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 2023  gennaio 04 Mercoledì calendario

Zaia parla dello scontro con Crisanti

Presidente, ci aiuti a capire partendo dall’inizio. Quando ha conosciuto Crisanti?
«Direi sette o dieci giorni dopo il 21 febbraio 2020, il giorno in cui è partito il focolaio di Vo’ euganeo. Prima di allora non l’avevo mai incontrato, sentito o conosciuto».
Luca Zaia interviene sulla polemica con il microbiologo Andrea Crisanti, oggi senatore del Pd, ma dal settembre del 2019 direttore del laboratorio di microbiologia di Padova. Una polemica che vede sotto inchiesta i dirigenti regionali Patrizia Simionato e Roberto Rigoli per un esposto dello stesso Crisanti.
Ma quindi Crisanti a Vo’ euganeo c’era o non c’era?
«Alla riunione del 21 febbraio 2020, no»».
Ma chi ha deciso, allora in quel caso?
«Io quella sera, sulla base di quel paziente, poi diventato il primo morto in Italia, ho deciso in totale autonomia e contro le linee guida dell’Oms che prevedevano il tampone solo per i sintomatici, di fare il tampone a tutti e 3.500 abitanti di Vo’e di chiudere il Comune con la zona rossa».
Se Crisanti allora non c’era, come entra nella vicenda?
«Il professor Crisanti mi chiama dopo una settimana circa, si presenta e mi dice, testuale: “Lei ha creato le condizioni per qualcosa che non esisteva, la chiusura del Comune e i tamponi. Mi finanzierebbe i tamponi a fine quarantena, allora di quindici giorni, che così ci faccio uno studio?”. E io così ho fatto».
E allora, come mai il rapporto si è degradato?
«Parlo con dispiacere di questa vicenda, perché il professor Crisanti l’ho coinvolto e ci ho creduto, è un professionista. Il problema è che si sono susseguite polemiche, dichiarazioni forti. Il tutto, puntualmente, sui giornali. Il che, piano piano ha deteriorato la serenità nella squadra. Ha anche distribuito ai giornalisti dei messaggi tra me e lui».
Cosa avrebbe dovuto fare?
«Guardi che lui è stato nominato fin da subito nel Comitato tecnico scientifico per il Covid che riunisce i più autorevoli esponenti della sanità, accademici e non. Lui avrebbe potuto benissimo parlare in quella sede. Anche come luogo di confronto».
Crisanti però in più occasioni vi ha accusato di aver fatto troppi tamponi rapidi...
«Mi perdoni. Noi siamo la comunità che più ha fatto tamponi nella storia. Certo, i tamponi molecolari sono il gold standard. Siamo arrivati a farne 23 o 24 mila al giorno, con uno stress altissimo per tutta la macchina».
Ma perché allora avete usato i tamponi rapidi?
«Ora, io dico... Avessimo avuto la possibilità di fare i molecolari per tutti, non c’era questione. In un giorno che prendo a caso, abbiamo fatto 24.832 test molecolari e 164.189 tamponi rapidi. E abbiamo trovato 13.094 positivi. Io dico: se tu hai 10 persone in acqua e solo tre salvagenti, agli altri butti una tanica, una corda, quello che hai. Che poi, attenzione: è quello che hanno fatto tutti».
Mi scusi: ma i tamponi rapidi erano certificati?
«Assolutamente sì, dalle autorità nazionali e internazionali. E sono peraltro quelli che in Italia abbiamo usato tutti».
E la vostra mortalità rispetto alle altre regioni?
«Le rispondo con un articolo del marzo scorso pubblicato su Lancet. Ha valutato la mortalità da Covid sul 2020 e 2021: per l’Italia pari 227,4 morti ogni 100mila abitanti. Per il Veneto, 177,5 morti su 100mila, tra i valori più bassi di tutte le Regioni italiane».
Resta che l’intercettazione che la riguarda è antipatica. O no?
«Guardi, io non ho nulla da nascondere e mi rendo responsabile di ogni cosa che dico. Purché contestualizzata. Tra l’altro, io non ero l’intercettato. A noi tutto è stato notificato come eventuale parte offesa».
E non si è arrabbiato perché le conversazioni sono state rese pubbliche?
«Con rassegnazione, devo prendere atto che sono state diffuse intercettazioni che non potevano esser diffuse. In questo paese, ormai la normalità».
Ma quel «stiamo per portarlo allo schianto» che cosa significa?
«Significa che lui sosteneva di essere stato denunciato dalla Regione. Ne è partito un dibattito sui giornali molto importante, che ha coinvolto anche il Senato accademico di Padova. Nonostante noi avessimo detto che non era vero, la polemica proseguiva. E dunque, il linguaggio in una conversazione privata può essere stato un po’ forte, ma significa semplicemente quello: che andando a vedere le carte, il professor Crisanti ci avrebbe dovuto dar ragione. Non era una denuncia».
E perché si è arrabbiato con i dirigenti che hanno precisato che non c’era alcuna denuncia nei confronti di Crisanti?
«Per lo stesso motivo. Se lui andava avanti con il dire che noi lo avevamo denunciato, sarebbe venuto fuori il problema e si sarebbe visto che non c’era niente. Ma i miei han detto di no, che la denuncia non c’era e dunque tutto si è chiuso».
Alla procura, dunque, avete mandato un esposto?
«Non un esposto, ma credo bancali interi di materiali. Ovviamente non sul professor Crisanti: ogni volta che sorgevano contestazioni o perplessità sulle scelte dei tecnici di sanità pubblica, abbiamo provveduto a informare l’autorità giudiziaria delle fonti scientifiche a supporto delle scelte. E questo è accaduto sin dal febbraio 2020».