la Repubblica, 2 gennaio 2023
Angelo Guglielmi e quelle cinque giornate di Palermo
Si incontravano ogni sabato, il vecchio Angelo Guglielmi e il giovane Carmelo Caruso, senza mai parlare della “buona televisione”, («non la guardo e non la so fare»), la famosa Raitre, di sinistra ma con Ferrara, «il mio amico Giuliano».
Solo letteratura, invece, anche a pranzo, mangiando un uovo sodo immacolato, senza ditate sul bianco: «Il cibo deve stare su un carrello, non a tavola». Ne è nato il libro postumo di Guglielmi,L’avanguardia in Bermuda, un piccolo capolavoro di malinconia, edito da Aragno, «il solo che non fa libri per fare soldi». È una Spoon River dove la prosa di Arbasino «sa di merda come capita alla più raffinata cucina francese», Vittorini traduce gli americani «ma non sa l’inglese», Calvino in silenzio si interroga «su cosa resterà dopo la fine della Storia». E Cassola, Bassani e Pasolini, «liale della letteratura», hanno il ruolo dei «Salazar, dei despoti». Emilio Cecchi è «il papa» che Gugliemi prova a spodestare, Moravia e Dacia Marina si «imbucano» nel vagone letto dell’avanguardia che demolisce «il Canone», ma si incantano a Segesta. E Feltrinelli già deraglia: «Diventa frettoloso, approssimativo, scalmanato». Solo noi lettori siamo allegri, saltellando da un ciglio all’altro dei 28 paragrafi: lì in fondo c’è Sciascia con le antipatie di moralista, al Blu Bar si riuniscono i cardinali, Bo, Montale, Gatto, Sereni e Anceschi, che è «l’irregolare regolato». Un bel giorno, forse di maggio, non più «belletrista» ma finalmente «lievitante», «Gadda diventa Gadda». Filippini scopre la letteratura latino-americana ma anche la filosofia di Merleau-Ponty, e Balestrini, che rivendica il numero «transnazionale» 63, si avvelena d’ideologia. Compaiono le dotte scempiaggini di Toni Negri e si intravedono i mandati di cattura e le fughe a Parigi nella filigrana di questi scritterelli errabondi dove Umberto Eco diventa «di vaga sinistra» e John Cage, nella Pensione Fontana di Milano, compone la “Fontana mix” per risarcire la concupiscenza della signora Fontana, che avrebbe soddisfatto se non fosse stato omosessuale. Si trasforma, alla fine, in un agitato manualetto di letteratura italiana contemporanea per classi di quinto liceo, la serpentina di ricordi avvolgenti che la penna stregata di Carmelo Caruso arieggia e ordina, pur senza mai tradire l’intensità nervosa che di Guglielmi era il fascino. È vero che il tema è “il gruppo 63”, ma è difficile oggi pensare che siano cocci di uno stesso vaso Dorfles e Celati, Giorgio Manganelli e Achille Bonito Oliva, Furio Colombo e Sanguineti… Forse, già allora, le cinque giornate di Palermo degli “illeggibili”, abbronzati in bermuda e sbronzati in doppiopetto, non furono un’epica, ma solo un pretesto per il gran finale della letteratura italiana. E per questo libro che le dà l’addio.