di Kiryat Arba vicino a Hebron, premono da anni perché i patti vengano cambiati. Lui in un tweet ha ribadito: «Il monte del Tempio è aperto a tutti». Ed è toccato a Netanyahu precisare che la passeggiata – in troppi ricordano quella di Ariel Sharon alla fine di settembre del 2000, tra le cause che scatenarono la Seconda intifada – non «indica che il governo voglia intaccare lo status quo». Nelle settimane di trattative per arrivare al patto di coalizione il premier, tornato al potere dopo un anno e mezzo all’opposizione, è già dovuto intervenire per provare a tranquillizzare gli israeliani e per dimostrare di poter mantenere il controllo sulle frange più oltranziste. Questa volta deve tentare di calmare la comunità internazionale, americani, europei e il mondo arabo.
I primi a reagire sono proprio i custodi giordani che accusano Ben Gvir di «aver assaltato la Spianata senza rispettare la legalità» e di «averne violato la santità». Da Gaza i fondamentalisti di Hamas avevano minacciato che «la visita porterà a un’esplosione», la Jihad Islamica proclama di avere «le dita sui grilletti» e le forze di sicurezza israeliane hanno alzato il livello di allerta. Il capo della polizia – che adesso risponde a Ben Gvir – aveva spiegato che le provocazioni a Gerusalemme dell’allora parlamentare dell’estrema destra avevano contribuito all’escalation verso gli undici giorni di guerra con Hamas nel maggio del 2021. Di sicuro il ministro per la Sicurezza nazionale (in passato condannato per sostegno a un’organizzazione terroristica) ha voluto testare la voglia di combattere dei palestinesi: «Se Hamas pensa di potermi intimidire con le minacce, farebbe meglio a capire che i tempi sono cambiati». E Zvika Fogel, deputato del suo Potere Ebraico, ha rincarato: «Se decideranno la rappresaglia, sarà la loro ultima guerra».
Yair Lapid, alla guida del governo fino all’insediamento di Netanyahu, commenta: «Questo è quello che succede quando un primo ministro debole è forzato ad affidare la città più esplosiva del Medio Oriente all’uomo più esplosivo del Medio Oriente». Gli alleati americani vogliono da subito stoppare le mire di Ben Gvir e avvertono che qualunque cambiamento allo status quo è «inaccettabile». Ancora più dura la reazione dei neo-alleati: gli Emirati Arabi parlano di «attacco» e secondo il telegiornale israeliano, Netanyahu – che considera gli accordi di Abramo firmati con il Paese del Golfo il suo lascito alla Storia – ha dovuto posticipare la visita già annunciata ad Abu Dhabi con la scusa di «questioni logistiche».