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 2022  dicembre 14 Mercoledì calendario

Biografia di Comunardo Niccolai

Comunardo Niccolai, nato a Santa Lucia Uzzano (Pistoia), il 15 dicembre 1946 (76 anni). Ex calciatore. Difensore. Con il Cagliari vinse lo scudetto del 1970, anno in cui con la Nazionale fu vicecampione del mondo (in tutto 3 presenze in azzurro). È ricordato soprattutto per gli autogol: sei in carriera, cinque in Serie A e uno in Coppa Uefa (anche se il primato in Italia spetta a Riccardo Ferri e Franco Baresi, con 8 autoreti a testa). Al Cagliari tra il 1964 e il 1976, con una parentesi in America, nei Chicago Mustangs nel 1967. Nel 1976-77 passò al Perugia e chiuse la carriera nel Prato, in Serie C. Detto “Agonia” per la magrezza. «Quando la loro squadra non riusciva a segnare i tifosi avversari mi gridavano: “Niccolai pensaci tu”».
Vita «Battezzato Comunardo dal padre antifascista ed ex portiere del Livorno. Comunardo in onore della Rivoluzione francese di fine Settecento e della Comune di Parigi, istituzione proletaria che governò per poche settimane nella primavera del 1871. Niccolai veste con disinvoltura il nome da ribelle: “C’è chi mi chiama Comu e chi Nicco”» (Sebastiano Vernazza) • «Sono sbarcato in Sardegna nel lontano 1962, ma non a Cagliari. La mia avventura isolana è partita da Sassari, quando ero poco più che un bambino. Non avevo neanche sedici anni. Fui acquistato dalla Torres dopo essere stato opzionato dal Bologna, che mi aveva fatto un provino superato brillantemente ma poi mi aveva rispedito a casa, perché delle visite mediche sembravano evidenziare un piccolo problemino al cuore. Una roba da niente, una specie di soffio che non significava nulla. (…) Nel 1964, quando da Sassari mi trasferii definitivamente a Cagliari, trovai una squadra appena salita in Serie A dopo una bella cavalcata in B e ancora in fase di costruzione. La mia storia in rossoblù iniziò proprio, simbolicamente, nel primo storico campionato di A, sotto la guida di Arturo Silvestri. Puntavamo a salvarci, ma facemmo un campionato più che lusinghiero, finendo settimi. Da lì cominciò la grande marcia verso lo scudetto (…) Nel Cagliari la mia posizione è sempre stata quella dello stopper. Figura ormai defunta nel calcio attuale; prima corrispondeva al marcatore centrale che si “preoccupava” del centravanti avversario. Come interpretavo il ruolo? Eh, Scopigno non è che mi lasciasse molta libertà: non potevo schiodarmi dalla difesa, perché a quell’epoca difficilmente gli attaccanti centrali rientravano a centrocampo e quindi bisognava rimanere belli bloccati, in posizione.» (dal libro L’isola dei giganti di Matteo Bordiga, Cuec Editrice, 2014) • «Fu a Cagliari che cominciò a guadagnarsi la fama di “re degli autogol”, perché in effetti ne segnò parecchi: ma soprattutto fu sfortunato, perché li segnò in partite importanti. Uno dei più famosi successe durante una Juventus-Cagliari, il 15 marzo 1970: entrambe le squadre erano nelle prime posizioni e alla fine del campionato mancavano sei partite. Quel giorno pioveva: sullo 0 a 0 il centrocampista della Juventus Giuseppe Furino fece un cross in area, Niccolai anticipò di testa il suo portiere, Enrico Albertosi, e mandò la palla nella sua porta. Poi Gigi Riva fece due gol per il Cagliari e la partita finì 2 a 2. Alla fine della stagione il Cagliari vinse il suo primo, storico scudetto. L’episodio più rocambolesco della sua carriera, però, Niccolai lo segnò contro il Catanzaro, nel campionato 1971/1972. Al novantesimo il Cagliari stava vincendo 2 a 1, e il Catanzaro era in attacco nell’ultima azione della partita. L’ala del Catanzaro Alberto Spelta entrò in area ma venne atterrato da Giuseppe Tomasini. Quel giorno lo stadio era pieno di giornalisti, perché era la 300ª partita arbitrata da Concetto Lo Bello, che decise di non fischiare il rigore, e la palla rotolò tra i piedi di Niccolai, che però pensò di aver sentito un fischio – forse proveniente dal pubblico, molto agitato e rumoroso – e calciò con un gesto di stizza verso la sua porta. La palla stava entrando in porta, e il difensore del Cagliari Mario Brugnera si tuffò deviandola con le mani. Lo Bello a questo punto fischiò rigore, che Spelta segnò. La partita finì 2 a 2» (il Post) • «Eravamo a Catanzaro, e l’arbitro Concetto Lo Bello dirigeva la sua duecentesima partita in Serie A. Ultimi secondi di gioco, c’è una rimessa per loro, la tocca Tomasini e la palla torna chissà come verso di me che sono un po’ in ritardo. Ricordo che pensai “ora tiro una gran legnata e la sbatto in tribuna, poi l’arbitro fischia ed è finita”, e così feci. Solo che ne venne fuori un tiro fantastico, diretto all’incrocio dei pali, naturalmente della nostra porta. Lì c’era Brugnera che parò con la mano, e Lo Bello indicò il dischetto. Io corsi verso di lui e gli dissi “ma come, ora dà il rigore”?, e Lo Bello mi guardò rispondendo:”Mi dica lei, signor Niccolai, cosa dovrei fare”. Adesso ci rido, ma il giorno dopo il Guerin Sportivo titolò “Niccolai è impazzito”. Non uscii di casa per due giorni» (a Maurizio Crosetti) • «“Mi fai il libero”, fa Manlio Scopigno a Pierluigi Cera, “imposti l’azione ma prima devi conquistare la palla”. “Non mi piace, gli risponde Cera, e poi se proprio ci sono costretto lo faccio a modo mio!”. “Come vuoi”, gli risponde il tecnico, “ma prima marchi anche tu come gli altri, e il primo che devi controllare è Niccolai, il più pericoloso”. Il dialogo passa alla storia» (Claudio De Carli) • «Una volta, dopo un allenamento, come ha raccontato lo stesso Niccolai, un amico lo incontra e lo saluta con il più classico dei “come va?”. “Si tira avanti”, risponde lui. E il medico del Cagliari, il dottor Fronzi: “Mi sembra che tiri indietro, te...”. “Ora ci rido sopra – racconterà molti anni – ma allora quegli autogol erano un dramma... Però ho fatto anche quattro reti dalla parte giusta...”» (Sky Sport) • «Scopingo con quale sistema vi faceva giocare? “All’epoca si marcava a uomo. Io mi dovevo incollare al centravanti avversario. Gente come Boninsegna, Amarildo, Clerici, Sormani... I terzini invece giocavano a zona anche se Martiradonna era più un marcatore come me. Scopigno per me è stato un padre. Una persona straordinaria. Parlava poco ma quando apriva bocca lo stavamo tutti a sentire”. È vero che oggi i difensori non sanno più marcare l’uomo? “Difficile giudicare dalla tv. Poi io ormai seguo solo le partite della Nazionale. Non sono abbonato alla pay tv”. Gli azzurri. Lei vestì la maglia dell’Italia giusto? “Certo. Andai al Mondiale di Messico ’70. Ero anche titolare, ma dopo un quarto d’ora della prima partita mi feci male alla caviglia (Italia-Svezia 1-0, uscì al 37’ sostituito da Rosato, ndr). Peccato. Fu una grande avventura. Arrivammo fino alla finale col grande Brasile. Però giocarlo sarebbe stata un’altra cosa...”» (a Romolo Buffoni) • «Famosa la frase di Scopigno durante il Mondiale 1970: “Mi sarei aspettato di tutto dalla vita, ma non di vedere Niccolai in mondovisione”. Secondo il giornalista Giampaolo Murgia, “in realtà, Scopigno non pronunciò la famosa frase. Ero con lui davanti alla tv nella sede sociale di via Tola. Prima del fischio d’inizio si videro gli azzurri schierati uno dopo l’altro. Quando fu la volta di Niccolai, Scopigno, che era seduto, si alzò e per un attimo spense il televisore borbottando: “Ma si può?!”. Una battuta per nascondere commozione e orgoglio. Niccolai era il cucciolo della compagnia, il suo pupillo”» (Cesare Bardaro) • «Quel che Edmondo Berselli scriveva del pubblico di un Bologna-Cagliari prima di un autogol di Comunardo Niccolai: “Consapevolezza arcana, solidificarsi delle attese collettive, sospiro di sollievo della Storia”» (Gabriele Romagnoli) • «Niccolai ne ha fatte poche di autoreti, però tutte belle. Lui non si sprecava nella deviazione, una volta ha dribblato pure il nostro portiere per fare gol» (Gigi Riva) • «Era la mia bestia nera, mi faceva gol tutti gli anni. Almeno un’autorete a stagione» (Enrico Albertosi) • Convinto che dietro ogni autogol ci sia un misto di generosità e ingenuità: «Su alcuni palloni scomodi, il difensore più avveduto non ci va nemmeno. Quello più ingenuo e generoso, invece, ci si butta. E rischia» • «Di Niccolai aveva parlato durante una crisi di governo anche Francesco Storace, allora di An, riferendosi a Massimo D’Alema: “Ha fatto un autogol alla Niccolai”» (Fabio Monti) • «Grazie Kaladze, adesso non si parlerà più solo di me quando c’è un’autorete...» (dopo la partita del 6 settembre 2009 tra Georgia e Italia, nella quale Kaladze realizzò due autogol) • Dopo essersi ritirato, ha allenato il Savoia, la Nazionale femminile e poi è stato osservatore per la Nazionale maschile. Ora in pensione. «Vive sulle colline di Pistoia, dove i figli hanno un’azienda agricola. Al telefono, il re degli autogol lascia trapelare serenità. “Sono in pensione e faccio tutte le cose tipiche di chi ha la mia età”» (a Mario Frongia) • Il figlio Antonio (1971) è allenatore di calcio (alla guida della Pistoiese, viceallenatore della Viterbese, della Lucchese, ecc.).