5 dicembre 2022
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Biografia di Franco Carraro
Franco Carraro, nato a Padova il 6 dicembre 1939 (83 anni). Dirigente sportivo. Membro del Comitato olimpico internazionale (Cio) (dal 1982: onorario dal 2020); già membro del consiglio esecutivo dell’Unione delle federazioni calcistiche europee (Uefa) (2004-2009). Già presidente del Comitato olimpico nazionale italiano (Coni) (1978-1987), della Federazione italiana giuoco calcio (Figc) (1976-1978; 1986-1987, come commissario straordinario; 2001-2006), della Lega nazionale professionisti (Lnp) (1973-1976; 1977-1978, come commissario straordinario; 1997-2001), del Milan (1967-1971: all’attivo lo scudetto 1967/1968, la Coppa dei campioni 1968/1969, la Coppa intercontinentale 1969 e la Coppa delle coppe 1967/1968), della Federazione italiana sport invernali (Fisi) (2011-2012, come commissario straordinario) e della Federazione italiana sci nautico (Fisn) (1961-1975). Ex sciatore nautico (campione europeo: 1956, nello slalom e nella combinata; 1961, nello slalom). Dirigente d’azienda. Presidente di Smeralda Holding (dal 2006). Già presidente di Impregilo (1994-1999), del Consorzio Venezia Nuova (1995-2000) e di Ipse 2000 (2000-2001). Banchiere. Già presidente del Mediocredito Centrale (Mcc) (2000-2011). Politico. Già ministro del Turismo e dello Spettacolo (1987-1990) e sindaco di Roma (1989-1993). Già senatore (2013-2018: Popolo della libertà, poi Forza Italia). «Non mi è mai successo di rimanere senza una poltrona, o sedia, o sgabello, su cui sedermi. Ho di che vivere, e non ho nessuna angoscia di sapere cosa farò dopo» • «Lei è del dicembre 1939, c’era già la Seconda guerra mondiale. “A Padova ci rifugiavamo nella basilica del Santo, sperando che i bombardieri la risparmiassero. Poi sfollammo a Venezia. Mi perdevo nelle calli”. Educazione severa. “Mia madre rifiutò di mandarmi tra i figli della lupa: ‘Il fascismo presto cadrà’, disse al gerarca. Un giorno a Sestriere, avrò avuto sette anni, rubai un distintivo. Mi prese per l’orecchio davanti a tutti, gridando ‘ladro, ladro!’”» (Aldo Cazzullo). Il padre, imprenditore tessile, «è stato un uomo che mi ha molto amato e, posso dire, anche viziato. Ero figlio unico di un papà che a tredici anni aveva iniziato a lavorare per poter pagare i debiti di mio nonno e così, faticando, ha costruito il proprio benessere e quello della nostra famiglia. […] Per mio padre vedermi crescere sano e studioso, frequentante delle autorevoli scuole, era motivo di riscatto sociale e di soddisfazione personale. In fondo voleva regalarmi tutto quello che lui non aveva potuto avere. Detto questo, era un grande educatore» (a Giovanni Terzi). «Di lui, gli amici di gioventù ricordano un fisico non eccezionale, una certa preferenza per le canottiere traforate, una predisposizione assolutamente straordinaria alla bestemmia pesante (in particolare quando gli va storto qualche tiro al golf). […] Da ragazzo si dedica a sport virili, ma anche distinti: scherma e sci alpino. Quasi passatempi da giovin signore. Non appena cresce un po’, però, cambia sport e si getta su qualcosa più di moda e da vero ricco: lo sci nautico. Suoi compagni in questo sport sono i giovani Donà delle Rose. Nello sci nautico, Franco Carraro emerge: conquista addirittura un bronzo ai mondiali del 1957, e diventa anche campione europeo e italiano. Nel 1961, quindi in anni lontani, diventa presidente della Federazione sci nautico, e lì vede spalancarsi di fronte a sé larghi orizzonti. Lo sport è una giungla di organizzazioni e, mentre altri giovanotti si danno agli affari o alla politica, lui decide che farà carriera dentro lo sport» (Giuseppe Turani). «È entrato nella leggenda il fatto che alle Olimpiadi di Tokyo del 1964 il giovanotto che il presidente del Coni Giulio Onesti presentò al suo fianco si era pagato la trasferta di tasca sua. Quella spesa, fu detto, era un investimento “per conoscere l’ambiente sportivo internazionale”. Soldi ben spesi, visto che due anni più tardi quel signorino in blu era già presidente del Milan di Rivera, che vinse trofei in tutto il mondo» (Riccardo Luna). «Avvenne subito dopo che mio papà Luigi morì per colpa di un infarto. Papà era già entrato nel consiglio di amministrazione della società rossonera, diventandone prima vicepresidente e poi presidente. Per un anno si allontanò dalla società perché non condivideva qualche azione di Felice Riva, l’allora presidente. Poi toccò a me, dal 1967 al 1971. Vincemmo tutto!». In seguito Carraro divenne «commissario della Federcalcio, vicepresidente e infine (nel 1976) presidente. Quando il Vicenza sborsa 5 miliardi di lire per sottrarre Paolo Rossi alla Juve, Carraro lascia la Figc (“il calcio sta diventando un business, è una vergogna e me ne vado”), per diventare subito presidente del Coni» (Michele Caiafa). «Lei da presidente Coni litigò con Craxi, che non voleva mandare l’Italia ai Giochi di Mosca. “Fu lui a litigare con me. Eravamo d’accordo: se sono Olimpiadi andiamo, se sono Spartachiadi no. Gli americani imposero il boicottaggio al cancelliere tedesco Schmidt. Schmidt non voleva essere l’unico europeo a sacrificarsi, e siccome finanziava il Psi chiese a Craxi di fermare la delegazione italiana. Non ci riuscì”» (Cazzullo). «Carraro […] tenne a casa gli atleti militari, ritirò il tricolore e fece sfilare la delegazione dietro un cartello con la scritta “Coni”. […] Un capolavoro» (Claudio Colombo). «“Craxi arrabbiato, non lo auguro a nessuno. Non restava che buttare giù il telefono”. Eppure la fece ministro: Sport e Spettacolo. “Razionalizzai le spese per il teatro e la lirica. Il maestro Gavazzeni interruppe un concerto per far sapere ai melomani che ero un essere riprovevole. Fu acclamato. Quando gliene chiesi conto, rispose che il diabete ogni tanto lo faceva straparlare”. Come mai lei, milanese e milanista, è stato sindaco di Roma? “Comunisti e democristiani avevano fallito. Accettai l’offerta di Bettino, con l’accordo che la campagna elettorale l’avrebbe pagata il partito. Lui però non mi chiese mai nessuna contropartita”» (Cazzullo). «Le vestigia capitoline, 1989-1993, meriterebbero di essere espresse in musica e versi, come del resto si espressero i socialisti di una popolare sezione: “La Garbatella, che di Roma è stella,/ saluta Franco, sindaco dabbene:/ lascia Milan, la sua città natale,/ apposta pe’ cambià la capitale”. Al che lui, che è anche assai pignolo, fece osservare che era nato a Padova. Ma a questo punto per par condicio occorre rammentare ciò che poco amichevolmente creò in suo onore il gruppo proto-rap Banda Bassotti nel brano Cararo sindaco: “Ma che ce sta a fa?/ Da Milano viene/ a rompe proprio qua!/ Perché non provvede/ d’annassene a fa’,/ d’annassene a fa’,/ d’annassene” et cetera» (Filippo Ceccarelli). «Quando era sindaco di Roma la sua giunta fu azzerata dalle inchieste. E i suoi sponsor erano Craxi, Forlani e Andreotti. “Dissi: appena approvano la nuova legge elettorale dei sindaci, mi dimetto. Lo feci. La mia parola, la mantengo”» (Goffredo De Marchis). «Per un po’ di tempo passò all’industria: presidente di Impregilo (gruppo edilizio nato dalla fusione tra la Cogefar Impresit del gruppo Fiat, la Girola e la Lodigiani), si trova, dal 1994, a litigare, come un separato in casa, con la famiglia Romiti e il management della Impresit. Anzi, le cronache raccontano che più volte la coppia Cuccia-Maranghi abbia pregato Cesare Geronzi di invitare il suo pupillo Carraro a fare “solo” il presidente. Evidentemente Carraro aveva il pallino di tenere in mano il pallino, di fare, in pratica, l’amministratore. Il riciclaggio di Carraro, o, meglio, la sua trasformazione in banchiere, Geronzi la perfezionò nel 2000, quando il Banco di Sicilia, già nell’orbita della Banca di Roma, acquisì il controllo del Mediocredito, che divenne la nuova casa del presidente Carraro» (Alberto Foà). «In ambito sportivo, la sua carriera di dirigente ha avuto molti alti ma anche qualche basso: candidato a succedere a sua maestà Juan Antonio Samaranch, per vent’anni boss del Cio, ha perso il treno a furia di schermirsi, di negare, di respingere con fermezza l’ipotesi» (Colombo). A metà 2001 fu rieletto alla presidenza della Figc, in vista dei Campionati del mondo dell’anno successivo. «Un altro al suo posto si sarebbe incollato agli azzurri in Giappone e in Corea, avrebbe marcato stretto il presidente della Fifa Sepp Blatter, avrebbe vigilato sulle scelte degli arbitri. Lui no: lui restò a Roma. […] Il passaggio del primo turno fu un patema: capita l’antifona, Carraro volò in Giappone. Ma era troppo tardi, i giochi erano fatti: per Italia-Corea ci assegnarono l’ecuadoriano Byron Moreno, e tutti sanno come è finita. […] Lì per lì voleva spaccare il mondo. Ma nel volo di ritorno dalla Corea cambiò idea e nella conferenza stampa di Roma se la prese con i giocatori: altroché Moreno, Vieri si è mangiato un gol incredibile, disse. Era tutta un’altra storia, insomma. Perché lo fece? Ma perché aveva capito che era inutile una guerra a Blatter, meglio scendere a patti se non puoi vincere: infatti due mesi dopo Carraro veniva nominato a capo della commissione che controlla gli opachi conti della Fifa. […] Dopo la batosta dei Mondiali, tutta l’Italia in coro chiese le dimissioni di Carraro (e del Trap). Ma lui restò incollato alla poltrona di presidente federale: […] disse che era da irresponsabili mollare in quel momento. Era luglio, e il calcio italiano correva verso il crac: mezza Serie A rischiava di non essere iscritta al campionato per voragini nei bilanci. Ci voleva un banchiere. […] Così a gennaio Carraro fece un altro miracolo. Il decreto spalma-debiti. Una cosa mai vista: in pratica si consente ai club di spalmare su dieci anni le perdite del calciomercato. Solo a un grande uomo di sport poteva venire in mente una roba simile, solo un grande banchiere poteva realizzarla. Carraro è uno e bino» (Luna). «L’intreccio fra i suoi ruoli di banchiere e dirigente sportivo ha provocato spaventosi conflitti d’interesse. La galassia bancaria allora guidata da Geronzi si era trovata, fra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Zero, a controllare, direttamente o indirettamente, numerose società calcistiche (fra le altre Roma, Napoli, Perugia, Lazio), e perciò Carraro era nelle condizioni, da presidente di Lega e soprattutto di Federcalcio, di autorizzare operazioni di salvataggio da lui stesso concepite come dirigente di banca. Particolarmente discusse la ratifica di fidejussioni, poi rivelatesi false, a garanzia dell’iscrizione ai campionati di alcune società finanziariamente malmesse (da qui le denunce, ad esempio, dell’allora proprietario del Bologna Gazzoni Frascara) o le grandi manovre (diluizione del debito fiscale e ricapitalizzazione garantita dalla banca dello stesso Carraro) che consentirono di mantenere in vita la Lazio tecnicamente fallita del dopo-Cragnotti. Dal suo ultimo incarico sportivo nazionale Carraro si è spontaneamente dimesso nel 2006. Era il presidente della Federcalcio travolta dal peggiore scandalo della storia pallonara, Calciopoli. Perseguito a livello sportivo e penale (al di là delle sue responsabilità di omesso controllo, alcune intercettazioni lo avevano colto a colloquio con il designatore arbitrale mentre chiedeva aiuto per la Lazio), è stato assolto a fine iter dai giudici sportivi e prosciolto in istruttoria da quelli penali» (Carlo Manzo e Dario Ronzoni). Eletto al Senato tra le file del Popolo della libertà nel 2013, nel 2018 non fu ricandidato • Due figli, Luigi e Albertina, da Sandra Alecce, «figlia di un’importante famiglia del ramo farmaceutici. Sandra […] conosce tutti, è mondanissima, è una vera maniaca del golf (come Carraro, del resto), e amministra il salotto di casa (e quello di Porto Cervo, in estate) come un lavoro full time» (Turani). «Abita in affitto in un palazzetto settecentesco circondato da un bosco di piante secolari ai piedi del Gianicolo – è il Bosco Parrasio, sede dal 1725 dell’Accademia dell’Arcadia voluta nel Seicento da Cristina di Svezia –, preso in affitto nel 1978 (la precedente inquilina era Susanna Agnelli)» (Caiafa). «Cena alle 8 di sera, un po’ di tv e a letto prima delle undici. “Le rare volte che riesco a trascinarlo al cinema o al teatro – si lamenta sua moglie –, si addormenta a metà spettacolo”» (Mario Gherarducci) • Nel 2017 ha pubblicato un’autobiografia scritta con Emanuela Audisio, Mai dopo le ventitré (Rizzoli) • Tifoso del Milan. «Quando vedo giocare le mie squadre, il Milan e la Nazionale, i rigori, non li guardo mai» (a Valerio Piccioni) • Astemio • «Vestito sempre di blu, […] beve solo acqua non gasata» (Arianna Ravelli) • «Una volta che discuteva di sesso con amici, lui se ne uscì con una dichiarazione da brivido: “Preferisco andare subito a letto con una donna piuttosto che perdere tempo al night”. A Milano c’era ancora la nebbia e si girava in 600. Molti anni dopo, interrogato in proposito, aggrottò le monumentali sopracciglia nere e si scusò: “Nella mia vita non ho commesso molte gaffe: quella frase è una di queste”. […] Da allora pesa le parole con la stessa, maniacale precisione con cui allinea sul suo tavolo di lavoro fogli, penna, gomma e cartellette. Mai un aggettivo fuori posto, mai una sbavatura davanti a microfoni e taccuini. […] Calma e gesso, camicia bianca e gessato, pensieri freddi e parole leggere: se in privato lo descrivono molto meno algido di quanto appaia in pubblico (e per i nemici passa per arrogante), non c’è dubbio che sia l’interprete di un modo molto “british” di essere dirigente politico, aziendale e sportivo. Mediatore per natura, diplomatico e distaccato (anche troppo), ha avuto scuole importanti come quella del padre Luigi, grande industriale padovano del tessuto, e dei due Giulii più potenti dello sport e della politica, Onesti e Andreotti» (Colombo) • «Quella di Franco Carraro, uomo amabile e di mondo, simpatico, ospitale, anche se non gran conversatore, è una carriera super-italiana. Tutta giocata fra la voglia di emergere, i salotti e una moglie intraprendente, il vero asso nella manica di questo milanese-padovano-romano» (Turani). «Il potere di Carraro si stratifica e si ramifica, e la ricchezza […] è sì importante, ma in fondo accessoria. […] Ha detto di lui Gianni Rivera: “È un siciliano allevato a Londra”. Lui ribatte: “Sono un padovano educato a Milano”» (Caiafa). «Uno che fra sport, politica, giornalismo, imprenditoria, ha conosciuto e frequentato tutti ai massimi livelli. E però con un tratto di dichiarata diversità, di avversione per il cinismo e l’inefficienza, di sobrietà personale. Un milanese fino al midollo, anche se di famiglia veneta, di cui Indro Montanelli scriveva: “Tra quelli che si sono trasferiti a Roma, Carraro è quello diventato meno romano”. Uno che va a letto presto» (Fabrizio Ravelli). «Leggendario equilibrista» (Maurizio Crosetti) • «Ha un momento che ricorda in modo particolare nella sua vita politica? “L’incontro a Mosca con Gorbaciov e la sua utopia di un comunismo che si concilia con la libertà. Impossibile: con il comunismo non puoi essere libero. Ma, oggi che è scomparso, è peggio”. Cosa vuol dire? “La scomparsa del comunismo non è un fatto solo positivo, perché un tempo il sistema capitalistico era più attento a dimostrare che si stava meglio con il capitalismo. Oggi, senza comunismo, c’è una maggiore forbice tra ricchi e poveri”. Lei fu ministro e sindaco socialista. Qual è la sua idea su Bettino Craxi? “Ha commesso errori, ma è stato anche sfortunato. Lui credeva nella indipendenza economica del partito e disse alla base ‘pensateci voi’, ma sono certo che non esisteva nessuna volontà di arricchimento personale. Bettino è stato uno statista e un riformista vero”» (Terzi) • Tra gli sportivi ammira particolarmente Pietro Mennea (1952-2013), «un grande, forse il più emblematico atleta dello sport italiano». «Quali fuoriclasse del calcio l’hanno più emozionata? “Mi hanno sempre appassionato l’estro e il talento di Gianni Rivera. Nella Nazionale sono più affezionato a Gigi Riva, l’unico che trascende la figura del giocatore assurgendo a mito. In campo internazionale citerei Pelé, un fenomeno della natura, e Maradona, che nella vita ha combinato disastri ma nel calcio è stato un genio”» (Fabrizio Svalduz). «Mette Rocco [Nereo Rocco (1912-1979) – ndr] tra gli uomini importanti della sua vita. “Fu l’artefice dei successi del mio Milan. E mi insegnò molto umanamente”. Quali sono stati gli altri che hanno segnato la sua vita? “Indro Montanelli e sua moglie Colette, Giancarla e Franco Rosi. Poi Onesti, Franchi, Havelange e Samaranch”» (A. Ravelli) • «L’hanno chiamata in tanti modi: Poltronissimo… “Azzeccata: ho sommato tante cariche, ma quando ne ho presa una ho cercato di fare quello che era giusto”. … l’Andreotti o il Richelieu dello sport. Qualcuno ha paragonato la sua longevità al potere a quella di Castro. “Mi sembra sproporzionato: loro hanno fatto la storia. Ma Richelieu sicuramente no: lui agiva nell’ombra, senza mai metterci la faccia. Io l’ho messa anche troppo. Andreotti era un politico di altissimo livello, forse più abile nella gestione e meno dotato di visione del mondo. Voleva gestirlo, non cambiarlo. Castro era una persona talentuosissima: così vicino agli Usa, con l’orgoglio del proprio popolo, gli ha tenuto testa per tutti questi anni”. Cosa si rimprovera? “A volte mi sono compiaciuto di essere antipatico”. La cosa di cui è più fiero? “L’aver partecipato a Mosca 1980 rispettando il sacrificio degli atleti. Manteniamo i rapporti commerciali e fermiamo solo lo sport? Ancora mi dispiace per gli atleti militari che non poterono partecipare”» (A. Ravelli) • «Certe volte taccio delle verità, ma non dico mai bugie» • «Io sono stato molto amico di Biagio Agnes. Lui amava ripetere; “Ricordo tutto, talvolta perdono”. Invecchiando, mi rendo conto che mi capita sempre più spesso di perdonare» (a Marco Mensurati) • «Che farà da grande? “Continuerò a occuparmi di sport. Fino a che sarò lucido”» (Piccioni).