Il Messaggero, 3 gennaio 2023
Intervista a Giovanni Veronesi
Una risata ci salverà. Il grande giorno con Aldo, Giovanni e Giacomo, unica commedia italiana di Natale, sta andano fortissimo: secondo al box office dietro l’imbattibile Avatar, ha già incassato oltre 4 milioni e 850 mila euro. E sono entrati nella top ten anche gli esilaranti Tre di troppo e I migliori giorni usciti il 1° gennaio. Ma le commedie made in Italy, che un tempo sbancavano i botteghini a scatola chiusa, sono sempre di meno e hanno perso molto del loro appeal presso il pubblico. Un genere al capolinea? Assolutamente no, risponde Giovanni Veronesi, 60 anni, un regista abituato a parlar chiaro (sui social si autodefinisce «incazzato») all’attivo grandi successi come la saga Manuale d’amore, Italians, Moschettieri del re e a breve proprio un film da ridere, molto atteso: Romantiche, da lui prodotto e co-sceneggiato, regia dell’esordiente romana Pilar Fogliati, 30, anche protagonista in quattro diversi personaggi, in sala l’8 marzo.
Il suo omaggio alle quote rosa?
«No, ho deciso di sostenere Pilar perché credo nel suo talento: è romantica e insieme comicissima. Può tener testa a chiunque. Punto su di lei perché appartiene alla generazione che svecchierà il cinema italiano».
La nostra commedia si è afflosciata per colpa del pensiero politicamente corretto che imbavaglia l’ispirazione?
«Nemmeno per sogno. Si fanno troppi remake, con faciloneria dopo due corti vieni promosso regista, si punta su storie inoffensive. Ma il cinema non è dei produttori che, preoccupati solo di recuperare i soldi ed evitare il fallimento, non fanno film ma operazioni produttive: il cinema è degli autori che hanno l’urgenza di esprimersi».
Lo streaming ha ucciso la sala?
«Quando mai, le sale vengono uccise dai brutti film. Il pubblico non è fesso: riconosce la qualità, come dimostrano i super-incassi di un ottimo film come La stranezza».
La commedia ha perso colpi perché non sa più raccontare la realtà?
«Questo è un momento confuso, depresso ma la commedia non tramonterà mai perché ci rappresenta con implacabile precisione. La pandemia ha fatto emergere quello che siamo, cioè i soliti eroi vigliacchi. Gente frustrata che non ha più ideali ma cerca di vivere meno peggio il presente».
Chi sono i migliori?
«Sorrentino, Garrone, Virzì, il mio faro Moretti, Verdone che sta sulla cresta dell’onda da oltre 40 anni, Benigni che per primo ha fatto vincere l’Oscar a una commedia, La vita è bella. E Zalone, che fa morire dal ridere con il suo personaggio scorretto».
Gli youtuber rappresentano la nuova risorsa della commedia?
«No, sono un fenomeno passeggero. A parte pochissime eccezioni, durano lo spazio di uno sketch sul web. Ma il cinema non si fa con i ritmi veloci di internet o con il concept, l’ideuzza che magari convince il produttore però non tiene il respiro di un intero film».
La tecnologia non ha cambiato le regole?
«Dal punto di vista tecnico. Ma il cinema si fa come una volta, con i tempi di cui ha bisogno. Sarebbe assurdo chiedere a mio fratello (il premiatissimo scrittore Sandro Veronesi, ndr) di sfornare un romanzo in sei mesi. Anch’io voglio la libertà di meditare un film per due anni».
Lo sta facendo?
«Ho in pentola due progetti, una commedia e un film storico. Non ho ancora deciso a quale dare la precedenza. Per il momento mi concentro sul debutto di Fogliati».
Ma non la tenta una serie, il genere che cattura sempre più i suoi colleghi?
«Per carità. Detesto le storie concepite a tavolino con gli ingredienti buoni per soddisfare i gusti del pubblico. Se incontro un algoritmo, lo gonfio di mazzate».