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 2023  gennaio 03 Martedì calendario

Parla uno degli ecologisti imbrattatori

Michele, 27 anni, è un attivista di Ultima generazione. Come i tre dei cinque militanti che ieri hanno imbrattato la sede del Senato con vernice lavabile e sono stati arrestati, anche lui ha subito lo stesso trattamento per aver preso di mira edifici dell’Eni. «Ho avuto un processo per direttissima. Il pm chiese per me l’obbligo di firma tre volte al giorno, ma ho avuto modo di parlare per 12 minuti, davvero un onore la concessione del giudice. Per 12 minuti ho parlato con dati precisi di quanta gente sta morendo e di quanta ne morirà secondo le previsioni attuali. E il giudice ha deciso che potevo andare a casa».
Quindi è finita?
«No, ci sarà il processo e credo che patteggerò per una diminuzione della pena. Non è la prima volta che prendiamo di mira i palazzi del potere».
Ma il Senato è un’altra cosa. Non correte il rischio di creare rigetto per la vostra battaglia nell’opinione pubblica?
«Conosce uno studio di sociologia che lo dimostra? Io conosco studi che dimostrano il contrario. Oggi su Twitter l’espressione "climate change" è tra le prime tre più cercate. Non era mai successo in Italia. I motori di ricerca confermano quanto stia aumentando la ricerca sul cambiamento climatico. E l’altra cosa che sta aumentando è il numero di cittadini che sono preoccupati per la crisi climatica. Un recente sondaggio dice che oltre i 90% delle persone vorrebbe maggiori investimenti nelle rinnovabili. Il nostro obiettivo è far diventare una priorità le nostre richieste».
Cosa chiedete?
«No gas e no carbone. Nell’Adriatico ce ne è pochissimo, se anche facciamo cento pozzi risolviamo il problema del nostro fabbisogno, forse, per un anno. Bisogna attivare il solare e l’eolico. Il governo si è impegnato ad attivare nove centrali nei prossimi mesi, datecene altre dieci e ci fermiamo immediatamente».
Il vostro gruppo è formato da ragazzi molto giovani?
«Ci sono anche anziani e persone in pensione».
Avete intenzione di diventare un partito politico?
«Ultima generazione no. Se qualcuno vorrà farlo come un progetto autonomo potrà essere una buona idea, ma è troppo presto: ora l’obiettivo è mettere al centro l’ambiente e avere risposte concrete dalla politica. I movimenti ambientalisti crescono ovunque in Europa e credo che in parte dipenda anche dalle azioni di protesta. Noi siamo disperati».
Perché?
«L’Onu ha messo nero su bianco che un quarto dei bambini del pianeta sarà a rischio per le risorse idriche. E questo vuol dire che, da qui al 2040, un quarto dei bambini potrà morire di sete. E voi giornalisti dovreste ribellarvi perché anche per colpa vostra la gente morirà di fame e di sete. I suoi figli e i suoi nipoti creperanno di sete perché l’Italia sarà desertificata per più di un quinto entro 25 anni. Non ci sono scuse. Può scrivere questo nell’articolo? Non basta dire sono contrario al fossile bisogna impegnarsi sul serio. Coprite solo l’1,5 % delle notizie, secondo i dati Greenpeace».
Siete non violenti? Le vostre azioni lo sono?
«Noi abbiamo due chiari limiti: uno è che non faremo mai male fisicamente a nessuno, due non offenderemo mai nessuno. Le vernici sono lavabili. Poi qualcuno scrive che facciamo azioni terroristiche».
Quello di ieri è stato un attacco alle istituzioni?
«Sì, abbiamo imbrattato la facciata del Senato con vernice lavabile. E abbiamo raggiunto almeno l’obiettivo che si parli della drammatica crisi ambientale in atto. La politica deve dare risposte ai cittadini preoccupati per quello che sarà il più grande genocidio della storia umana».
Avete una rete di avvocati?
«Sì. E negli ultimi mesi diversi avvocati si sono fatti avanti dicendo di condividere le nostre battaglie e volerci difendere. Sta crescendo intorno a noi un consenso passivo, gli intellettuali stanno cominciando a dare segnali di attenzione».