il Fatto Quotidiano, 3 gennaio 2023
La Rai resta senza corrispondenti
I guai, quando arrivano, piombano sempre tutti insieme. Questo si può pensare guardando alla Rai. Dove l’amministratore delegato, Carlo Fuortes, in queste settimane è impegnato sempre più ad accreditarsi con la nuova destra al potere, e in particolare con Giorgia Meloni, per restare al suo posto e non subire uno spoil system che, al momento, non si può escludere. Se ne riparlerà dopo il Festival di Sanremo, quando partirà una girandola di nomine per accontentare i nuovi padroni del vapore.
Nel frattempo, però, gli è esplosa tra le mani una grossa grana, quella dei corrispondenti esteri, con fronti aperti in più parti del globo. Partiamo dalla Russia. Dove si era deciso di spostare Marc Innaro per motivi più politici che professionali. Le difficoltà erano nate da alcune osservazioni di Innaro durante le prime settimane dell’invasione russa all’Ucraina, con ragionamenti che tentavano di spiegare anche la posizione di Mosca. Da qui l’accusa di filo putinismo che gli è stata rivolta da più parti, in primis da Enrico Letta, con polemiche a non finire e molti esponenti politici a chiederne la rimozione. Così dopo un po’ si è deciso di spostare Innaro al Cairo, col parere favorevole del diretto interessato. Anche l’altro corrispondente, Sergio Paini (su cui non c’erano problemi), aveva scelto di cambiare sede, destinazione Istanbul. Il problema è che le due sostitute per Mosca, Caterina Doglio (Tg1) e Liana Mistretta (Rainews), scelte con job posting, sono tuttora sprovviste di visto e quindi non possono entrare in Russia. E non è dato sapere se e quando il Cremlino (dove sono sempre molto attenti ai giornalisti in ingresso) lo concederà.
Lo stesso era accaduto a Giovanna Botteri allo scoppiare del Covid: lei, all’epoca corrispondente da Pechino, era rimasta fuori dalla Cina per problemi, appunto, di visto. Tra l’altro per Mosca è stata scartata la candidatura di Alessandro Cassieri, per molti anni in Russia, che il visto ce l’ha eccome. Risultato: Paini e Innaro sono ancora a Mosca, con quest’ultimo che lavora a mezzo servizio perché, sempre per i motivi di cui sopra, Tg1 e Tg3 preferiscono non utilizzarlo.
Altro fronte è New York, dove Lucia Goracci era stata mandata per affiancare il capo sede Claudio Pagliara. Ma siccome tra i due non corre buon sangue, si era deciso di tenere una a New York e l’altro a Washington. Risultato: dopo qualche tempo Goracci ha piantato tutti in asso, è rientrata in Italia e si è messa in ferie, senza dare giustificazioni (un fatto che in un’azienda normale avrebbe provocato provvedimenti disciplinari anche seri). Dal 12 dicembre è in forza alla redazione esteri del Tg3, con notevole scontento dello stesso Fuortes, che ora dovrà trovare un altro corrispondente per l’America: è stato aperto un job posting dove tra i candidati ci sono Laura Pepe (Gr), Alberto Romagnoli (corrispondente da Bruxelles) e Nico Piro (Tg3).
Altro caos in Africa. Qui mamma Rai ha una storica sede a Nairobi, per cui si era candidata Maria Cuffaro, vincendo la solita gara interna. Una volta arrivata lì, però, la giornalista ha cambiato idea, ha rinunciato ed è tornata in Italia. Ora la sede è vacante.
Infine, a breve si aprirà il problema Gerusalemme: il capo sede Giancarlo Gioielli sta per andare in pensione, ma per il sostituto a Viale Mazzini sono ancora in alto mare. Nel frattempo sembra invece che Andrea Vianello, direttore del Gr e di Radio 1, si sia proposto per Madrid oppure per aprire una sede in Sudamerica (che avrebbe un senso), dove la Rai è sprovvista (in totale le sedi estere sono 11): se così fosse, lascerebbe libera una casella, il Gr, che fa molta gola alle truppe meloniane in marcia su Viale Mazzini.