29 dicembre 2022
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Biografia di Gavino Ledda
Gavino Ledda, nato a Siligo (Sassari) il 30 dicembre 1938 (84 anni). Scrittore. Poeta. Profondo conoscitore della lingua e della cultura sarda. Famoso soprattutto per Padre padrone. L’educazione di un pastore (1975), romanzo autobiografico che racconta la storia di un bambino sardo costretto dal padre a lasciare la scuola per tornare in montagna a badare alle pecore. Grande successo. Premio Viareggio nel 1975. 220 mila copie vendute tra il 1975 e il 1980. Tradotto in una quarantina di lingue. La Feltrinelli ne fece un titolo-manifesto. Nel 1977 i fratelli Taviani ne trassero un film, Palma d’Oro a Cannes • «Con Padre Padrone Ledda scosse l’Italia degli anni Settanta» (Crocifisso Dentello, Fatto 31/7/2019) • «Quel libro mi ha fatto risparmiare molti soldi dall’analista» (Michela Murgia) • «Io lo lessi da ragazzino, era posato sul comodino di mio padre. E ricordo di aver visto il film con lui, sul divano di casa nostra, in piazza Stagno Pontis, a Cabras» (Mario Sechi) • Negli anni successivi, Ledda scrisse un altro romanzo, Lingua di falce (1977), una raccolta di poesie, Aurum tellus (1991) e una raccolta di novelle, I cimenti dell’agnello (1995). Ha diretto e interpretato il film Ybris (1984), ha recitato come attore in Assandira (Salvatore Mereu, 2020). Tutto questo, senza riuscire a replicare il successo del suo primo libro. Oggi di lui non si ricorda quasi nessuno. Continua a vivere a Siligo, il paesino del sassarese dove è nato, in una grande, disordinatissima casa all’ingresso del paese. Ha un pezzo di terra, dove ha piantato un orto botanico. Quando deve presentarsi dice: «Sono ancora pastore. Sono sardo. Sono un nuraghe che è andato alla Sapienza e si è laureato in glottologia».
Titoli di testa «Lo hai cotto sottoterra? Il maiale arrosto è stato appena servito in tavola, la domanda del “turista” sbarca a casa tua con un amico e una coppia di “continentali” appena scesi da un trenta metri nero come il carbone. Albero rigorosamente di titanio. Hai cucinato per loro, è la sera del 14 agosto, sei in Sardegna, sei sardo, sei in vacanza ma il cliché è in agguato dietro, davanti, sopra e sotto. Inesorabile come una doppietta nascosta dietro il muretto a secco. C’è ben poco da fare. E a un certo punto, lui, il capitano in blazer e bottoni dorati, non può resistere alla domanda che apre il baratro della serata: ma il sesso con le pecore?» (Mario Sechi, Foglio 20/8/2014).
Vita «Quando ero piccolo io, era tutto fiorito, era tutto bello, l’acqua era dolce, il pane era dolce». «La terra in cui lei è cresciuto, però, come racconta nel suo romanzo, era durissima… “Preferisco una durezza naturale a una civiltà falsa”» (Angela Calvini, Avv 12/9/2020) • Figlio di Abramo e Maria Antonia Ledda. Famiglia di pastori. Il padre, nato nel 1908, ha iniziato a lavorare all’età di cinque anni. «Oggi si parla tanto di controllo delle nascite, ma lui ha fatto sette figli. E se la mamma non gli avesse spiegato alcune cose, lui ne avrebbe fatti quattordici». Abramo Ledda è un uomo d’altri tempi. «“Come in Mastro Don Gesualdo, mi considerva “pecunia sua”. Mi hanno capito mia madre e uno zio che mi ha insegnato il solfeggio quando non sapevo leggere”. E come solfeggiava? “Con i baccelli, c’erano quelli con 4 chicchi, 10, 11…”. Come si è accorto di volere una vita così diversa da quella che aveva? “Sono nato il 30 dicembre, sono andato a scuola dopo la Befana, nel 1945, tutti sapevano già le vocali, io ho iniziato da capo. Dopo 20 giorni di prima elementare, è arrivato mio padre, ha spinto la porta della classe e ha detto “questo è mio e me lo prendo io”» (Allievi) • Quando il padre lo ritira dalla scuola, Gavino piange per tre giorni di fila. «Mi sono detto: quando avrò vent’anni, farò quello che voglio» • Abramo porta il figlio in campagna. «Ho dovuto inventarmi la mamma, che restava in paese, e gli amici, giocare con la natura». Suo unico amico: un cane. Poco alla volta, però, Gavino si adatta alla nuova vita. Impara i segreti della pastorizia. I buoi. L’aratura. L’aia con i cavalli. Stare nei campi gli fa bene: «Sono cresciuto sano come un agnello». Quando arriva a 20 anni, però, si ricorda di quando aveva detto da bambino, gli torna in mente quel «farò-quello-che-voglio» • Nel giro di un decennio, la sua vita cambia radicalmente. Nel 1958, è volontario nell’esercito italiano. Nel 1959, sergente esperto in radiotecnica presso la scuola di trasmissioni della Cecchignola, a Roma. Nel 1961, a Pisa, prende la licenza media da privatista e si congeda dall’esercito. Nel 1962, a Ozieri, in Sardegna, la licenza ginnasiale. Nel 1964, la maturità classica e si iscrive all’Università: sceglie la Sapienza, a Roma, facoltà di lettere. Nel 1969, laurea in glottologia, tesi sul dialetto sardo. Nel 1970 è all’Accademia della Crusca con Giacomo Devoto. Nel 1971, assistente di Filologia romanza e di Linguistica sarda a Cagliari. Nel frattempo inizia a scrivere Padre padrone. L’educazione di un pastore. «Io parlo, penso e sogno in sardo: Padre padrone lo tradussi mentalmente dal sardo, per me quel libro è solo una traduzione... Tutte le parole del dolore, della gioia, dell’amore, dell’astuzia, della pazienza, sono state concepite in sardo...» • «Tutto cominciò allora, quando Feltrinelli ricevette quel manoscritto incredibile, omerico e anti-omerico allo stesso tempo. Era uscito di getto, tra il 1970 e il ‘74, senza pensare a un editore. “Mi ero appena laureato a Roma, avevo compiuto un percorso che nessun pastore aveva fatto. La cosa aveva fatto notizia, ma io non ci pensavo, volevo solo raccontare la mia storia. Feltrinelli intuì il grande libro, Cesare Milanese cominciò a lavorare sul testo, ma io non volevo modifiche, litigai e scomparvi per un anno, mi diedi alla latitanza a Cagliari. Quando mi ritrovarono erano disposti a tutto. Dissero: faccia lei. Ma io avevo riflettuto, e accettai di tagliare alcune ripetizioni”» (Rumiz) • «La prima volta che si è presentato da un editore, cosa le hanno detto? “Quando mi sono laureato, il 6 dicembre del 1969, è venuta tutta la stampa. Hanno capito che il nuraghe era andato alla Sapienza di Roma a laurearsi, e ne hanno parlato i rotocalchi di mezza Europa. Quando sono andato dall’editore non gli sembrò vero, però mi hanno fregato”. Come? “Con un contratto capestro, ero ignorante del settore”» (Allievi) • L’opera desta scalpore anche per il suo raccontare scene di iniziazione sessuale con le pecore, nell’ambiente della pastorizia sarda. «Tutta quella bestialità l’ho consumata pensando alle femmine della mia specie. Nell’ovile non si incontravano donne e così uno se le inventava. Si colmava un’assenza. Questa non era mica una deviazione sessuale. Lo è invece quella di chi, pur vivendo in una città, non riesce a reggere il confronto con una donna e fa l’amore con un animale, contento di farlo con un animale» (a Piera Serusi, l’Unione Sarda 12/8/2008). «Quel romanzo le ha cambiato la vita? A me la vita non è cambiata e la cultura in Sardegna è rimasta ancora quella di Padre padrone. Ma quello che scrissi era un atto dovuto per la mia storia. Quello che sono riuscito a fare dovevo raccontarlo, perché non era solo la mia vita, ma quella di molti pastori della Sardegna e del mondo”» (Allievi). Oggi dice: «Nella mia vita ho fatto due lavori diversi, entrambi belli e pesanti». Si definisce un «buon selvaggio» contemporaneo: «Il concetto è non fare compromessi con nessuno, se non te lo dice la tua coscienza. Altrimenti non sei te stesso»
Amori/1 Sposatosi nel 1986 con una Lorella. Ebbero un figlio, Abramo, come il padre di lui, soffriva di distrofia muscolare. Quando, dopo solo quattro mesi, il bambino morì, il matrimonio si sfaldò.
Amori/2 Nel 2004 passò tre mesi in Senegal, conobbe una ragazza di 24 anni, Monance. Lei faceva la cameriera in un ristorante. «Ogni sabato andavo a mangiare lì. Per vederla. Alla terza volta le ho chiesto di uscire insieme». La sposò il 15 gennaio 2005 con rito musulmano. «Semplice, mi sono innamorato, così come mi sono innamorato dell’Africa». «È stato un incontro con la preistoria. Ho girato per i villaggi per parlare con la gente, sentire la natura e allargare la mia cultura del mondo pastorale. Un luogo ostile e affascinante. L’Africa è una grande madre ed ora anche una moglie».
Muse Ha composto un’Ode a Valeria Marini («Una gàia massàia selvatica, agreste e rurale, feconda, rìcciola e bionda rotonda? e chi mai la avrebbe immaginata mai nuràgica, pelàgica e màgica insieme: alga, cintura di Venere e femmina, tessitrice, panificatrice e casificatrice di fibre, di latti e cereali ancora da cuocere?»). «Valeria Marini è la mia musa. È bella, mi è sempre piaciuta. Non l’ho mai conosciuta, ma mi sembra una donna intelligente e astuta, che gioca a fare la bambola ma ha tutta l’aria di essere salda, determinata». «Valeria è la favola, il sogno. Il sogno del poeta».
Pecore «Quando mio padre finì di leggere il libro non disse nulla per lungo tempo, poi parlò e fu lapidario: “Hai scritto la verità”». Sua madre, nel 1996: «Se il libro l’avessi fatto io avrei scritto di peggio».
Denari Beneficiario, dal 2000, della c.d. legge Bacchelli, che concede un vitalizio (generalmente 1.000 Euro) ad artisti e sportivi illustri in stato di indigenza. Ha però raccontato di essere costretto, a causa delle procedure per ricevere l’assegno, a dover certificare ogni mese di non essere morto. «Devo presentare un “certificato di esistenza in vita”. Per di più mi mandano questa lettera il 5 maggio, il giorno della morte di Napoleone. Ma io l’Ei fu manzoniano l’indirizzo verso qualcuno diverso da me. Anzi, mi aspetto di arrivare sino ai 99 anni».
Politica «Sono uno scrittore. Mi definisco a-politico».
Terra Molto ambientalista, autore di una Ode alla mia Madre Terra (2011). A proposito delle (frequenti) esondazioni in Sardegna, ha scritto: «Come si fa a pensare che l’acqua debba risalire la montagna e non andare a valle sino al mare? Per quale ragione non si tiene conto dell’esigenza di assecondare la natura quando si fanno opere per l’agricoltura, per l’architettura, per le urbanizzazioni?» (Rep 20/11/2013).
Ambiente Si è battuto contro il progetto di un consorzio tedesco-belga-olandese che prevede di installare in Barbagia pale eoliche alte come palazzi di settanta piani (sue argomentazioni: la bellezza del paesaggio verrebbe stuprata, il rumore dei generatori priverebbe l’entroterra del suo caratteristico silenzio, la Sardegna tornerebbe allo status di colonia, prima penale, poi militare, ora energetica…).
Religione «Crede in Dio. “Sì, però senza intermediari. Per me è come se Dio avesse detto “io ho creato il mondo, e ti ho dato la salute. Ora tu lo devi capire”» (Allievi).
Preghiere «Non riesco ad addormentarmi se non dico un’Ave Maria o un Padre nostro».
Curiosità Pochi amici, ma buoni. Quando si incontrano, giocano a carte • Francesco Cossiga era suo dirimpettaio a Siligo • Dice che l’incompatibilità fra lui e suo padre è stata una caricatura inventata dai giornali. «Io sono come lui» • Entrambi i suoi genitori sono morti all’età di 99 anni, il padre nel 2007, la madre nel 2013 • «Il nero dei suoi capelli è naturale? “Sì, da parte di mia madre erano tutti così”» (Allievi). «Mia nonna ha cominciato a ingrigirsi a 95 anni. Sa, siamo un’altra razza, fenicia» (a Rumiz) • Ogni tanto ha nostalgia della Toscana, dove ha fatto il militare negli anni 50 • Nel maggio 2011 fu ospite alla prima ed unica puntata del programma di Rai Uno Ci tocca anche Vittorio Sgarbi, condotto dal critico d’arte ferrarese. Il tema della puntata era «il padre» • Detesta i turisti: «Si stava tanto bene, poi sono arrivati i continentali ed eccoci qua» • Ha costruito a proprie spese un piccolo anfiteatro dietro casa, per tenervi lezioni, farne un luogo-simbolo della lingua e della cultura sarda. «Un popolo che perde la sua lingua è un popolo che non sa più come si chiama» • Tiene in casa un vocabolario etimologico della lingua sarda. Autore: Max Leopold Wagner. Editore straniero, Heidelberg 1960. «Vede? Abbiamo avuto questo straordinario regalo da un altro popolo. Wagner ci ha lavorato per cinquant’ anni, nessun italiano avrebbe fatto una cosa simile. Pensa, i sardi lo hanno vissuto come un ficcanaso. Non gli hanno dato nemmeno una cattedra, ed era un Mozart della linguistica» • Dice che Padre padrone si deve leggere in lingua sarda, con traduzione in italiano a fronte • Dal 2007 i luoghi del romanzo sono vincolati per il loro «altissimo valore letterario» • Ai giovani suggerisce di guardare buoni film e di fare buone letture. «Lo spirito dell’uomo si è ammalato: lo salverà l’uso buono della scienza e l’arte. Non c’è altra medicina. Ma senza l’arte non si va da nessuna parte» • Suo maestro ideale: Leonardo Da Vinci • Da anni studia fisica e chimica. Vorrebbe scrivere un De Rerum natura del terzo millennio. «Quello che ha scritto Lucrezio è andato bene per mille anni, con l’atomo di Democrito che era una supposizione. Quando Bohr ha scoperto che l’atomo esisteva davvero, con Einstein, le cose sono cambiate». «Da dove partirà? “Non lo so. La parola che usiamo per parlare non va bene per inventariare lo spirito dell’uomo, come le scoperte scientifiche. Devi decidere: la musa deve morire o deve vivere? Calliope o diventa elettromagnetica, o muore”» (Allievi).
Titoli di coda «Mi rivolgo alla dama: veda, signora, un cantautore sardo, Piero Marras, ha trasformato in arte quel passaggio, c’è un brano intitolato Stazzi Uniti e, a un certo punto, ecco, proprio qui, si fa e disfa in musica l’episodio che tanto vi attrae: “Su vieni avanti dai Gavino / sei l’attrazione della Festa / fa un po’ vedere alle signore / come si fa come si fa / con una pecora l’amore / vero folclore e sardità”» (Sechi).