Anteprima, 30 dicembre 2022
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Biografia di Vivienne Westwood
Vivienne Westwood (1941-2022). Stilista inglese. Creatrice dello stile punk. Trasgressiva. Eccentrica. Con le svastiche sulle Tshirt, i crocifissi capovolti e le bluse in stile camicia di forza ha segnato un’epoca • «Era nata nel Derbyshire figlia di operai del tessile, Gordon e Dora Swire. Una famiglia della campagna inglese. E lei cresce proprio così, fra picnic e feste del raccolto. Chi avrebbe mai pensato che quella ragazzina rossa e rossa (o bionda e bionda?), dai grandi occhi celesti e la pelle di porcellana, sarebbe diventata la regina del punk? E che avrebbe così vestito generazioni di gioventù ribelli prima con pelle e borchie, e poi con corsetti e panier? Gli abiti come manifesto, ma anche la sua vita, che sino all’ultimo ha graffiato e vissuto, parlando e parlando di tutte le ingiustizie che secondo lei andavano cancellate: dall’inquinamento, alla sostenibilità alla pena di morte. A Londra Vivienne arriva a 17 anni, ma lascia presto l’università perché si annoia: la city la cattura e la stimola a esplorare luoghi e persone. A ventuno anni sposa Derek Westwood, ha un figlio, ma la città la tenta. Conosce Malcom McLaren, il musicista che sarà da lì a poco l’impresario dei Sex Pistols e lei con lui diventerà la più irriverente stilista del Regno Unito. Insieme aprono una boutique, al 430 di King’s Road. Una vetrina che cambierà più nomi (da “Let it Rock”, “Too fast to live, too fast to die” a “Sex”), e sarà uno scandalo dopo l’altro, poliziotti sempre in agguato. Come quella volta, nel 1974 quando per una collezione piuttosto hard, fatta di abiti di cuoio e magliette di latex, catene e t-shirt porno, intervennero a mettere i sigilli. Poi vennero i Sex Pistols e le irriverenze contro la regina Elisabetta, che nel ‘92 la perdonerà conferendole addirittura l’Ordine Britannico. È che lei, “Vivi”, autodidatta e caparbia, nelle etichette proprio non è mai riuscita a stare: “L’unico motivo per cui faccio moda è fare a pezzi la parola conformismo”, era una delle frasi storiche che amava ripetere a chiunque le si avvicinasse definendola. Così, quando la ribellione si fa establishment, esplora altro. In nome di una disciplina cultura, l’unica da lei seguita, si mette a studiare storia del costume. L’Ottocento l’affascina, ed ecco i corsetti, le parrucche, le gonne di crine, i faux cul. La tradizione, già. Incredibile. E in poco tempo, la moda, quella grande e vera, la celebra: il Victoria and Albert Museum le dedica addirittura la più grande mostra allestita per una stilista vivente. E da Londra Vivienne si sposta a Parigi. Ha sempre dormito poco e lavorato tanto, questa signora. L’Atelier, la vita fra l’Inghiletrra e la Francia, e poi una cattedra a Vienna. L’anno in cui la regina le fa l’onore di una medaglia (alla cerimonia la stilista ne fa una delle sue e si prende gioco dei fotografi alzando la gonna per far vedere che non porta la lingerie) incontra anche il futuro marito, Andreas Kronthaler, suo allievo alla scuola di moda austriaca, 25 anni più giovane. Dove è il problema? È amore a prima vista. Si sposano poco dopo, durante una pausa pranzo a Londra. Lui diventa il suo assistente inseparabile al quale lei lascia la direzione creativa nel 2016, non certo per andare in pensione. Il mondo, raccontava a chiunque andasse a salutarla, ha bisogno di altro. "Basta parlare di vestiti", ammoniva a chiunque le si avvicinasse nei backstage degli show curati dal marito. Peccato che non appena l’attenzione era voltata da un’altra parte, lei velocemente sistemava questo o quell’abito. Un’attrazione fatale verso la cosa più giusta da fare» [Pollo e Bandirali, CdS]. Si è spenta serenamente a Chantam, Londra, circondata dall’affetto dei suoi cari. Aveva 81 anni.