La Stampa, 2 gennaio 2023
Il testamento di Ratzinger
Nel suo testamento spirituale incoraggia a «rimanere saldi nella fede», che può e deve sempre dialogare con la ragione e la scienza. Afferma che «la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Corpo di Cristo». E chiede «perdono di cuore a chi ho fatto torto». L’altro ieri «l’umile lavoratore nella vigna del Signore», come Joseph Ratzinger si presentò al mondo da Pontefice, ha concluso la sua giornata, all’età di 95 anni. Benedetto XVI, il Papa che nel febbraio 2013 scese clamorosamente dal soglio di Pietro, alle 9,34 del 31 dicembre 2022 ha esalato l’ultimo respiro nel Monastero Mater Ecclesiae, circondato da chi lo ha sempre accudito: il suo segretario particolare monsignor Georg Gaenswein e le quattro laiche consacrate «Memores Domini»; a loro, in questi giorni di malattia, si sono aggiunti i medici del servizio sanitario vaticano, tra cui un frate molto vicino al Papa emerito. Fonti vaticane raccontano che il Pontefice tedesco sia morto «sereno», si è spento.
«Signore ti amo»: sono le ultime parole, pronunciate in italiano, da Ratzinger nella notte prima di morire (le rivela il quotidiano argentino La Nacion). Le ha raccolte nel cuore della notte un infermiere, spiega il direttore editoriale dei Media vaticani, Andrea Tornielli, su Vatican News. «Erano circa le 3 della mattina del 31 dicembre. Ratzinger non era ancora entrato in agonia, e in quel momento i suoi collaboratori e assistenti si erano dati il cambio». Con lui, in quel momento, «c’era solo un infermiere che non parla il tedesco. "Benedetto XVI – racconta commosso il suo segretario, Gänswein - con un filo di voce, ma in modo ben distinguibile, ha detto, in italiano: ‘Signore ti amo!’ Io in quel momento non c’ero, ma l’infermiere me l’ha raccontato poco dopo. Sono state le sue ultime parole comprensibili, perché successivamente non è stato più in grado di esprimersi"». La vaticanista di Tv2000, l’emittente della Cei, spiega che il tracollo fatale è stato determinato dalla febbre e da un blocco renale. Gaenswein ha subito telefonato a Papa Francesco, che è accorso in pochi minuti e ha benedetto la salma del suo predecessore.
Da questa mattina il corpo di Ratzinger è nella Basilica di San Pietro (chiusa la notte) per il saluto dei fedeli. I funerali saranno celebrati giovedì alle 9,30 in piazza San Pietro, presieduti da Jorge Mario Bergoglio: «Assecondando il desiderio del Papa emerito - comunica il direttore della Sala stampa della Santa Sede Matteo Bruni - si svolgeranno nel segno della semplicità. Saranno solenni ma sobri».
Il testamento spirituale
Nell’ultima serata del 2022 da Oltretevere viene diffuso il testo con i lasciti spirituali del Papa emerito: «Rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere! Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita, e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo». L’ha scritto nell’estate del 2006, e non è mai stato cambiato. È un testo snello, in tedesco, nel quale tra l’altro ringrazia e cita anche i suoi affetti e la sua Baviera. A tutti «quelli a cui abbia in qualche modo fatto torto», chiede «di cuore perdono». Riflette sul dialogo tra ragione e fede. Le scienze sembra «siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica - avverte - Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza»; così come, «d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità». Cita le tante tesi da lui studiate, da quella liberale a quella marxista. E afferma: «Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede». E poi, ecco come si preparava alla fine del suo «pellegrinaggio» terreno: «Chiedo umilmente: pregate per me, così che il Signore, nonostante tutti i miei peccati e insufficienze, mi accolga nelle dimore eterne».
Le parole di Gaenswein
In un intervento per il quotidiano tedesco Bild, Gaenswein difende il Vescovo emerito di Roma da varie critiche: «Non era un Papa attore e ancor meno un insensibile automa papale. Era e rimase pienamente umano anche sul soglio di Pietro». Benedetto XVI è stato «assolutamente occidentale», e ha incarnato la ricchezza della tradizione cattolica dell’Occidente come nessun altro, sostiene Gaenswein (come riporta l’agenzia Sir): «Allo stesso tempo ha aperto così audacemente la porta a un nuovo capitolo nella storia della Chiesa togliendosi il suo Anello del Pescatore (simbolo pontificale, ndr) di suo libero arbitrio. Non c’era mai stato un passo come questo prima d’ora e non deve sorprendere, quindi, che alcuni lo vedessero come rivoluzionario, mentre altri vedessero il papato come demitizzato – o semplicemente più umano». Il Segretario condivide le emozioni dell’incontro di Benedetto XVI con le vittime di abusi a Malta nel 2010: «Il Papa ha ascoltato in silenzio e ha confortato i cuori turbati delle persone colpite. La sua sola presenza e le lacrime che ha versato sono state capaci di più delle parole. La vergogna di quanto era accaduto portò all’affermazione del Santo Padre di fare di tutto perché simili casi non si ripetessero». E poi, la rinuncia al pontificato: Benedetto XVI non si è dimesso per il tradimento del suo maggiordomo o per vatileaks (i documenti sottratti al Papa e diffusi): quello scandalo era «troppo piccolo per questo, mentre questo ben ponderato passo del millennio di Benedetto XVI era molto più grande. Con un atto di straordinaria audacia, ha rinnovato questa carica e l’ha potenziata con le sue ultime forze. Sono convinto che la storia lo dimostrerà». E al Tg1 dice: «Dopo la rinuncia non ha mai avuto un momento in cui ha dubitato o detto "Me ne pento"».
Giovane teologo al Concilio
Nato in Germania – anzi, in Baviera – nel 1927 in una famiglia semplice e cattolicissima, ordinato prete con il fratello Georg nel 1951, dottore in Teologia due anni dopo, dal 1957 è professore di Teologia dogmatica. Un brillante, giovane docente che insegna a Frisinga, Bonn, Munster, Tubinga, Ratisbona. E partecipa al Concilio Vaticano II, accompagnando il cardinale arcivescovo di Colonia Josef Frings.
Il custode della fede
Nel 1977 Paolo VI lo nomina Arcivescovo di Monaco di Baviera, e poco dopo lo crea Cardinale, a soli 50 anni. Giovanni Paolo II, nel novembre 1981, lo richiama a Roma, per affidargli la guida della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’antico Sant’Uffizio. Fino alla morte di Karol Wojtyla, nel 2005, i due lavoreranno fianco a fianco, così diversi ma complementari, nella totale reciproca fiducia. Con richiesta di dimissioni del Prefetto più volte respinte dal Papa polacco, che lo vuole accanto a sé fino all’ultimo giorno.
Un tedesco ad Auschwitz
Alla morte di Giovanni Paolo II, contro le sue aspettative, in meno di 24 ore i cardinali lo eleggono Papa. Ha 78 anni. Viaggerà anche lui, come il predecessore, seppure di carattere schivo e riservato. A maggio del 2006 entra nel posto del male assoluto del XX secolo, il campo di sterminio nazista di Auschwitz. E lì, il Papa tedesco, dice: «In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio – un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché hai potuto tollerare tutto questo?».
Il "panzerkardinal" timido
Lo chiamavano panzerkardinal, rappresentandolo come un inossidabile conservatore, chiuso ermeticamente verso omosessualità e matrimonio dei preti, troppo teologo che si è allontanato dalla gente, rigido, cinico e freddo difensore della dottrina e basta. Lui risponde indirettamente a questo ritratto parlando in continuazione della «gioia cristiana».
Ratzinger è timido e allo stesso tempo spiritoso. Alla fine di un pranzo, ancora porporato, rifiuta il digestivo, ma quando sa che si tratta del brandy Cardenal Mendoza, cambia idea: «Allora sì! È l’unico cardinale che non fa male».
Scandali in Vaticano
Gli ultimi anni del pontificato sono dolorosamente segnati dagli scandali della pedofilia e di vatileaks. Riaffiora prepotentemente la «sporcizia» che Joseph Ratzinger aveva denunciato nella Via Crucis al Colosseo del 2005, l’ultima di Giovanni Paolo II.
Benedetto XVI compie atti coraggiosi, come le nuove severissime regole contro gli abusi sui minori. E introduce in Vaticano le norme antiriciclaggio.
L’affetto tra i due Pontefici
Alcune tensioni aprono Oltretevere la «questione costituzionale» sull’assenza di una regolamentazione dell’istituto del pontefice emerito.
In ogni caso Ratzinger più volte assicura che la sua amicizia con papa Francesco è forte e inossidabile. Si sente «protetto dalla sua bontà». E mentre il suo successore è sotto attacco da alcuni fronti interni, ricorda ai nuovi cardinali «il valore della fedeltà al Pontefice».
Francesco, che lo considera il «nonno saggio», lo vuole accanto più volte. Ratzinger accetta, ma senza confusioni. Al Concistoro del 2014 – racconterà il cardinale Giovanni Lajolo – «ha voluto sedere su una sedia semplice accanto ai cardinali, e non c’è stato verso di fargli cambiare posizione».